Commento al Vangelo di oggi, 19 Luglio 2019 – Mt 12, 1-8

C

Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

XV settimana del tempo ordinario
III Settimana del Salterio

Un solo Signore!

Nel  rito  della  Pasqua  nulla  dell’agnello  deve  avanzare  fino  al mattino  successivo.  Tutto  deve  essere  consumato.  «Quello  che al  mattino  sarà  avanzato,  lo  brucerete  nel  fuoco»  (Es  12,10).  La comunità  cristiana  avrà  gioco  facile  nel  riconoscere  in  queste prescrizioni  rituali  una  profezia  di  Gesù  e  della  sua  pasqua:  egli è il vero Agnello pasquale che si lascia consumare fino in fondo, che  dona  totalmente  e  senza  riserva  l’intera  sua  vita.  Nulla  in lui  rimane  che  non  venga  consumato  nella  dinamica  del  dono  di sé. Anche dell’agnello che gli israeliti mangiano in terra d’Egitto, nella  terra  della  loro  schiavitù,  tutto  è  offerto:  la  carne  arrostita al fuoco viene mangiata, insieme agli azzimi e alle erbe amare; il sangue invece viene asperso sui due stipiti e sull’architrave delle case, in segno di riconoscimento (cf. 12,7-8).

«Io vedrò il sangue e  passerò  oltre;  non  vi  sarà  tra  voi  flagello  di  sterminio  quando io  colpirò  la  terra  d’Egitto»  (12,13).  L’offerta  dell’agnello  ha  dunque  un  duplice  significato:  da  una  parte,  con  la  sua  carne,  nutre la  vita;  dall’altra,  con  il  suo  sangue,  libera  dalla  morte.  Anche  in questo caso è per noi facile la trasposizione simbolica: Gesù, offrendo il suo corpo e il suo sangue per noi, nutre la nostra vita e ci libera dalla morte. Non basta che la vita sia liberata dalla morte:  essa  deve  essere  alimentata  e  nutrita  nel  suo  pellegrinaggio storico  verso  il  Regno  di  Dio.

D’altra  parte,  perché  nutrire  la  vita nel  tempo,  se  poi  rimane  prigioniera  della  morte?  Se  spettasse alla  morte  l’ultima  parola  sulla  vita?  Non  è  della  morte  l’ultima parola: Gesù nutre una vita che è stata già liberata dalla morte. Quella dalla morte, tuttavia, è la liberazione culminante che include in sé tante liberazioni più parziali e circoscritte, di cui abbiamo bisogno. Gesù ci libera infatti anche dal legalismo di prescrizioni che  pretendono  di  regolare  in  tutto  la  vita  dell’uomo,  in  ogni suo  dettaglio,  definendo  che  cosa  può  fare  o  non  fare  in  giorno di  sabato.  Ci  libera  dalla  pretesa  di  condannare  persone  «senza colpa» (Mt 12,7), e così ci libera anche da quei sensi di colpa nei quali  finiamo  spesso  per  rimanere  intrappolati.

Ci  libera,  ancora, da  una  falsa  idea  di  Dio  e  della  relazione  con  lui,  che  pensiamo, sbagliando,  di  dover  fondare  su  una  logica  sacrificale.  Immaginiamo  di  dovergli  sempre  sacrificare  qualcosa,  privandocene.  I pani  dell’offerta  spettano  a  Dio  e  ai  suoi  sacerdoti,  noi  non  li possiamo toccare. Invece, ricorda Gesù, Davide e i suoi compagni ne  mangiarono,  violando  il  precetto  (cf.  12,3-4).  Eppure  sono  da considerare privi di colpa, perché il Signore non vuole che gli sacrifichiamo  i  nostri  bisogni.  Desidera  piuttosto  che  lo  cerchiamo come  colui  che  si  prende  cura  del  nostro  bisogno,  che  sazia  la nostra  fame,  disseta  la  nostra  sete.  Nel  vero  Agnello  pasquale, Gesù  Cristo  crocifisso  e  risorto,  è  Dio  stesso  che  offre  per  noi il  suo  Unigenito,  rivelandoci  così,  in  modo  chiaro  e  definitivo, che  non  vuole  che  siamo  noi  a  sacrificare  i  nostri  agnelli  o  altri beni  per  lui.

La  prospettiva  si  capovolge:  se  Israele  aveva  dovuto  sacrificare  l’agnello  per  Dio,  ora  è  Dio  che  sacrifica  il  proprio Agnello per noi. O meglio, più che sacrificarlo, lo dona nell’amore e  per  amore,  perché  in  lui  tutto  venga  consumato  dall’amore. In  lui  la  nostra  vita  può  alimentarsi  e  riconoscersi  liberata  dalla morte  e  da  ogni  altra  schiavitù.  Ciò  che  Dio  davvero  vuole  non sono i nostri sacrifici, ma che viviamo secondo il respiro della sua misericordia. Quella misericordia con la quale egli offre suo Figlio per  la  nostra  salvezza;  quella  misericordia  nella  quale  ci  chiede di prenderci cura gli uni degli altri.

Se,  nella  sensibilità  farisaica,  così  scrupolosa  nell’osservanza dei precetti, il sabato sembra possedere una signoria inviolabile, Gesù ricorda che è il Figlio dell’uomo a essere «signore del sabato»  (12,8).  Dobbiamo  perciò  riconoscere  un  solo  signore: Gesù Cristo. Un signore che nutre la nostra vita liberandola dalla morte.

Signore Gesù, tu ti sei rivelato come il vero Agnello pasquale, che nulla ha trattenuto per sé, ma tutto ha donato nell’amore per noi e per la nostra vita. Tu sei il Signore del sabato, che ci riveli come i precetti di Dio siano per la vita dell’uomo, per la sua gioia, non per la sua condanna. Tu sei l’Unigenito che il Padre offre per noi, per educarci a vivere la relazione con lui non su ciò che offriamo, ma su ciò che riceviamo.

Leggi il Vangelo di oggi

Il Figlio dell’uomo è signore del sabato.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 12, 1-8

In quel tempo Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle.
Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato».
Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».

Parola del Signore

Commenti

tre × quattro =

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.