Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.
X settimana del tempo ordinario – II settimana del salterio
«Sì, sì; No, no»
«Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17). È una novità ampia e profonda quella alla quale Paolo allude. Non riguarda solamente la persona nella sua sfera individuale; riguarda anche le sue relazioni, che vengono trasformate.
La novità alla quale Paolo pensa, infatti, si manifesta come riconciliazione. L’apostolo dice tutto questo a una comunità nella quale ha sperimentato difficoltà e incomprensioni, tensioni e fraintendimenti. Nel corso della lettera ricorre a linguaggi diversi per superare la crisi: corregge ed esorta, si spiega e si giustifica, difende il suo apostolato e lo stile con il quale lo ha vissuto, non cessa di propugnare la novità dell’evangelo che ha annunciato.
Giungerà persino a usare un linguaggio da stolto o da pazzo, come lui stesso lo definisce, vantando se stesso (cf. 11,16-18). Rimane però consapevole che, per quanto siano necessarie queste parole e i sentimenti che esprimono, da sole non bastano: occorre una parola che scenda dall’alto, da Dio, e che conduca su vie di riconciliazione, di comunione, di pace. «Tutto questo viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione» (5,18).
La Parola di Gesù, la Parola che è Gesù, ha però bisogno di qualcuno che continui ad annunciarla con fedeltà, come pure di chi sappia accoglierla nella verità della propria esistenza, lasciandosi da essa convertire. Ci viene chiesto, e prima ancora donato, uno sguardo diverso, «cosicché non guardiamo più nessuno alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera umana, ora non lo conosciamo più così» (5,16).
Con questa espressione Paolo forse allude a un suo modo di conoscere Cristo che lo aveva indotto a considerarlo un impostore e un falso profeta, fino a perseguitare i suoi discepoli. O forse, più in profondità, può evocare un diverso modo di conoscere Cristo, non più nella carne della sua vicenda storica, ma nel mistero della sua risurrezione. Adesso la sua Parola non la si ascolta più dalla sua viva voce, come hanno potuto fare i testimoni storici; possiamo però continuare ad ascoltarla da coloro che egli costituisce come suoi mediatori.
Paolo ne è consapevole e può affermare: Cristo «ha affidato a noi il ministero della riconciliazione» (5,18); poco più avanti dichiara, con maggiore chiarezza: «Per mezzo nostro è Dio stesso che esorta» (5,20). La condizione, tuttavia, per vivere con autenticità questo ministero, non è solamente quella di ricevere un mandato e di assumerlo con fedeltà. Occorre lasciarsi rinnovare personalmente dalla Parola che si annuncia; occorre più radicalmente essere «in Cristo» e diventare in lui una creatura nuova.
È da questa nuova condizione esistenziale, e non semplicemente dalla coerenza con la quale viviamo l’incarico ricevuto, che scaturiscono parole veritiere, credibili, fedeli al Risorto, e di conseguenza feconde ed efficaci, capaci di attuare quello che annunciano, operando davvero il prodigio della riconciliazione. In questa luce comprendiamo meglio la Parola di Gesù sulla verità di un parlare che sia: «Sì, sì; No, no» (Mt 5,37). In ballo non c’è solo la nostra coerenza, sincerità, fedeltà alla parola data, adesione alla verità contro ogni tentazione di falsità e menzogna. In gioco c’è la verità di una vita che si lascia trasformare e autenticare dalla relazione con il Dio vero e vivo.
Il giuramento chiama in causa Dio in modo estrinseco, come qualcuno che dall’esterno debba garantire la verità delle nostre parole. Altra deve essere la nostra relazione con Dio. Dobbiamo affondare in lui tutta la nostra esistenza, prima ancora che le nostre parole, così che l’intera nostra vita, incluso il nostro parlare, sia reso vero dalla comunione che viviamo con lui. Tutto il resto «viene dal Maligno» (5,37), dal grande Divisore, che ci rende falsi perché ci separa da colui che è Verità.
Padre, spesso le nostre parole creano incomprensioni e divisioni, anziché favorire la comunicazione e intessere relazioni fraterne, di amicizia, di comunione. Rendi vero il nostro parlare, insegnaci a purificarlo nella relazione con Gesù, perché sappia dire no a tutto ciò che separa e allontana, per dire sì a tutto ciò che riconcilia e crea legami veri.
Leggi il Vangelo di oggi
Io vi dico: non giurate affatto.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5, 33-37In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno».Parola del Signore