Commento al Vangelo di oggi, 16 Giugno 2019 – Gv 16, 12-15

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

Ss. Trinità (solennità)

XI settimana del tempo ordinario – Proprio

Questa grazia

Dopo aver scrutato il mistero di Dio nel tempo di prova quaresimale, dopo averlo celebrato e acclamato nei giorni della festa di Pasqua, in questa domenica il nostro sguardo si prende il lusso  di penetrare l’abisso della vita stessa di quel Dio che ha voluto imprimere nella nostra umanità il sigillo del suo amore trinitario. All’indomani della Pentecoste, la festa della santissima Trinità ci vuole far contemplare – e adorare – non un evento della storia di salvezza, ma la gloria stessa di Dio, «l’unico Dio in tre persone» (Colletta).

Già nei tempi antichi le Scritture raccontavano di un Dio che «fin dal  principio»  non  ama  la  solitudine,  poiché  accanto  a  lui,  già agli  «inizi  della  terra»  (Pr  8,23),  c’era  la  Sapienza,  una  presenza misteriosa ma talmente rilevante da apparire già con i lineamenti di  una  vera  e  propria  persona.  Dio  si  è  presentato  a  noi  non come  essere  statico  e  solitario,  ma  come  una  comunione  di  vita e  uno  scambio  di  doni  fin  dall’eternità.

Solo  nella  pienezza  dei tempi, tuttavia, quando il Figlio di Dio è apparso nella storia e nel mondo,  abbiamo  potuto  comprendere  fino  a  che  punto  questo mistero  di  comunione  fosse  non  solo  vero,  ma  essenziale  per cogliere  e  interpretare  anche  il  segreto  della  nostra  vita  umana. Nell’incarnazione di Cristo, Dio è apparso come il Padre che, mediante  il  suo  Spirito,  dona  tutto  ciò  che  ha  e  ciò  che  è  al  Figlio, nel  vincolo  di  un  amore  eterno  e  indistruttibile.  È  quanto  Gesù stesso  afferma  nel  vangelo:  «Tutto  quello  che  il  Padre  possiede è mio» (Gv 16,15).

Ma se Dio è Trinità e la sua natura è una realtà di meravigliose relazioni, allora anche noi – creati a sua immagine e somiglian za – non possiamo che cercare il senso della nostra vita proprio all’interno dello spazio relazionale che abitiamo, dal momento che «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).

Anche  se  sono  proprio  le  relazioni  –  guastate  dall’egoismo,  interrotte  dal  tradimento,  logorate  dall’indifferenza  –  la  palude  in cui  sprofondano  non  di  rado  i  nostri  passi,  non  possiamo  certo abdicare  alla  principale  responsabilità  del  nostro  essere  umani, creati  secondo  l’immagine  di  un  Dio  trinitario.

Il  Signore  Gesù annuncia  ai  discepoli  che  solo  attraverso  lo  Spirito  è  possibile avere «accesso a questa grazia» (5,2), che ci rende partecipi della vita  stessa  di  Dio:  «Quando  verrà  lui,  lo  Spirito  della  verità,  vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future» (Gv 16,13).

Queste parole non ci autorizzano certo a credere che il dono dello Spirito ricevuto nella Pentecoste ci garantisca una sorta di percorso  scontato  o  privilegiato,  attraverso  cui  compiere  il  tortuoso viaggio  della  vita.  Il  dono  dello  Spirito  ha  una  funzione  «immersiva»,  nel  senso  che  vuole  introdurci  sempre  di  più  all’interno  di quelle  relazioni  d’amore  che  esistono  nella  Trinità,  perché  anche i rapporti che stiamo vivendo possano essere restituiti al loro bisogno di misure generose e definitive, per consumarsi finalmente nell’orizzonte  della  misericordia  e  del  perdono.

Nella  festa  del Dio  trinitario,  possiamo  tutti  guardare  con  nuova  speranza  a  noi e al tessuto delle relazioni in cui siamo costituiti uomini e donne, padri e madri, fratelli e sorelle. Sebbene la nostra comunione con l’altro possa essere segnata da tante ferite, difficoltà e fallimenti, siamo esortati a sperare che ci sia sempre una possibile fioritura di speranza per noi, e per tutti, che ci siano sempre nuove occasioni di riprendere in mano – con tanta dignità – quei legami che abbiamo  iniziato  a  tessere  e  a  ricucire.

Sapendo  che  ormai  «noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo» (Rm  5,1)  e,  nelle  nostre  sconfitte,  non  dobbiamo  mai  perdere  la speranza  di  poter  essere  nuovamente  compresi  e  perdonati.  La comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ci sostiene, ci  illumina  e  ci  trasfigura  per  renderci  capaci  di  donare,  ricevere e  –  infine  –  diventare  amore.  Che  è  «tutta  la  verità»  (Gv  16,13)  e la vita del mondo.

Signore, nostro Dio, oggi ci riveli non che cosa fai ma chi sei: il Dio unico che ha un triplice volto d’amore e che dona la propria vita.

Concedi anche a noi, creati per vivere in relazione con te e tra noi, di riscoprire questa grazia delicata e a volte logorata. Questa grazia ci raggiunga ormai in pace, aperti alla verità, immersi nella speranza, riempiti d’amore.

Leggi il Vangelo di oggi

Tutto quello che il Padre possiede, è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 16, 12-15

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Parola del Signore

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