Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.
XI settimana del tempo ordinario
III settimana del salterio
Da ricco che era
«Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2Cor 8,9).
Incontriamo qui una delle più dense formulazioni cristologiche delle lettere paoline. San Paolo svela quale sia il segreto della vita di Gesù. Lo fa in un contesto occasionale: sta invitando i corinzi a mostrarsi generosi nel partecipare alla colletta che ha organizzato a favore dei poveri della Chiesa madre di Gerusalemme. Anche questa raccolta di aiuti, tuttavia, ai suoi occhi assume un valore più simbolico e profondo. Non si tratta soltanto di un gesto di solidarietà; è soprattutto un segno di comunione.
Paolo ha sperimentato, anche a Corinto, difficoltà e tensioni tra la sua opera evangelizzatrice – che proclama la libertà del vangelo rispetto all’osservanza della Legge mosaica e alla circoncisione – e la visione di coloro che, provenendo dal giudaismo, ritenevano invece che non si dovessero abbandonare le tradizioni dei padri.
Posizioni, queste ultime, che trovavano un riferimento significativo proprio nella comunità giudaico-cristiana di Gerusalemme, radunata sotto la guida di Giacomo. Paolo non ha alcun dubbio, né esitazione, sul dover difendere il suo stile di evangelizzazione, nonché la prassi delle comunità da lui fondate; nello stesso tempo è consapevole che le differenze, anziché rompere la comunione, devono autenticarla, tanto più con la comunità di Gerusalemme, da riconoscere come madre e garante dell’unità dei discepoli di Cristo.
La colletta diviene allora segno di questa comunione che occorre saper intessere e onorare. Non si può certo parlare in questo caso di quell’inimicizia evocata dalle parole di Gesù nell’odierna pagina di Matteo; rimane pur vero che anche queste tensioni e fatiche vanno risolte nella logica di un amore che, come vedevamo ieri, deve avere un «passo più lungo», tale da oltrepassare gli inevitabili contrasti che prima o poi sorgono nelle relazioni umane.
Questo amore non può rimanere parola vuota, fumosa ed equivoca perché astratta; deve incarnarsi in gesti concreti e quotidiani, come quello che l’apostolo propone con insistenza alle sue comunità. Gesti che non solo dicano, ma realizzino una sincera comunione di beni, tanto spirituali quanto materiali.
Esorta perciò i corinzi a mostrarsi generosi portando loro due esempi. Il primo è costituito dalle comunità della Macedonia che, pure in una condizione di «estrema povertà hanno sovrabbondato nella ricchezza della loro generosità» (8,2). Si può essere poveri di tutto, ma ricchi di un amore fattivo e generoso. L’apostolo, tuttavia, non si accontenta di additare questo modello, ne propone uno più alto: quello dello stesso Signore Gesù e della parabola esistenziale da lui vissuta.
Nel suo grande amore per noi si è fatto povero, si è spogliato delle sue prerogative, a nostro vantaggio, per arricchire noi. È però singolare il modo nel quale Paolo descrive questa parabola: egli non dice, come ci aspetteremmo, che Gesù ci arricchisce con la sua ricchezza, condividendo cioè con noi i suoi beni; al contrario, ci arricchisce con la sua povertà, donandoci la possibilità di vivere il suo stesso sentire, di entrare nel suo atteggiamento, di condividere il suo modo di essere e di agire.
Ad arricchirci realmente, a santificarci, a renderci «perfetti» come il Padre (cf. Mt 5,48), non è il possedere, ma il donare, lo spogliarsi, il vivere una dinamica di povertà che ci fa confidare non in ciò che possediamo, ma in ciò che sappiamo di dover attendere e ricevere da qualcun altro, da Dio e dai fratelli.
Solamente a questa condizione, soltanto se impariamo a spogliarci di noi stessi e del nostro interesse per cercare, come Gesù, il vantaggio dell’altro, possiamo imparare ad amare secondo quella misura esigente che il vangelo oggi ci propone. Possiamo cercare di giungere ad amare persino il nemico, secondo la misura smisurata dell’amore del Padre, solo percorrendo la via che ci impoverisce di noi stessi e dei nostri possessi narcisistici per arricchirci della relazione con chi è altro da noi.
Padre, tu ci inviti a conoscere la grazia di tuo Figlio, a farne cioè viva esperienza, al punto che tutto il nostro essere venga trasformato dalla logica di colui che ha vissuto non per piacere a se stesso, ma a te e agli altri. Soltanto guardando a lui, soltanto vivendo animati e sostenuti dal dono della sua povertà, potremo giungere a vivere in quella perfezione d’amore che tu concedi a chi si fida delle tue promesse.
Leggi il Vangelo di oggi
Amate i vostri nemici.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5, 43-48In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo” e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».Parola del Signore