Il commento al Vangelo del 18 Maggio 2019 a cura dei Dehoniani.
S. Giovanni I, papa e martire (memoria facoltativa)
Vedere il Padre e fare le sue opere
Gesù, come abbiamo ascoltato ieri, ha appena dichiarato di essere la via, la verità e la vita. Lo è in quanto piena rivelazione del Padre. È via che ci conduce nella comunione filiale con lui, verità perché ci rivela pienamente il suo volto, vita perché ci dona di condividere la vita stessa di Dio, preparandoci presso di lui un posto dove dimorare. In questa prospettiva possiamo meglio comprendere la risposta che Gesù dà alla richiesta di Filippo: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre.
Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?» (Gv 14,9-10). Vedere Gesù significa vedere il Padre non soltanto perché egli ne è la perfetta rivelazione, ma soprattutto perché per vedere il Padre dobbiamo entrare nello stesso sentire del Figlio, nel suo modo di relazionarsi con lui, di stare davanti al suo volto santo, di obbedire alla sua Parola compiendo le opere che egli ci affida di fare. Conosciamo il Padre entrando nei sentimenti del Figlio o, come direbbe san Paolo, assumendo quel sentire che è proprio di coloro che sono in Cristo Gesù (cf. Fil 2,5).
Per capire meglio, possiamo ricordare quanto Gesù afferma nel Vangelo di Matteo: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Mt 11,27). Soltanto il Figlio ha la piena conoscenza del Padre; egli, tuttavia, non la trattiene gelosamente per sé, la rivela anche a noi, e lo fa introducendoci nel suo stesso modo di essere, di vivere, di atteggiarsi. Occorre imparare da lui, come Gesù precisa subito dopo: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (11,29).
Il giogo che occorre assumere da Gesù, per portarlo insieme a lui, in fondo altro non è che il giogo dell’esperienza filiale. Occorre imparare a essere figli come figlio è Gesù, conformandoci alla sua mitezza e alla sua umiltà, tipiche di chi sa di ricevere tutto dal Padre: «Tutto è stato dato a me dal Padre mio» (11,27). Vedendo Gesù vediamo il Padre, perché in lui vediamo il Figlio che tutto riceve dal Padre. Noi, a nostra volta, possiamo vedere il Padre disponendoci davanti a lui come dei piccoli e dei poveri, in altre parole come figli che sanno di dover ricevere la vita dalle sue mani, dal suo dono. Ecco perché Dio ama rivelarsi ai piccoli, non ai dotti e ai sapienti, come Gesù esclama nella stessa pagina di Matteo (cf. v. 25): sono loro infatti ad avere mani aperte e pronte ad accogliere, anzi addirittura a riceversi come figli dal dono paterno di Dio che tali li genera.
Ecco allora che anche il discepolo potrà compiere le opere del Figlio, anzi ne compirà di più grandi, perché Gesù va al Padre. Lì, come abbiamo ascoltato ieri, egli ci prepara un posto, lì ci fa abitare, ed è grazie a questa comunione vitale che possiamo compiere anche noi le grandi opere di Dio, perché il Padre agirà attraverso noi, suoi figli, così come ha agito attraverso il suo Figlio unigenito.
«Il Padre – afferma Gesù – che rimane in me, compie le sue opere» (Gv 14,10). Possiamo ripeterlo a nostra volta, con la stessa verità e intensità: il Padre compie anche in noi le sue opere, se rimaniamo in lui ed egli in noi, in quella dimora che con la sua pasqua Gesù edifica per noi.
Anche la grande opera dell’evangelizzazione, di cui gli Atti continuano a darci testimonianza, è possibile e feconda se nei testimoni agisce lo Spirito di Dio e la potenza della sua Parola. Un’opera grande, che risulta efficace nonostante tutte le opposizioni e le resistenze che incontra, il cui sigillo di autenticità è la gioia, frutto del dono dello Spirito. Da una parte c’è la gelosia amara e triste di chi si oppone al vangelo, dall’altra c’è la gioia spirituale di chi sa accoglierlo. Vedere il Padre significa compiere le sue opere, che ci rivelano il suo volto, donandoci di gioire, come figli che abitano nella sua stessa casa.
Padre, così osiamo chiamarti, pronunciando il tuo nome, perché desideriamo essere tuoi figli condividendo il medesimo sentire di Gesù, il tuo Unigenito. Il tuo Spirito tenga fisso il nostro sguardo su di lui, affinché da lui impariamo come rimanere davanti a te, in comunione con il tuo amore, nella fecondità delle opere che tu ci concederai di compiere, per glorificare il tuo Nome e rivelarlo ai nostri fratelli e sorelle.
Chi ha visto me, ha visto il Padre.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14, 7-14In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.