Il commento al Vangelo del 20 Maggio 2019 a cura dei Dehoniani.
S. Bernardino da Siena, sacerdote (memoria facoltativa)
V settimana di Pasqua – I settimana del salterio
Una memoria esistenziale
Nei giorni scorsi abbiamo ascoltato l’inizio di questo capitolo 14 di Giovanni, che si apre con la promessa di Gesù di andare a prepararci una dimora presso il Padre. Ora lo sguardo si capovolge, poiché Gesù promette di prendere dimora con il Padre in ogni credente: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23).
Questo è il modo con il quale, nella sua pasqua, Gesù ci prepara un posto presso il Padre: fa di ciascuno di noi una dimora per Dio! C’è dunque un’ospitalità reciproca: noi dimoriamo in Dio e Dio dimora in noi. È la stessa ospitalità che, nello Spirito, si prestano vicendevolmente il Padre e il Figlio: «Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?» (14,10), aveva domandato subito prima Gesù a Filippo, proprio nel brano ascoltato ieri.
La condizione per vivere tutto questo è osservare i comandamenti di Gesù e rimanere nell’amore (cf. 14,21). Sorge allora una domanda: che relazione c’è tra l’amore e i comandamenti? Perché per amare occorre osservare i comandamenti? Sembrerebbe che Gesù ci chieda una prova d’amore, che consisterebbe appunto nell’osservanza dei comandamenti. Oppure, in una lettura ancora più fuorviante, si potrebbe intendere che Gesù sia disposto ad amare soltanto coloro che osservano i suoi comandamenti. Siamo del tutto fuori strada se intendiamo così le parole di Gesù. Il loro senso è molto diverso.
Noi purtroppo traduciamo con «comandamenti» il termine greco entolê, tipico di Giovanni, che talora ricorre al singolare, talora al plurale, come nel nostro caso. Il sostantivo «comandamenti» ci fa immediatamente pensare al decalogo o ad altri comandi di Dio simili a quelli rivelati a Mosè nelle tavole della Legge. Anche termini analoghi come norma o precetto tradirebbero il pensiero di Giovanni. Il termine entolê, preferito da Giovanni, è composto dal verbo tello (che significa mettere, porre, collocare) preceduto dalla preposizione en, che significa «in», «dentro».
È dunque un porre-in, un porre-dentro. Se dovessimo ricalcare il termine greco, in italiano avremmo il verbo in-porre o il sostantivo imposizione. È però evidente che questi termini hanno assunto ormai un significato del tutto diverso rispetto alla loro origine etimologica; per noi ora il sostantivo «imposizione» riveste un senso negativo, che evoca l’idea di costrizione, di forzatura, addirittura di una violenza niente affatto rispettosa della libertà. Si tratta, invece, di custodire il dono che lo Spirito di Dio depone nella nostra vita, perché non vada per so, sprecato, reso vano, ma al contrario possa fruttificare. E il suo frutto è l’amore, con il quale Dio ci ama in modo gratuito e preveniente, e nel quale ci chiede di rimanere anche grazie alla custodia fedele e creativa della sua Parola.
Ci è possibile vivere questa custodia grazie al dono dello Spirito che, aggiunge Gesù, ci insegnerà ogni cosa e ci ricorderà tutto ciò che egli ci ha detto (cf. 14,26). Lo Spirito ricorda insegnando e insegna ricordando. Soprattutto, lo Spirito fissa il comandamento nuovo di Gesù non tanto in una memoria psichica, quanto nella memoria del cuore, perché esso possa essere quel terreno buono che accoglie il seme consentendogli di portare frutto. In questo modo, la memoria che ci dona lo Spirito diventa addirittura una memoria esistenziale: diventiamo memoria vivente del Signore Gesù, attraverso le sue parole che annunciamo, attraverso i suoi gesti che ripetiamo.
Gli Atti ci mostrano continuamente questa memoria esistenziale presente nelle vicende dei diversi discepoli di cui ci narrano, che spesso replicano ciò che di Gesù è stato narrato nei vangeli. A Listra Paolo rimette in piedi e fa camminare un paralitico, come Gesù aveva fatto a Cafarnao (cf. Mc 2,1-12). Lo può fare non perché egli sia un dio, come fraintende la gente, ma perché in lui agisce lo Spirito di Dio, che ci insegna e ci fa comprendere la Parola di Gesù conformando la nostra vita alla sua.
Signore Gesù, noi ti ringraziamo per il dono dello Spirito, che ci ricorda la tua Parola, ci accorda la grazia di comprenderla in profondità, la fissa nella memoria del cuore perché porti frutti di pace, di verità, di giustizia, di amore, anche in noi e attraverso di noi. Noi possiamo rimanere nel tuo amore solo se tu rimani in noi, con il Padre, nello Spirito. Benedetto sei tu, Signore di tutti i viventi.
Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome vi insegnerà ogni cosa.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14, 21-26In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l’Iscariòta: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?».
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.