Commento al Vangelo di oggi, 10 Luglio 2019 – Mt 10, 1-7

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

XIV settimana del tempo ordinario
II Settimana del Salterio

Vicino

La  figura  di  Giuseppe,  il  figlio  amato  di  Giacobbe  famoso  per  i suoi sogni, può aiutarci a comprendere meglio la missione che il Signore Gesù affida agli apostoli e, attraverso di loro, alla Chiesa di  tutti  i  luoghi  e  di  tutti  i  tempi.  Ciò  che  permette  quello  che oggi chiameremmo «ricongiungimento familiare» o riconciliazione fraterna,  diventa  possibile  per  una  situazione  difficile  da  accogliere  e  da  gestire:  «La  carestia  si  aggravava  in  Egitto,  ma  da ogni paese venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe, perché  la  carestia  infieriva  su  tutta  la  terra»  (Gen  41,56-57).

Il testo aggiunge e precisa che anche «nella terra di Canaan c’era la carestia» (42,5). A motivo del bisogno di grano i fratelli scendono in Egitto, dopo aver venduto Giuseppe per invidia. L’invidia la si potrebbe definire il frutto di una profonda carestia di amore e di accoglienza  dell’altro  nel  suo  mistero.  Così  i  fratelli  di  Giuseppe si  trovano  a  vivere,  senza  saperlo  e  senza  volerlo,  un  processo di  riconciliazione.  Questo  cammino  si  mette  in  moto  all’insaputa di quanti hanno ceduto alla tentazione di sbarazzarsi dell’altro.

Il romanzo con cui si conclude il libro della Genesi precisa che «Giuseppe  vide  i  suoi  fratelli  e  li  riconobbe,  ma  fece  l’estraneo verso  di  loro  e  li  tenne  in  carcere  per  tre  giorni»  (42,7.17).  Dal seguito  del  racconto  possiamo  ben  desumere  che  Giuseppe  ha già deciso in cuor suo di aiutare i suoi fratelli, non solo per amore di  suo  padre  dalla  cui  predilezione  è  stato  strappato,  ma  anche per  affetto  nei  loro  confronti.  Nondimeno,  adotta  una  reazione terapeutica  per  avviare  nei  confronti  dei  suoi  fratelli  un  lungo processo  di  guarigione  che  passa  per  una  certa  sofferenza:  si tratta infatti di prendere dolorosamente coscienza di quella carestia d’amore che, in realtà, impoverisce la vita di tutti.

Davanti alla folla affaticata e disorientata, il Signore Gesù si comporta in modo analogo al patriarca Giuseppe. È da ricordare come l’evangelista  Giovanni,  quando  rivela  al  mondo  il  Signore  Gesù, lo  fa  con  una  parola  di  Maria  che  riprende  quella  del  faraone riguardo  a  Giuseppe:  «Fate  quello  che  vi  dirà»  (41,55;  Gv  2,5). Preso da «compassione» (Mt 9,36), il Signore non trova di meglio che  inventare  la  Chiesa:  «Chiamati  a  sé  i  suoi  dodici  discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità» (10,1).

La consegna che il Signore dà ai suoi apostoli è chiara: bisogna cominciare da vicino e dalle persone  più  prossime  per  lanciare  quel  processo  di  evangelizzazione  che  ha  bisogno  dei  suoi  tempi  e  della  sua  gradualità.  Da una  parte  il  Signore  ordina:  «Rivolgetevi  piuttosto  alle  pecore perdute  della  casa  d’Israele»  (10,6),  e  dall’altra:  «Strada  facendo,  predicate,  dicendo  che  il  regno  dei  cieli  è  vicino»  (10,7).  Lo sguardo  di  Gesù  sulla  realtà  ha  introdotto  un  nuovo  paradigma in  cui  Dio  è  grazia,  gratuità,  compiacenza,  ammirazione,  con  cui si  può  creare  solidarietà  e  comunione  con  tutti  senza  condizioni e senza privilegi. Si tratta di cominciare da chi e da ciò che ci sta più  «vicino»,  per  avvicinare  alla  vita  di  tutti  il  Regno  di  Dio  che viene anche a nostra insaputa.

Signore Gesù, donaci di non temere i percorsi difficili e dacci la grazia di saper sempre cogliere, nel dolore dell’incomprensione, la possibilità di un’intelligenza più profonda. Un’intelligenza riconciliata sia capace di aprirci a una verità più piena non solo su noi stessi, ma pure sulle nostre relazioni che richiedono sempre di porre rimedio a ogni forma di carestia di benevolenza.

Leggi il Vangelo di oggi

Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 10, 1-7

In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.

I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.

Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».

Parola del Signore

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