Commento al Vangelo di oggi, 15 Giugno 2019 – Mt 5, 33-37

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

X settimana del tempo ordinario – II settimana del salterio

«Sì, sì; No, no»

«Se  uno  è  in  Cristo,  è  una  nuova  creatura;  le  cose  vecchie  sono passate;  ecco,  ne  sono  nate  di  nuove»  (2Cor  5,17).  È  una  novità ampia  e  profonda  quella  alla  quale  Paolo  allude.  Non  riguarda solamente la persona nella sua sfera individuale; riguarda anche le  sue  relazioni,  che  vengono  trasformate.

La  novità  alla  quale Paolo pensa, infatti, si manifesta come riconciliazione. L’apostolo dice  tutto  questo  a  una  comunità  nella  quale  ha  sperimentato difficoltà  e  incomprensioni,  tensioni  e  fraintendimenti.  Nel  corso della  lettera  ricorre  a  linguaggi  diversi  per  superare  la  crisi:  corregge ed esorta, si spiega e si giustifica, difende il suo apostolato e  lo  stile  con  il  quale  lo  ha  vissuto,  non  cessa  di  propugnare  la novità dell’evangelo che ha annunciato.

Giungerà persino a usare un linguaggio da stolto o da pazzo, come lui stesso lo definisce, vantando  se  stesso  (cf.  11,16-18).  Rimane  però  consapevole  che, per  quanto  siano  necessarie  queste  parole  e  i  sentimenti  che esprimono,  da  sole  non  bastano:  occorre  una  parola  che  scenda dall’alto,  da  Dio,  e  che  conduca  su  vie  di  riconciliazione,  di  comunione,  di  pace.  «Tutto  questo  viene  da  Dio,  che  ci  ha  riconciliati  con  sé  mediante  Cristo  e  ha  affidato  a  noi  il  ministero  della riconciliazione» (5,18).

La Parola di Gesù, la Parola che è Gesù, ha però bisogno di qualcuno che continui ad annunciarla con fedeltà, come pure di chi sappia accoglierla nella verità della propria esistenza, lasciandosi da essa convertire. Ci viene chiesto, e prima ancora donato, uno  sguardo  diverso,  «cosicché  non  guardiamo  più  nessuno  alla maniera umana; se anche abbiamo conosciuto Cristo alla maniera  umana,  ora  non  lo  conosciamo  più  così»  (5,16).

Con  questa espressione  Paolo  forse  allude  a  un  suo  modo  di  conoscere  Cristo  che  lo  aveva  indotto  a  considerarlo  un  impostore  e  un  falso profeta,  fino  a  perseguitare  i  suoi  discepoli.  O  forse,  più  in  profondità,  può  evocare  un  diverso  modo  di  conoscere  Cristo,  non più nella carne della sua vicenda storica, ma nel mistero della sua risurrezione. Adesso la sua Parola non la si ascolta più dalla sua viva  voce,  come  hanno  potuto  fare  i  testimoni  storici;  possiamo però continuare ad ascoltarla da coloro che egli costituisce come suoi  mediatori.

Paolo  ne  è  consapevole  e  può  affermare:  Cristo «ha  affidato  a  noi  il  ministero  della  riconciliazione»  (5,18);  poco più avanti dichiara, con maggiore chiarezza: «Per mezzo nostro è Dio stesso che esorta» (5,20). La condizione, tuttavia, per vivere con  autenticità  questo  ministero,  non  è  solamente  quella  di  ricevere  un  mandato  e  di  assumerlo  con  fedeltà.  Occorre  lasciarsi rinnovare  personalmente  dalla  Parola  che  si  annuncia;  occorre più radicalmente essere «in Cristo» e diventare in lui una creatura nuova.

È da questa nuova condizione esistenziale, e non semplicemente  dalla  coerenza  con  la  quale  viviamo  l’incarico  ricevuto, che  scaturiscono  parole  veritiere,  credibili,  fedeli  al  Risorto,  e  di conseguenza feconde ed efficaci, capaci di attuare quello che annunciano, operando davvero il  prodigio  della  riconciliazione. In questa luce comprendiamo meglio la Parola di Gesù sulla verità di un parlare che sia: «Sì, sì; No, no» (Mt 5,37). In ballo non c’è solo la nostra coerenza, sincerità, fedeltà alla parola data, adesione alla verità contro ogni tentazione di falsità e menzogna. In gioco c’è la verità di una vita che si lascia trasformare e autenticare dalla relazione con il Dio vero e vivo.

Il giuramento chiama in causa Dio in modo estrinseco, come qualcuno che dall’esterno debba garantire la verità delle nostre parole. Altra deve essere   la nostra relazione con Dio. Dobbiamo affondare in lui tutta la nostra esistenza, prima ancora che le nostre parole, così che l’intera nostra vita, incluso il nostro parlare, sia reso vero dalla comunione che viviamo con lui. Tutto il resto «viene dal Maligno» (5,37), dal grande Divisore, che ci rende falsi perché ci separa da colui che è Verità.

Padre, spesso le nostre parole creano incomprensioni e divisioni, anziché favorire la comunicazione e intessere relazioni fraterne, di amicizia, di comunione. Rendi vero il nostro parlare, insegnaci a purificarlo nella relazione con Gesù, perché sappia dire no a tutto ciò che separa e allontana, per dire sì a tutto ciò che riconcilia e crea legami veri.

Leggi il Vangelo di oggi

Io vi dico: non giurate affatto.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5, 33-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno».

Parola del Signore

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