Commento al Vangelo del 23 Aprile 2019

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Il commento al Vangelo del 23 Aprile 2019 a cura dei Dehoniani.

Ottava di Pasqua / Tempo di Pasqua / Proprio

Uno sguardo nuovo

Nelle letture bibliche che la liturgia di oggi ci propone viene messa in risalto un’esperienza che caratterizza ogni cammino di fede, e in particolare quel cammino che conduce all’incontro con il Risorto. È l’esperienza della conversione, non intesa nella sua valenza morale ma nella sua dimensione teologica. La conversione di cui si parla è un cambiamento radicale di cuore che trasforma lo sguardo interiore orientandolo verso un volto, quello del Risorto, un volto che illumina e rende nuova la vita. Lo vediamo anzitutto nella reazione di coloro che hanno udito il lungo discorso di Pietro pronunciato a Pentecoste.

Ripercorrendo la testimonianza della Scrittura e interpretando alla luce di essa i fatti riguardanti quel «Gesù di Nàzaret – uomo accreditato da Dio […] per mezzo di miracoli, prodigi e segni», quel Gesù crocifisso e ucciso che Dio «ha risuscitato, liberandolo da dolori della morte» (At 2,22.24), Pietro termina il suo discorso con queste parole: «Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso» (2,36). Questo annuncio è come una spada che trafigge il cuore di coloro che stanno ascoltando l’apostolo: la parola di Dio entra con potenza nella loro vita e provoca una ferita sanguinante, dolorosa: «All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore» (2,37). È come se la durezza di un cuore di pietra si spezzasse all’improvviso provocando delle fenditure che permettono a una parola, ma soprattutto a un volto, di entrare in profondità e trasformare la vita.

Ecco allora la domanda rivolta a Pietro: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?» (2,37). Che cosa fare di fronte a quel volto di inaudita bellezza, di fronte al volto del Crocifisso e Risorto? La risposta di Pietro è immediata e senza vie di scampo: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo» (2,38). La conversione è accogliere nella propria vita questo volto di umiliazione e di gloria, volto che rivela la misericordia di Dio, e lasciare che la propria vita sia trasformata e anch’essa collocata nella logica della morte e risurrezione, nella logica pasquale.E così avviene anche nell’incontro tra Maria di Magdala e il Risorto.

Anche in lei c’è una conversione: è un passaggio dal pianto alla gioia, dalla più profonda incomprensione alla fede. Maria è come bloccata davanti al sepolcro vuoto: esso le ricorda il dramma della crocifissione, il volto sfigurato dell’umiliazione, e, allo stesso tempo, riaccende in lei un amore intenso per l’Assente, per colui che l’ha salvata e l’ha resa libera. Tuttavia il suo sguardo è catturato da un vuoto, da un passato che ormai sembra finito e senza speranza. Questo sguardo è avvolto dalla tristezza e offuscato dalle lacrime. A partire da questa profonda cecità, Maria viene condotta alla fede. E ciò avviene nel momento in cui incontra il Risorto riconoscendone la voce.

Ma Giovanni sottolinea un movimento che Maria fa per ben due volte, nel momento in cui sente la presenza e la voce di quello sconosciuto che le domanda: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» (Gv 20,15). Maria, nota l’evangelista, «si voltò» verso Gesù scambiandolo per il custode del giardino (cf. 20,1415) e poi ancora «si voltò» nel momento in cui si è sentita chiamata per nome. C’è una duplice conversione che segna il cammino di fede di Maria. Maria è chiamata ad abbandonare un modo di vedere il suo Signore, uno sguardo che è legato a un passato che rende il cuore ancora cieco, incapace di riconoscere il Risorto. Ecco perché i suoi occhi non riconoscono Gesù pur vedendolo. Deve voltarsi una seconda volta verso il Risorto per convertire realmente il suo sguardo e il suo cuore. E per portare a compimento questo cammino di conversione è necessaria una parola del Signore perché si faccia la luce.

Solo quando questa parola penetra nel più profondo del proprio essere e pronuncia il mistero del proprio nome, allora Maria «si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì!” – che significa: “Maestro!”» (20,16). Solo alla fine Maria può dare la sua testimonianza ai discepoli dicendo: «Ho visto il Signore!» (20,18). Il Risorto appare «nuovo» agli occhi di chi lo vede e occorrono occhi «nuovi» per riconoscerlo. Gli occhi nuovi sono il vero frutto della conversione.

O Signore, sacrificio per te è un cuore contrito, un cuore che abbandona la sua durezza per lasciarsi trasformare dalla grazia del tuo perdono. Donaci un cuore di carne, un cuore che sappia sanguinare di fronte alla tua Parola, che sappia gioire di fronte al tuo volto, che sappia pulsare di amore quando tu ci chiami per nome.

Gv 20, 11-18
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto».
Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”».
Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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