Commento al Vangelo di oggi, 14 Giugno 2019 – Mt 5, 27-32

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

X settimana del tempo ordinario – II settimana del salterio

Sempre e dovunque

La Pasqua, per san Paolo, non è un mistero inafferrabile, distante dalla  nostra  vita,  che  riguarderebbe  soltanto  la  persona  di  Gesù e  la  sua  vicenda  umana.  Non  è  neppure  una  verità  di  fede  da credere,  alla  quale  dare  l’assenso  del  nostro  intelletto.  È  piuttosto  un  dinamismo  esistenziale,  una  potenza  spirituale  che  entra nella  nostra  vita,  l’afferra,  la  trasforma.  Egli  giunge  ad  affermare che  portiamo  «sempre  e  dovunque  nel  nostro  corpo  la  morte  di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo» (2Cor  4,10).

La  frase  è  già  pregnante  in  sé,  ma  i  due  avverbi «sempre» e «dovunque» la rendono ancora più sorprendente, se non sconcertante. Ci dicono che in ogni situazione o circostanza della vita possiamo vivere nella logica pasquale, abbandonando altri modi diversi di pensare, di sentire, di agire. Certo, in questo passo della sua lettera san Paolo fa riferimento a episodi piuttosto eccezionali, quali possono caratterizzare la vita di un apostolo come lui, totalmente dedito all’annuncio del vangelo in un ambiente che rimane ostile e oppone resistenze.

Per lui tutto questo ha significato esporre più volte la propria vita alla morte, a persecuzioni e tribolazioni di ogni genere. Tuttavia, possiamo ascoltare e attualizzare le sue parole nell’ordinarietà della nostra vita quotidiana, laddove siamo chiamati a mettere a morte il nostro vantaggio egoistico, o il nostro pregiudizio solitario, o il nostro rimanere prigionieri di logiche idolatriche e di peccato, per rinascere a un nuovo modo di pensare, di agire, di essere, tipico  di coloro che in Cristo Gesù sono creature nuove. Sì, è possibile farlo «sempre e dovunque».

Non si tratta, infatti, di domandarsi che cosa dobbiamo dire o fare in circostanze specifiche della nostra esistenza; piuttosto, occorre assumere un modo di esse  re stabile e duraturo, che ci consenta poi di reagire in maniera giusta, secondo la logica della Pasqua,  alle  diverse  situazioni che la vita, sempre imprevedibile e sorprendente, ci presenterà, senza che possiamo sceglierle prima o predeterminarle secondo  il nostro progetto.

Questa  logica  pasquale  custodisce  un  altro  tratto  qualificante. L’apostolo lo esprime con queste parole: «Cosicché in noi agisce la  morte,  in  voi  la  vita»  (4,12).  È  un’espressione  che  ci  ricorda che  occorre  vivere  così  non  tanto  per  perseguire  una  perfezione personale,  una  santità  individuale  e  un  po’  narcisistica,  quanto perché  negli  altri  possa  manifestarsi  la  novità  della  vita  di  Gesù. Vivere  la  Pasqua  significa  non  vivere  più  per  se  stessi,  ma  per Dio  e  per  gli  altri,  secondo  quel  binomio  che  per  le  Scritture  è indivisibile.  Gesù  ha  vissuto  così;  questo  è  il  senso  che  ha  dato alla  sua  vita  e  persino  alla  sua  morte,  e  che  la  risurrezione  ha poi  pienamente  manifestato.

Egli  è  morto  ed  è  risorto  per  farci sedere  accanto  a  lui  nella  gloria  del Padre  (cf.  4,14).  La  Pasqua dona fecondità alla nostra vita: se dobbiamo morire al nostro essere vecchi è perché altri, oltre a noi stessi, possano ricevere vita nuova attraverso quel personale passaggio pasquale che siamo disposti a percorrere. Per Dio e per loro, e solo in questo modo anche per noi stessi.

La medesima logica traspare dalle parole di Gesù che oggi Matteo ci consegna. Le possiamo accogliere nella prospettiva di una personale perfezione morale. Lette così, hanno certo un significato vero e un’incidenza effettiva nella nostra vita. Possiamo però anche interpretarle in modo più profondo, in quella prospettiva pasquale che san Paolo ci ha dischiuso. L’invito di Gesù assume allora questo colore: vivi il rapporto con il tuo corpo non per te stesso e per il tuo utile, ma per il vantaggio dell’altro. Taglia via ciò che può scandalizzare il fratello o la sorella, perché il tuo corpo non è solo per te, ma per gli altri. Offri il tuo corpo alla verità e alla bellezza delle relazioni, evitando che diventi scandalo, pietra di inciampo, che divide e separa, anziché unire e tessere legami fraterni.

Signore Gesù, ti ringraziamo e ti benediciamo perché sempre e dovunque, nella vita e nella morte, tu hai vissuto non per piacere a te stesso, ma cercando il bene dei tuoi fratelli e delle tue sorelle. Lo Spirito, dono che scaturisce dalla fecondità della tua pasqua, venga in noi e ci trasformi. Allora anche la nostra vita, persino ogni membro del nostro corpo, diventerà trasparenza del nostro amore per te e per gli altri.

Leggi il Vangelo di oggi

Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5, 27-32

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio».

Parola del Signore

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