Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.
S. Bonaventura, vescovo e dottore della Chiesa (memoria)
XV settimana del tempo ordinario
III Settimana del Salterio
Un prezzo da pagare
Probabilmente ci sorprende non poco, o addirittura ci scandalizza, la parola di Gesù che oggi Matteo ci consegna: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada» (Mt 10,34). Noi desideriamo la pace, ma spesso la cerchiamo in modo sbagliato, oppure invochiamo una pace falsa, che non ci chiede alcun prezzo da pagare, non esige da noi scelte chiare, senza compromessi. Una pace che si lascia confondere con un facile quietismo, con una difesa interessata di ciò che siamo o di ciò che possediamo. Una pace che non ci spoglia, non ci converte, non ci trasforma. Al contrario, per attuare la vera pace occorre essere disposti a perdere la propria pace, intesa come interessata tutela del proprio benessere. Allo stesso modo nel quale, afferma Gesù, per trovare davvero la vita occorre essere disposti a perderla (cf. 10,39).
In una celebre omelia del 29 gennaio del 1991, durante una veglia di preghiera per la pace in occasione dello scoppio della prima guerra del Golfo, il cardinale Martini si domandava come mai Dio sembra non ascoltare la nostra supplica per la pace, che così spesso gli rivolgiamo. Tra le varie risposte c’era anche questa consapevolezza: «È esigente essere operatori di pace secondo il vangelo; è un dono che non si compra a poco prezzo, perché viene dallo Spirito e occorre accettare di pagarlo a caro prezzo». Il costo che Gesù ricorda nell’odierna pagina di Matteo è davvero alto, se giunge persino a contemplare la separazione tra padre e figlio, tra figlia e madre, tra nuora e suocera. È evidente, non dobbiamo desiderare tali divisioni, al contrario dobbiamo fare ogni sforzo per evitarle, oppure per riconciliare rapporti là dove si sono lacerati, per rivitalizzarli là dove appaiono logorati.
Tutto questo, tuttavia, può essere fatto soltanto nella consapevolezza che c’è un bene più grande, qualcosa che viene prima e che poi dà anche forma, contenuto, senso a tutte le nostre relazioni. Ciò che viene prima è l’amore: l’amore di Dio per noi, la risposta del nostro amore per lui. In esso trovano fondamento e significato, possibilità e valore anche le altre relazioni di cui si intesse la nostra vita, gli altri legami che dicono la verità dei nostri affetti. Gesù ricorre qui al linguaggio del di più e del di meno. Lo fa non per stabilire graduatorie o istituire gerarchie. Non si tratta di questo. Piuttosto, ci chiede di vivere nella logica di un’accoglienza. Nelle nostre relazioni dobbiamo accogliere il dono del suo amore; reciprocamente, il suo amore deve accogliere, perfezionare, condurre a compimento le nostre relazioni. L’uno vive nelle altre. Un discepolo di Gesù ha questa consapevolezza: non ci sono relazioni vere che non siano vissute nell’amore di Cristo, come pure l’amore di Cristo, per essere reale e non astratto, deve maturare dentro relazioni autentiche.
C’è una ricompensa che viene promessa tanto a chi accoglie Gesù e in lui accoglie il Padre, quanto a chi offre un bicchiere d’acqua fresca a un piccolo nel bisogno. C’è la stessa ricompensa: vivere nell’amore, ricevere la vita, giungere alla vera pace. Rimanere nel primato dell’amore, trovare la vita perdendola significa anche questo: accogliere Gesù accogliendo il bisogno del fratello. Qui c’è un prezzo da pagare: accogliere significa diminuire per fare spazio all’altro; offrire un bicchiere d’acqua esige di uscire da sé per andare incontro all’altro e al suo bisogno. Si perde qualcosa di sé, ma si guadagna davvero la vita. E si impara ad amare cercando pace vera e non falsa.
In fondo, occorre vincere la logica del faraone, che non abita soltanto nel sovrano dell’Egitto di allora o nei potenti della terra di oggi; abita in ciascuno di noi, e deve essere affrontata e sconfitta nel cuore di ognuno. La logica, intendo, che impone agli altri il prezzo da pagare per salvaguardare se stessi e il proprio interesse o benessere. Il faraone impone la schiavitù agli ebrei per difendere il proprio potere, più che il benessere o la pace del suo popolo. Invece la vera pace, come la vera vita, ci chiede un prezzo da pagare personalmente.
Padre, donaci discernimento, perché possiamo riconoscere quei passi di conversione che ciascuno di noi deve intraprendere per giungere alla vera pace del cuore, dal quale può nascere poi una parola di pace, che sappia riconciliare i conflitti, ritessere i rapporti lacerati. Insegnaci a comprendere che cosa di noi dobbiamo spendere o perdere per guadagnare un bene comune, condiviso tra tanti.
Leggi il Vangelo di oggi
Sono venuto a portare non pace, ma spada.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 10,34-11.1In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.
Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.Parola del Signore