Commento al Vangelo di oggi, 18 Giugno 2019 – Mt 5, 43-48

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

XI settimana del tempo ordinario
III settimana del salterio

Da ricco che era

«Conoscete  infatti  la  grazia  del  Signore  nostro  Gesù  Cristo:  da ricco  che  era,  si  è  fatto  povero  per  voi,  perché  diventaste  ricchi per  mezzo  della  sua  povertà»  (2Cor  8,9).

Incontriamo  qui  una delle  più  dense  formulazioni  cristologiche  delle  lettere  paoline. San Paolo svela quale sia il segreto della vita di Gesù. Lo fa in un contesto occasionale: sta invitando i corinzi a mostrarsi generosi nel  partecipare  alla  colletta  che  ha  organizzato  a  favore  dei  poveri  della  Chiesa  madre  di  Gerusalemme.  Anche  questa  raccolta di  aiuti,  tuttavia,  ai  suoi  occhi  assume  un  valore  più  simbolico e  profondo.  Non  si  tratta  soltanto  di  un  gesto  di  solidarietà; è  soprattutto  un  segno  di  comunione.

Paolo  ha  sperimentato, anche a Corinto, difficoltà e tensioni tra la sua opera evangelizzatrice – che proclama la libertà del vangelo rispetto all’osservanza della  Legge  mosaica  e  alla  circoncisione  –  e  la  visione  di  coloro che,  provenendo  dal  giudaismo,  ritenevano  invece  che  non  si dovessero  abbandonare  le  tradizioni  dei  padri.

Posizioni,  queste ultime,  che  trovavano  un  riferimento  significativo  proprio  nella comunità  giudaico-cristiana  di  Gerusalemme,  radunata  sotto  la guida di Giacomo. Paolo non ha alcun dubbio, né esitazione, sul dover difendere il suo stile di evangelizzazione, nonché la prassi delle comunità da lui fondate; nello stesso tempo è consapevole che le differenze, anziché rompere la comunione, devono autenticarla, tanto più con la comunità di Gerusalemme, da riconoscere come madre e garante dell’unità dei discepoli di Cristo.

La colletta diviene allora segno di questa comunione che occorre saper intessere e onorare. Non si può certo parlare in questo caso di quell’inimicizia evocata dalle parole di Gesù nell’odierna pagina di Matteo; rimane pur vero che anche queste tensioni e fatiche vanno risolte nella logica di un amore che, come vedevamo ieri, deve avere un «passo più lungo», tale da oltrepassare gli inevitabili contrasti che prima o poi sorgono nelle relazioni umane.

Questo amore non può rimanere parola vuota, fumosa ed equivoca perché astratta; deve incarnarsi in gesti concreti e quotidiani, come quello che l’apostolo propone con insistenza alle sue comunità. Gesti che non solo dicano, ma realizzino una sincera comunione di beni, tanto spirituali quanto materiali.

Esorta  perciò  i  corinzi  a  mostrarsi  generosi  portando  loro  due esempi. Il primo è costituito dalle comunità della Macedonia che, pure  in  una  condizione  di  «estrema  povertà  hanno  sovrabbondato  nella  ricchezza  della  loro  generosità»  (8,2).  Si  può  essere poveri  di  tutto,  ma  ricchi  di  un  amore  fattivo  e  generoso.  L’apostolo,  tuttavia,  non  si  accontenta  di  additare  questo  modello, ne  propone  uno  più  alto:  quello  dello  stesso  Signore  Gesù  e della  parabola  esistenziale  da  lui  vissuta.

Nel  suo  grande  amore per  noi  si  è  fatto  povero,  si  è  spogliato  delle  sue  prerogative, a  nostro  vantaggio,  per  arricchire  noi.  È  però  singolare  il  modo nel  quale  Paolo  descrive  questa  parabola:  egli  non  dice,  come ci aspetteremmo, che Gesù ci arricchisce con la sua ricchezza, condividendo cioè con noi i suoi beni; al contrario, ci arricchisce con la sua povertà, donandoci la possibilità di vivere il suo stesso sentire, di entrare nel suo atteggiamento, di condividere il suo modo di essere e di agire.

Ad arricchirci realmente, a santificarci, a renderci «perfetti» come il Padre (cf. Mt 5,48), non è il possedere, ma il donare, lo spogliarsi, il vivere una dinamica di povertà che ci fa confidare non in ciò che possediamo, ma in ciò che sappiamo di dover attendere e ricevere da qualcun altro, da Dio e dai fratelli.

Solamente a questa condizione, soltanto se impariamo a spogliarci di noi stessi e del nostro interesse per cercare, come Gesù, il vantaggio dell’altro, possiamo imparare ad amare secondo quella misura esigente che il vangelo oggi ci propone. Possiamo cercare di giungere ad amare persino il nemico, secondo la misura smisurata dell’amore del Padre, solo percorrendo la via che  ci impoverisce di noi stessi e dei nostri possessi narcisistici per arricchirci della relazione con chi è altro da noi.

Padre, tu ci inviti a conoscere la grazia di tuo Figlio, a farne cioè viva esperienza, al punto che tutto il nostro essere venga trasformato dalla logica di colui che ha vissuto non per piacere a se stesso, ma a te e agli altri. Soltanto guardando a lui, soltanto vivendo animati e sostenuti dal dono della sua povertà, potremo giungere a vivere in quella perfezione d’amore che tu concedi a chi si fida delle tue promesse.

Leggi il Vangelo di oggi

Amate i vostri nemici.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5, 43-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Parola del Signore

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