Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.
XV settimana del tempo ordinario
III Settimana del Salterio
Ricchi di una promessa
Mosè, nonostante sia stato uomo potente in Egitto, cresciuto alla corte del faraone, ora ha perso tutto quello che possedeva. Non ha più ciò che costituiva la ricchezza e soprattutto l’identità di una persona del suo tempo. Non ha una terra, ma è straniero in una terra non sua; non ha un gregge, ma pascola il gregge di altri. Deve attraversare il deserto che, stando alla testimonianza del Deuteronomio, è un luogo «grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua» (Dt 8,15). Inoltre ha vissuto l’esperienza del rifiuto: nella sua infanzia è stato minacciato di morte, nell’età adulta è stato rigettato dal suo popolo, e anche il faraone lo cerca per ucciderlo. Mosè in questo momento sperimenta una povertà radicale, la sua stessa vita sembra non avere un solido fondamento; Mosè stesso, potremmo dire, ha bisogno di essere salvato. Ed è proprio lui, un debole, un fuggiasco, un povero, un bisognoso di salvezza, che Dio sceglie per liberare il suo popolo.
Potremmo dire, nella luce del brano di Matteo che oggi ascoltiamo, che anche Mosè è tra quei piccoli ai quali il Padre, nella sua benevolenza, si compiace di rivelare il suo mistero. Tra questi piccoli, tra questi poveri, c’è anzitutto Gesù, che può dire di se stesso: «Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Mt 11,27). Essere piccoli, poveri significa proprio questo: rimanere davanti al Padre sapendo di dover ricevere tutto da lui, di non possedere nulla se non quello che il Padre ci dona. E lo fa nella sua benevolenza, dunque nella sua gratuità, non perché meritiamo qualcosa o ce lo guadagniamo in qualche modo. A noi compete soltanto di fare spazio all’agire di Dio, di liberare il campo della nostra esistenza da tutto ciò che lo può inutilmente occupare, togliendo posto al dono di Dio; vigilare sulle resistenze o le distrazioni che possono impedirci di accogliere quello di cui desidera gratificarci.
Anche Mosè vive l’incontro con Dio in modo gratuito. Sta pascolando il gregge, non sta cercando Dio. Per quanto povero e bisognoso, non invoca aiuto, non supplica una grazia, una liberazione. Non sembra rimpiangere neppure il suo passato. Accoglie la sua vita e le rimane fedele. Lascia il deserto e va verso l’Oreb, ma per il bene del suo gregge, non per il proprio. Cerca un pascolo per le sue pecore, non per la propria fame. Eppure, in questa fedeltà al suo oggi, Mosè rimane aperto all’imprevedibile azione di Dio. Quanto vede non lo lascia indifferente, lo incuriosisce, lo interroga, accende interessi e domande nel suo cuore: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?» (Es 3,3).
Probabilmente molti avrebbero visto quello che Mosè vede senza lasciarsi toccare. Avrebbero proseguito il loro cammino. Al contrario, Mosè si avvicina. È curioso, sa stupirsi, è capace di riconoscere una novità che si manifesta nell’ordinarietà della sua vita, vive di conseguenza una ricerca. Meravigliarsi, domandare, cercare sono condizioni essenziali perché la nostra vita possa aprirsi giorno dopo giorno alla novità dell’incontro con Dio. Inoltre, laddove leggiamo che Mosè vuole «avvicinarsi a vedere», più esattamente il testo ebraico dice che «fece un giro», suggerendo l’idea che abbia abbandonato il gregge e cambiato strada per andare a vedere il roveto. Per incontrare Dio occorre avere il coraggio di fare un giro. Egli si manifesta nell’ordinarietà della nostra vita, mentre svolgiamo il lavoro di sempre, ma non ci lascia lì, ci chiede di uscire, di andare oltre, di abbandonare la via già battuta per intraprenderne una nuova, senza paura, con speranza e fiducia. L’unica garanzia che ci offre è la sua promessa e un Nome, che però si declina al futuro: «Io sarò con te» (3,12).
I poveri, i piccoli ai quali Dio si compiace di rivelare il suo mistero, sono proprio coloro che non pretendono di avere altra ricchezza che questa promessa!
Padre buono e santo, noi vogliamo essere con Gesù e come Gesù davanti a te, poveri e accoglienti, piccoli e fiduciosi, disponibili a non possedere nulla se non il tutto che tu desideri donarci. Il tuo dono dia senso, valore, consistenza a tutto ciò che siamo, a tutto ciò che viviamo, a tutto ciò che facciamo.
Leggi il Vangelo di oggi
Hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 11, 25-27In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.
Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».Parola del Signore