Il commento al Vangelo del 9 Maggio 2019 a cura dei Dehoniani.
III settimana di Pasqua – III settimana del salterio
Il tuo nome è Attrazione, alleluia!
Le parole del Signore Gesù ci raggiungono direttamente al cuore del nostro bisogno di essere confermati nel nostro cammino di sequela: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato» (Gv 6,44). Se questa parola è vera – e lo è – allora non possiamo che cogliere in ciò che avviene sulla «strada che scende da Gerusalemme a Gaza» (At 8,26) un evento di attrazione.
L’eunuco, attraverso la sua lettura meditativa e interrogativa delle Scritture, è attratto dal mistero pasquale di Cristo a partire da una dolorosa accoglienza della sua personale sofferenza. In tal modo ci viene rivelato come la nostra sofferenza, quella che ci portiamo non solo dietro, ma soprattutto dentro, da sempre è il luogo privilegiato della nostra esperienza di salvezza. Così dice il profeta: «Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: “Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!”. Non dica l’eunuco: “Ecco, io sono un albero secco!”».
E lo stesso profeta continua con una promessa: «Agli eunuchi che osservano i miei sabati, preferiscono quello che a me piace e restano fermi nella mia alleanza, io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome più prezioso che figli e figlie; darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato» (Is 56,35). La parola di Isaia ci fa comprendere ancora meglio il mistero umano dell’eunuco di cui ci parlano gli Atti degli apostoli. Ciascuno di noi porta dentro di sé una sofferenza, che è il luogo in cui si sperimenta la propria radicale povertà creaturale. L’eunuco che viene battezzato da Filippo non è povero, essendo «amministratore di tutti i suoi tesori» (At 8,27). Eppure, quest’uomo vive una povertà radicale di cui sembra cercare il senso attraverso il pellegrinaggio e la meditazione delle Scritture.
Infatti, secondo il testo degli Atti, mentre tornava da Gerusalemme questo eunuco stava leggendo un testo di Isaia: «Come una pecora egli fu condotto al macello e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, la sua discendenza chi potrà descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita» (8,3233). In questo passaggio degli Atti siamo a cavallo tra il martirio di Stefano e la vocazione di Saulo. Il martirio di Stefano finisce con l’immagine plastica di questo giovane che custodisce i mantelli di coloro che lapidano Stefano.
Detto in altre parole: Saulo non ha lapidato Stefano ma è stato a guardare, ha custodito i mantelli di coloro che lo hanno lapidato.Tra la lapidazione di Stefano e la vocazione di Saulo sulla strada di Damasco, troviamo questo bellissimo racconto di rara dolcezza in cui la citazione evocata dal Signore Gesù si compie: «E tutti saranno ammaestrati da Dio» (Gv 6,45). Se si avvera la Parola che troviamo «nei profeti», il modo in cui si compie è nuovo ed è nella forma di un’attrazione di condivisione. Questo stile di semplice attrazione molto ha da dire alla Chiesa dei nostri giorni per ripensare il proprio stile di evangelizzazione: «Fece fermare il carro e scesero tutti e due nell’acqua» (At 8,38).
Signore risorto, non lasciarci mai dimenticare che il primo passo per annunciare il tuo vangelo è riconoscere e rispettare la sofferenza di ogni persona che incontriamo sulla nostra strada. Donaci l’agilità di Filippo per salire sul carro del dolore e scendere – insieme – nell’acqua della consolazione. Alleluia!
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 6, 44-51In quel tempo, disse Gesù alla folla:
«Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.