Commento al Vangelo di oggi, 16 Luglio 2019 – Mt 11, 20-24

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

B.V. Maria del Monte Carmelo (mem. facoltativa)
XV settimana del tempo ordinario
III Settimana del Salterio

Acque di vita

Nei capitoli iniziali dell’Esodo sono protagoniste le donne, figure di vita che si contrappongono agli uomini, in particolare al faraone, in cui ad agire è invece la morte. Anche se la liturgia omette quei versetti, vale la pena ricordare come le prime a opporsi agli ordini del faraone siano proprio le due levatrici degli ebrei, Sifra e Pua, che temono Dio anziché il potere del faraone. Di conseguenza disobbediscono all’ordine di far morire il neonato, se maschio (cf.  Es  1,15-21).  E  le  Scritture  sante  custodiscono  e  tramandano il  loro  nome,  non  quello  del  faraone,  che  rimane  anonimo.  Sono ricordati i nomi di coloro che generano la vita, non di coloro che producono  violenza  e  morte.  Questo  è  il  tipico  modo  nel  quale Dio  agisce  nella  storia:  attraverso  figure  deboli  e  indifese,  fragili e  marginali,  come  due  donne,  che  sono  nulla  di  fronte  al  potere del  sovrano  d’Egitto.  Sono  però  donne  e  soprattutto  levatrici: conoscono il segreto della vita, che il faraone ignora. E il segreto della vita, apparentemente più debole, alla fine risulterà più forte e vincente sul potere della morte.

Ancora  più  paradossale  è  che  sia  proprio  la  figlia  del  faraone a  salvare  Mosè  dalla  morte  nelle  acque  del  Nilo.  L’ordine  del faraone  è  raccapricciante,  non  solo  per  il  suo  contenuto  –  eliminare tutti i figli maschi degli ebrei – ma anche per il modo in cui decide  l’eliminazione,  come  abbiamo  ascoltato  ieri:  «Gettate  nel Nilo ogni figlio maschio che nascerà» (1,22). Per l’Egitto il Nilo è il fiume della fecondità e della vita: grazie alle sue acque la terra riceve  fertilità  e  il  popolo  può  prosperare.  Ecco  il  male  radicale, che  giunge  a  pervertire  la  realtà,  trasformando  luoghi  di  vita  in luoghi di morte. È anche la più radicale opposizione a Dio, che è il  Signore  della  vita.  Dio  agisce  in  modo  opposto  al  faraone.  Se questi  trasforma  i  luoghi  di  vita  in  luoghi  di  morte,  Dio  suscita vita laddove il sovrano ha ordinato la morte, e lo fa peraltro attraverso colei che dal faraone ha preso vita, sua figlia. Anche in questo caso una donna, la cui vita conosce la stessa fecondità delle acque del Nilo. Dalle acque di una donna viene custodita e generata la vita, ed è una donna che torna a rendere il Nilo ciò  che deve essere: acque che, anziché dare morte, generano vita.  E sarà proprio lei, la figlia del faraone, a dare il nome a questo bambino, facendolo nascere una seconda volta.

Persino  Mosè,  diventato  adulto,  da  maschio  qual  è,  e  da  uomo potente, cresciuto alla corte del faraone, sarà tentato dalla stessa logica  maschile  della  morte.  Lo  fa  per  motivi  di  giustizia,  per  difendere un ebreo dall’ingiusta violenza di un egiziano, ma rimane comunque  prigioniero  di  logiche  di  morte,  non  di  vita.  Dio  lo chiamerà a essere capo e giudice del suo popolo, ma in un modo del tutto diverso, non da uomo potente, che condivide la casa e la  sovranità  del  faraone,  ma  da  uomo  debole,  che  condivide  la schiavitù  del  suo  popolo.  Tale  è  l’agire  misterioso  di  Dio:  passa attraverso l’agire di donne e di schiavi, di persone deboli e marginali, persino perseguitate o esiliate, come lo diventa in questo momento  Mosè,  che  deve  lasciare  la  terra  in  cui  è  nato,  la  casa in  cui  è  cresciuto,  per  inoltrarsi  profugo  nel  territorio  di  Madian. Egli  –  precisa  l’autore  –  «fuggì  lontano  dal  faraone»  (2,15).  Si tratta di un allontanarsi che assume una cifra simbolica, per divenire segno della conversione che dovrà vivere: dovrà allontanarsi dalle  logiche  perverse  del  faraone,  che  sono  logiche  di  potere  e di morte, per aderire alle logiche di Dio, che al contrario sono logiche di libertà e di vita.

Questa  è  anche  la  conversione  alla  quale  il  Signore  chiama  le città  del  lago  e,  con  loro,  ogni  comunità  cristiana.  A  Corazin,  a Betsaida,  a  Cafarnao  Gesù  ha  operato  segni  di  vita  nuova,  ma loro  non  si  sono  lasciate  convertire  (cf.  Mt  11,21),  rimanendo chiuse  nella  loro  vita  vecchia,  segnata  dalla  morte.  Se  non  si accoglie l’annuncio della vita, si precipita negli inferi, non perché il  Signore  ci  condanni,  ma  perché  è  il  nostro  rifiuto  della  vita  a lasciarci prigionieri della morte.

Signore, tu sei il Dio della vita e manifesti il tuo potere sovrano trasformando persino i luoghi della morte in luoghi di rinascita e di vita. Purificaci da tutto ciò che in noi ci rende prigionieri della morte e delle sue dinamiche. Liberaci dalla violenza che ferisce l’altro, dai mezzi sbagliati con i quali pretendiamo di conseguire fini giusti, dalla paura che ci costringe a servire il potere anziché renderci disponibili a servire la vita.

Leggi il Vangelo di oggi

Nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne e la terra di Sòdoma saranno trattate meno duramente di voi.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 11, 20-24

In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite: «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!».

Parola del Signore

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