Commento al Vangelo di oggi, 14 Agosto 2019 – Mt 18, 15-20

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

S. Massimiliano Maria Kolbe, sac. e martire (memoria)
XIX settimana del tempo ordinario
I Settimana del Salterio

Gesù-Mosè

Il Deuteronomio si conclude narrando la morte di Mosè, che avviene prima di entrare nella terra promessa, che egli può contemplare soltanto da lontano. Peraltro il testo precisa che «gli occhi non gli si erano spenti e il vigore non gli era venuto meno» (Dt 34,7). Egli muore non perché consunto dagli anni o dalla malattia, ma perché fa anche della sua morte, come di tutta la   sua vita, un atto di obbedienza. Mosè infatti, ci narra sempre il Deuteronomio, «morì in quel luogo, nella terra di Moab, secondo l’ordine del Signore» (34,5).

Rimane misterioso questo comando  di Dio, il quale, anche in questo momento, ribadisce a Mosè che potrà vedere la terra ma senza entrarvi (cf. v. 4). Le Scritture non ci offrono una chiara motivazione di questa disposizione divina.  La tradizione biblica motiva questa impossibilità con un peccato di  incredulità  commesso  da  Mosè  e  da  Aronne  (cf.  Nm  20,12), oppure a causa della ribellione di Israele e del suo rifiuto di salire  da  Kades  verso  Canaan  (cf.  Dt  1,37;  3,26;  4,21).  La  tradizione ebraica  ci  offre  tuttavia  una  spiegazione  diversa.  Stando  a  un suggestivo  midrash,  a  Mosè  che  lo  implora  di  farlo  entrare  nella terra  Dio  risponde:  «Mosè,  io  ho  fatto  due  giuramenti:  uno,  di far perire Israele dal mondo per quello che ha commesso, e uno, di  farti  morire  e  non  lasciarti  entrare  nella  terra.

Ho  annullato  il giuramento su Israele per te, che hai detto: Perdona loro! E ora tu chiedi  che  di  nuovo  io  annulli  il  mio  e  prevalga  il  tuo,  e  dici:  Fa’ che io passi (nella terra promessa)? Tu afferri la fune del pozzo ai due capi! Se tu vuoi che prevalga il “Fa’ che io passi”, annulla il “Perdona loro”, e se vuoi che prevalga il “Perdona loro”, annulla il  “Fa’  che  io  passi”.  Quando  Mosè  nostro  maestro  udì  questo, disse: “Signore del mondo! Perisca Mosè e mille come lui, e non si perda un’unghia di uno di Israele”».

Qui davvero Mosè diventa figura cristologica, anticipazione pro-

fetica di Gesù e della sua morte in croce come intercessione e salvezza per tutti gli uomini, in primis per i peccatori. Anche Mosè intercede a favore della vita del suo popolo, a prezzo della propria vita. Accetta di non entrare nella terra di Canaan, affinché ci entri un popolo peccatore, di dura cervice, quale Israele è.

Proprio in questo suo atteggiamento i padri hanno riconosciuto la mitezza e l’umiltà di Mosè, che il libro dei Numeri definisce come «uomo assai umile, più di qualunque altro sulla faccia della terra»  (Nm  12,3).  Ha  commentato  Evagrio  Pontico:  «Dimmi  dunque  perché  la  Scrittura,  quando  ha  voluto  esaltare  Mosè,  ha  lasciato da parte tutti i segni mirabili e ha pensato unicamente alla mitezza? […] Dice che egli, nel deserto, stette tutto solo dinanzi al volto  di  Dio,  quando  questi  volle  annientare  Israele,  e  chiese  di essere annientato con i figli del suo popolo. Egli presentò davanti a Dio l’amore per gli uomini e la trasgressione dicendo: “Perdona loro, o cancellami dal libro che hai scritto”. Così parlò il mite. Dio allora  preferì  perdonare  coloro  che  avevano  peccato,  piuttosto che far torto a Mosè».

Con questa stessa umiltà e mitezza dobbiamo vivere nelle nostre relazioni fraterne quel ministero prezioso e assai difficile, molto delicato, costituito dalla correzione fraterna, come ci viene oggi presentata dalle parole di Gesù in Matteo. Anche attraverso questa prassi paziente e graduale di correzione il pastore buono cerca la sola pecora che si è smarrita, vagando lontano dal suo gregge. Il vero pastore buono è Gesù, piena rivelazione del Padre. Per questo motivo, nella prassi di correzione, l’ultima parola è quella della preghiera, per chiedere a Dio di agire lui là dove i nostri tentativi troppo facilmente falliscono. L’importante è pregare in modo unanime, accordandosi. Così si sconfigge il male, che tenta sempre di lacerare i rapporti. Là dove il male tenta, anche attraverso il peccato di un fratello o di una sorella, di gettare divisione, la preghiera al contrario deve intessere ponti e legami di comunione. Allora sì, il male è davvero vinto, sconfitto, annientato.

Padre, i tuoi disegni a volte sono così misteriosi che fatichiamo a comprenderli. Lottiamo una vita intera per giungere a una meta  e a volte non riusciamo a raggiungerla. Donaci di comprendere che il segreto e la felicità della vita non stanno in ciò che conquistiamo, ma nella tua fedele presenza, che accompagna e benedice il nostro cammino. Dove due o tre sono riuniti nel suo nome, il Signore Gesù è in mezzo a loro. Donaci di camminare insieme, tra noi e con te.

Leggi il Vangelo di oggi

Se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 18, 15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Parola del Signore.

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