Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.
Ss. Trinità (solennità)
Indice
XI settimana del tempo ordinario – Proprio
Questa grazia
Dopo aver scrutato il mistero di Dio nel tempo di prova quaresimale, dopo averlo celebrato e acclamato nei giorni della festa di Pasqua, in questa domenica il nostro sguardo si prende il lusso di penetrare l’abisso della vita stessa di quel Dio che ha voluto imprimere nella nostra umanità il sigillo del suo amore trinitario. All’indomani della Pentecoste, la festa della santissima Trinità ci vuole far contemplare – e adorare – non un evento della storia di salvezza, ma la gloria stessa di Dio, «l’unico Dio in tre persone» (Colletta).
Già nei tempi antichi le Scritture raccontavano di un Dio che «fin dal principio» non ama la solitudine, poiché accanto a lui, già agli «inizi della terra» (Pr 8,23), c’era la Sapienza, una presenza misteriosa ma talmente rilevante da apparire già con i lineamenti di una vera e propria persona. Dio si è presentato a noi non come essere statico e solitario, ma come una comunione di vita e uno scambio di doni fin dall’eternità.
Solo nella pienezza dei tempi, tuttavia, quando il Figlio di Dio è apparso nella storia e nel mondo, abbiamo potuto comprendere fino a che punto questo mistero di comunione fosse non solo vero, ma essenziale per cogliere e interpretare anche il segreto della nostra vita umana. Nell’incarnazione di Cristo, Dio è apparso come il Padre che, mediante il suo Spirito, dona tutto ciò che ha e ciò che è al Figlio, nel vincolo di un amore eterno e indistruttibile. È quanto Gesù stesso afferma nel vangelo: «Tutto quello che il Padre possiede è mio» (Gv 16,15).
Ma se Dio è Trinità e la sua natura è una realtà di meravigliose relazioni, allora anche noi – creati a sua immagine e somiglian za – non possiamo che cercare il senso della nostra vita proprio all’interno dello spazio relazionale che abitiamo, dal momento che «l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).
Anche se sono proprio le relazioni – guastate dall’egoismo, interrotte dal tradimento, logorate dall’indifferenza – la palude in cui sprofondano non di rado i nostri passi, non possiamo certo abdicare alla principale responsabilità del nostro essere umani, creati secondo l’immagine di un Dio trinitario.
Il Signore Gesù annuncia ai discepoli che solo attraverso lo Spirito è possibile avere «accesso a questa grazia» (5,2), che ci rende partecipi della vita stessa di Dio: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future» (Gv 16,13).
Queste parole non ci autorizzano certo a credere che il dono dello Spirito ricevuto nella Pentecoste ci garantisca una sorta di percorso scontato o privilegiato, attraverso cui compiere il tortuoso viaggio della vita. Il dono dello Spirito ha una funzione «immersiva», nel senso che vuole introdurci sempre di più all’interno di quelle relazioni d’amore che esistono nella Trinità, perché anche i rapporti che stiamo vivendo possano essere restituiti al loro bisogno di misure generose e definitive, per consumarsi finalmente nell’orizzonte della misericordia e del perdono.
Nella festa del Dio trinitario, possiamo tutti guardare con nuova speranza a noi e al tessuto delle relazioni in cui siamo costituiti uomini e donne, padri e madri, fratelli e sorelle. Sebbene la nostra comunione con l’altro possa essere segnata da tante ferite, difficoltà e fallimenti, siamo esortati a sperare che ci sia sempre una possibile fioritura di speranza per noi, e per tutti, che ci siano sempre nuove occasioni di riprendere in mano – con tanta dignità – quei legami che abbiamo iniziato a tessere e a ricucire.
Sapendo che ormai «noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo» (Rm 5,1) e, nelle nostre sconfitte, non dobbiamo mai perdere la speranza di poter essere nuovamente compresi e perdonati. La comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo ci sostiene, ci illumina e ci trasfigura per renderci capaci di donare, ricevere e – infine – diventare amore. Che è «tutta la verità» (Gv 16,13) e la vita del mondo.
Signore, nostro Dio, oggi ci riveli non che cosa fai ma chi sei: il Dio unico che ha un triplice volto d’amore e che dona la propria vita.
Concedi anche a noi, creati per vivere in relazione con te e tra noi, di riscoprire questa grazia delicata e a volte logorata. Questa grazia ci raggiunga ormai in pace, aperti alla verità, immersi nella speranza, riempiti d’amore.
Leggi il Vangelo di oggi
Tutto quello che il Padre possiede, è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 16, 12-15In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».Parola del Signore