Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.
XIV settimana del tempo ordinario
II Settimana del Salterio
Scenderò con te!
Giacobbe sembra esitare rispetto alla prospettiva di scendere in Egitto, dove pure avrebbe potuto tornare ad abbracciare l’amato Giuseppe. Possiamo intuirne il motivo, anche se il racconto non lo dichiara esplicitamente. Egli sa bene, infatti, che la promessa che Dio ha fatto ad Abramo, e che poi ha rinnovato con suo padre Isacco, non riguarda l’Egitto ma la terra di Canaan. Certo, l’amore per Giuseppe lo spingerebbe ad andare, ma al tempo stesso Giacobbe è consapevole di dover custodire la promessa, rimanendo fedele al patto.
Dio allora torna a manifestarsi, convincendo Giacobbe a partire. Lo fa offrendogli due motivazioni: anzitutto Giacobbe non deve temere di tradire l’alleanza: questa discesa in Egitto appartiene non alla casualità delle vicende umane, alle sempre imprevedibili circostanze storiche; rientra al contrario nel disegno di Dio, che intende fare di questo soggior no in Egitto l’occasione propizia per rendere Israele «una gran de nazione» (Gen 46,3). C’è poi una seconda motivazione, più fondante rispetto alla prima: Giacobbe non deve avere paura di scendere in Egitto perché il Signore stesso scenderà con lui.
Anzi, la sua promessa include anche il cammino di ritorno: «Io scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare» (46,4). Il cammino di Giacobbe si configura in tal modo come un esodo pasquale: un entrare nella morte per rinascere alla vita vera. Si può vivere questo esodo solo se si sa bene di non essere soli. Noi scendiamo e il Signore scende con noi (cf. v. 4). È la sua presenza, la sua compagnia a rassicurarci, liberandoci da ogni paura e da ogni illusione. Non sempre Giacobbe è stato con Dio; comunque sia, Dio rimane fedele all’alleanza, non rompe la comunione, torna a rinnovare la sua promessa: «Io scenderò con te in Egitto».
Certo, Dio promette anche il ritorno – «io ti farò tornare» – ma la promessa decisiva rimane un’altra: io sarò con te. La vera terra non è anzitutto un luogo geografico; è un luogo simbolico, il luogo dell’«io sarò con te», il luogo, qualunque luogo, nel quale possiamo fare esperienza della presenza di Dio. Non dobbiamo peraltro dimenticare che questi testi – quanto meno nella loro redazione conclusiva – hanno ricevuto una forma compiuta proprio durante l’esilio babilonese. In quell’esperienza e grazie a essa Israele ha compreso che Dio era con il suo popolo, che scendeva con Israele anche in Babilonia, oltre che in Egitto. Non abitiamo in terra di esilio finché custodiamo la percezione che Dio è con noi, che discende con noi, qualunque siano i luoghi del nostro smarrimento, del nostro pericolo, della nostra solitudine.
Questa è l’esperienza di Dio che possiamo fare. Meglio: che egli ci insegna a fare, anche conducendoci in luoghi distanti da quelli della nostra attesa o del nostro progetto. I discepoli devono sapere – come ricorda loro Gesù – che potranno essere condotti dove non vorrebbero andare: «Vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia» (Mt 10,17-18). Persino in queste situazioni estreme, il discepolo deve riporre la propria fiducia in colui che non ci lascia e non ci abbandona.
Egli sarà con noi, insegnandoci che cosa dire, grazie allo «Spirito del Padre vostro che parla in voi» (10,20). E le parole che lo Spirito ci insegna hanno a che fare con quell’atteggiamento che il Signore chiede ai discepoli di assumere, inviandoli come pecore in mezzo ai lupi: «Siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (10,16). La prudenza del serpente evoca la capacità di discernimento; la semplicità della colomba allude all’integrità di chi rifugge da compromessi e furbizie, volte esclusivamente al proprio vantaggio.
Il discernimento deve consentirci di evitare pericoli inutili e sterili, per cui, se si è perseguitati in una città, si può fuggire in un’altra (cf. 10,23). L’integrità ci consente di testimoniare con coerenza il nostro amore al vangelo laddove il Signore ci chiede invece la fedeltà di un restare, sapendo che ci promette quello che assicura a Giacobbe: egli scenderà con noi.
Padre, a volte tu ci chiedi di andare in luoghi che non vorremmo conoscere, di avere il coraggio di attraversare esperienze che desidereremmo evitare. Al contrario, spesso siamo noi a cacciarci in situazioni che avremmo dovuto avere la sapienza di evitare. Comunque sia, ti chiediamo di rimanere fedele alla nostra vita, di accompagnarci anche sulle vie sbagliate dei nostri smarrimenti, di non cessare di credere nella promessa della tua salvezza.
Leggi il Vangelo di oggi
Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 10, 16-23In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:
«Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.
Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo».Parola del Signore