Commento al Vangelo di oggi, 12 Agosto 2019 – Mt 17, 22-27

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

S. Giovanna Francesca Frémiot de Chantal, religiosa (mf)
XIX settimana del tempo ordinario
I Settimana del Salterio

Cristo-pesce!

Nella  prima  comunità  cristiana  il  simbolo  del  pesce  aveva  un valore  cristologico  ed  era  immagine  ricorrente  nelle  catacombe. Già  nell’epigrafe  di  Abercio,  vescovo  di  Gerapoli  morto  nel  167, troviamo  inciso  l’acrostico  che  gioca  sul  termine  greco  per  dire pesce  –  icthys  –  nel  quale  i  cristiani  riconoscevano  il  nome  di Gesù:  Iesoùs  Christòs  THeoù  Yiòs  Sotèr,  «Gesù  Cristo  Figlio  di Dio  salvatore».  Non  so  se  Matteo  avesse  già  presente  quest’associazione simbolica tra il pesce e il mistero di Gesù. Comunque sia,  essa  offre  a  noi  lettori  una  suggestione  preziosa  per  comprendere il brano evangelico che oggi la liturgia ci propone.

Gesù coglie  una  circostanza  occasionale,  come  quella  in  cui  vogliono riscuotere  anche  da  lui,  oltre  che  dai  suoi  discepoli,  la  tassa  per il  tempio,  per  offrire  una  profonda  rivelazione  del  suo  mistero personale.  Se  i  re  della  terra  riscuotono  le  tasse  e  i  tributi  non dai propri figli, ma dagli estranei (cf. Mt 17,25-26), Dio dovrebbe comportarsi  in  modo  diverso?  La  tassa  in  questione,  infatti,  è per  il  Tempio,  dunque  ultimamente  per  Dio,  che  è  il  Signore  del Tempio  e  lo  abita.  Come  fanno  i  re  della  terra,  allo  stesso  modo anche  Dio  non  riscuote  la  tassa  dal  proprio  Figlio.

 Ecco  la  rivelazione  che  Gesù  fa  di  se  stesso,  affermando  implicitamente  di essere  Figlio  di  Dio.  Il  racconto  di  Matteo  potrebbe  concludersi a  questo  punto  e  avremmo  già  un  annuncio  importante  circa l’identità  di  Gesù.  L’evangelista,  tuttavia,  aggiunge  ancora  una parola:  «Per  evitare  di  scandalizzarli,  va’  al  mare,  getta  l’amo  e prendi  il  primo  pesce  che  viene  su,  aprigli  la  bocca  e  vi  troverai una  moneta  d’argento.  Prendila  e  consegnala  loro  per  me  e  per te»  (17,27).

Gesù  vuole  anzitutto  scongiurare  uno  scandalo  ed evita una rivelazione di sé che i suoi interlocutori non sarebbero in  grado  di  comprendere.  La  sua  parola  e  il  suo  gesto,  tuttavia, non  si  limitano  a  questa  preoccupazione,  la  oltrepassano  per approfondire ulteriormente la rivelazione del mistero. Accettando di  pagare  la  tassa,  è  come  se  Gesù  si  spogliasse  della  propria singolare  relazione  con  il  Padre.  Entra  pienamente  nella  nostra condizione  umana,  come  ricorda  l’inno  di  Filippesi  2,  ma  lo  fa con  l’intento  di  donare  anche  a  Pietro  la  possibilità  di  pagare  la tassa del Tempio, non con un denaro che egli possederebbe, ma con  quello  che  gli  dona  Gesù  stesso.

Lo  fa  attraverso  un  pesce, immagine  cristologica,  pescato  dalle  acque  del  lago,  immagine pasquale.  Gesù  è  il  pesce  che  accetta  di  immergersi  nelle  acque della  morte,  per  esserne  poi  liberato  nella  risurrezione,  così  da donare  a  Pietro  e  a  ciascuno  di  noi  di  intessere  la  relazione  con il  Padre  con  la  sua  stessa  moneta  d’argento,  condivisa  con  noi. Fuor  di  metafora:  Gesù  è  il  Figlio  libero  che  accetta  di  lasciarsi afferrare  dalle  catene  della  morte  per  liberare  tutti  noi,  che  del male e della morte siamo prigionieri, e renderci liberi figli di Dio, come lui lo è.

A consentirci di pagare la tassa del Tempio, vale a dire  di  stare  nella  giusta  relazione  con  il  Padre,  ora  è  la  moneta che  lui  ci  offre  divenendo  per  noi  pesce,  strappato  dalle  acque del  male  nella  sua  esperienza  pasquale.  La  pasqua  di  Gesù,  il suo  accettare  di  condividere  la  nostra  condizione  umana  fino alla  morte  di  croce  (cf.  Fil  2,8),  ora  ci  rende  liberi  figli  di  Dio.  La rivelazione del suo mistero diviene rivelazione della nostra nuova identità, nella quale siamo rigenerati dalla sua pasqua.

Se questo è il dono gratuito che riceviamo, dobbiamo però corrispondervi con le scelte della nostra libertà filiale, ci ricorda il Deuteronomio. Dio non ci chiede una tassa, come fanno i re della terra; ciò che desidera è che lo temiamo, cioè crediamo in lui, che lo amiamo e lo serviamo con tutti noi stessi, camminando nelle sue vie, custodendo la sua Parola, rendendo giustizia e prendendoci cura di tutti coloro che egli predilige: orfani, vedove, forestieri… tutti i poveri e i bisognosi della terra. Per andare a Dio,       è a loro che deve andare la moneta della nostra cura prossima e compassionevole.

Padre, noi ti ringraziamo e ti benediciamo, perché attraverso il tuo Figlio, morto e risorto per noi, tu ci chiami a dimorare, come figli liberi e non più schiavi, nella tua casa. Insegna alla nostra vita a vivere i sentimenti, i gesti, le parole della libertà filiale: la fede, l’amore, la custodia della Parola, il camminare sulle tue vie, l’avere tenera e attenta cura dei nostri fratelli e sorelle maggiormente nel bisogno.

Leggi il Vangelo di oggi

Lo uccideranno, ma risorgerà. i figli sono liberi dal tributo.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 17,22-27

In quel giorno, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: «Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà». Ed essi furono molto rattristati.

Quando furono giunti a Cafàrnao, quelli che riscuotevano la tassa per il tempio si avvicinarono a Pietro e gli dissero: «Il vostro maestro non paga la tassa?». Rispose: «Sì».

Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: «Che cosa ti pare, Simone? I re della terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli estranei?». Rispose: «Dagli estranei».

E Gesù replicò: «Quindi i figli sono liberi. Ma, per evitare di scandalizzarli, va’ al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che viene su, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala loro per me e per te».

Parola del Signore

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