Il Dio donato
Dio non è uno che ti manda le disgrazie.
Non è un padrone che ti castra e ti impedisce di volare.
Non è un despota che ti fa stare buono e zitto sennò ti castiga e allora lavora.
Non è uno che brandisce la Legge e aspetta di lapidarti.
Ci vuole il deserto e la verità, la fame di senso e la Parola per riuscire ad arrendersi all’evidenza di Dio.
Un Dio che lascia crescere i suoi figli, che ha fatto bene ogni cosa e fa piovere sui giusti e gli ingiusti: un Dio che, come un Padre, scruta l’orizzonte e accoglie con dignità il figlio che lo voleva morto, ed esce a spiegare le sue ragioni all’altro figlio offeso; un Dio che, unico giusto, potrebbe condannarmi e non lo fa, chiedendomi di uscire dalla mediocrità del peccato, falsa libertà.
Osanna!
Gesù entra a Gerusalemme trionfalmente.
La gente applaude, agita in alto i rami strappati dalle palme e dagli ulivi, stende i propri mantelli al passaggio del Rabbì di Galilea. Piccola gloria prima del disastro, fragile riconoscimento prima del delirio.
Gesù sa, sente, conosce ciò che sta per accadere.
Troppo instabile il giudizio dell’uomo, troppo vaga la sua fede, troppo debole la sua volontà.
Ma che importa?
Sorride, ora, il Nazareno e ascolta la lode rivolta a lui e che egli rivolge al Padre.
Messia impotente e mite, energico e tenero, affaticato e deciso.
Non entra a Gerusalemme a cavallo di un puledro bianco, non ha soldati al suo fianco che lo proteggono, nessuna autorità lo riceve: entra in città cavalcando un ridicolo ciuchino, ricordando a noi, malati di protagonismo, che il potere è tale solo se non si prende troppo sul serio, che la gloria degli uomini è inutile e breve.
Osanna, figlio di Davide, Osanna nostro incredibile Dio, nostro magnifico re.
Osanna dai tuoi figli poveri e illusi, feriti e mendicanti, Osanna re dei poveri, protettore dei falliti, Osanna!
Innalza a te il grido di lode la tua Chiesa, santa e peccatrice, riconosce in te l’unica ragione di vivere, l’unica ricerca, l’unico annuncio.
Osanna maestro amato.
Paolo Curtaz