Commento al Vangelo di oggi, 12 Luglio 2019 – Mt 10, 16-23

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

XIV settimana del tempo ordinario
II Settimana del Salterio

Scenderò con te!

Giacobbe sembra esitare rispetto alla prospettiva di scendere in Egitto, dove pure avrebbe potuto tornare ad abbracciare l’amato Giuseppe. Possiamo intuirne il motivo, anche se il racconto non   lo dichiara esplicitamente. Egli sa bene, infatti, che la promessa che Dio ha fatto ad Abramo, e che poi ha rinnovato con suo   padre Isacco, non riguarda l’Egitto ma la terra di Canaan. Certo, l’amore per Giuseppe lo spingerebbe ad andare, ma al tempo stesso Giacobbe è consapevole di dover custodire la promessa, rimanendo fedele al patto.

Dio allora torna a manifestarsi, convincendo Giacobbe a partire. Lo fa offrendogli due motivazioni: anzitutto Giacobbe non deve temere di  tradire  l’alleanza:  questa discesa in Egitto appartiene non alla casualità delle vicende umane, alle sempre imprevedibili circostanze storiche; rientra al contrario nel disegno di Dio, che intende fare di questo soggior no in Egitto l’occasione propizia per rendere Israele «una gran de nazione» (Gen 46,3). C’è poi una seconda motivazione, più fondante rispetto alla prima: Giacobbe non deve avere paura di scendere in Egitto perché il Signore stesso scenderà con lui.

Anzi, la sua promessa include anche il cammino di ritorno: «Io scenderò con te in Egitto e io certo ti farò tornare» (46,4). Il cammino      di Giacobbe si configura in tal modo come un esodo pasquale:   un entrare nella morte per rinascere alla vita vera. Si può vivere questo esodo solo se si sa bene di non essere soli. Noi scendiamo e il Signore scende con noi (cf. v. 4). È la sua presenza,    la sua compagnia a rassicurarci, liberandoci da ogni paura e da ogni illusione. Non sempre Giacobbe è stato con Dio; comunque sia, Dio rimane fedele all’alleanza, non rompe la comunione, torna a rinnovare la sua promessa: «Io scenderò con te in Egitto».

Certo, Dio promette anche il ritorno – «io ti farò tornare» – ma la promessa decisiva rimane un’altra: io sarò con te. La vera terra non è anzitutto un luogo geografico; è un luogo simbolico, il luogo dell’«io sarò con te», il luogo, qualunque luogo, nel quale possiamo fare esperienza della presenza di Dio. Non dobbiamo peraltro dimenticare che questi testi – quanto meno nella loro redazione conclusiva – hanno ricevuto una forma compiuta proprio durante l’esilio babilonese. In quell’esperienza e grazie a essa Israele ha compreso che Dio era con il suo popolo, che scendeva con Israele anche in Babilonia, oltre che in Egitto. Non abitiamo in terra di esilio finché custodiamo la percezione che Dio è con noi, che discende con noi, qualunque siano i luoghi del nostro smarrimento, del nostro pericolo, della nostra solitudine.

Questa  è  l’esperienza  di  Dio  che  possiamo  fare.  Meglio:  che  egli ci insegna a fare, anche conducendoci in luoghi distanti da quelli della  nostra  attesa  o  del  nostro  progetto.  I  discepoli  devono sapere  –  come  ricorda  loro  Gesù  –  che  potranno  essere  condotti dove non vorrebbero andare: «Vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno  nelle  loro  sinagoghe;  e  sarete  condotti  davanti  a governatori  e  re  per  causa  mia»  (Mt  10,17-18).  Persino  in  queste situazioni  estreme,  il  discepolo  deve  riporre  la  propria  fiducia  in colui  che  non  ci  lascia  e  non  ci  abbandona.

Egli  sarà  con  noi, insegnandoci  che  cosa  dire,  grazie  allo  «Spirito  del  Padre  vostro che  parla  in  voi»  (10,20).  E  le  parole  che  lo  Spirito  ci  insegna hanno  a  che  fare  con  quell’atteggiamento  che  il  Signore  chiede ai  discepoli  di  assumere,  inviandoli  come  pecore  in  mezzo  ai lupi:  «Siate  dunque  prudenti  come  i  serpenti  e  semplici  come  le colombe»  (10,16).  La  prudenza  del  serpente  evoca  la  capacità  di discernimento;  la  semplicità  della  colomba  allude  all’integrità  di chi  rifugge  da  compromessi  e  furbizie,  volte  esclusivamente  al proprio  vantaggio.

Il  discernimento  deve  consentirci  di  evitare pericoli  inutili  e  sterili,  per  cui,  se  si  è  perseguitati  in  una  città, si  può  fuggire  in  un’altra  (cf.  10,23).  L’integrità  ci  consente  di testimoniare  con  coerenza  il  nostro  amore  al  vangelo  laddove  il Signore  ci  chiede  invece  la  fedeltà  di  un  restare,  sapendo  che  ci promette quello che assicura a Giacobbe: egli scenderà con noi.

Padre, a volte tu ci chiedi di andare in luoghi che non vorremmo conoscere, di avere il coraggio di attraversare esperienze che desidereremmo evitare. Al contrario, spesso siamo noi a cacciarci in situazioni che avremmo dovuto avere la sapienza di evitare. Comunque sia, ti chiediamo di rimanere fedele alla nostra vita, di accompagnarci anche sulle vie sbagliate dei nostri smarrimenti, di non cessare di credere nella promessa della tua salvezza.

Leggi il Vangelo di oggi

Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 10, 16-23

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:
«Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.
Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo».

Parola del Signore

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