Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.
XV settimana del tempo ordinario
III Settimana del Salterio
Un solo Signore!
Nel rito della Pasqua nulla dell’agnello deve avanzare fino al mattino successivo. Tutto deve essere consumato. «Quello che al mattino sarà avanzato, lo brucerete nel fuoco» (Es 12,10). La comunità cristiana avrà gioco facile nel riconoscere in queste prescrizioni rituali una profezia di Gesù e della sua pasqua: egli è il vero Agnello pasquale che si lascia consumare fino in fondo, che dona totalmente e senza riserva l’intera sua vita. Nulla in lui rimane che non venga consumato nella dinamica del dono di sé. Anche dell’agnello che gli israeliti mangiano in terra d’Egitto, nella terra della loro schiavitù, tutto è offerto: la carne arrostita al fuoco viene mangiata, insieme agli azzimi e alle erbe amare; il sangue invece viene asperso sui due stipiti e sull’architrave delle case, in segno di riconoscimento (cf. 12,7-8).
«Io vedrò il sangue e passerò oltre; non vi sarà tra voi flagello di sterminio quando io colpirò la terra d’Egitto» (12,13). L’offerta dell’agnello ha dunque un duplice significato: da una parte, con la sua carne, nutre la vita; dall’altra, con il suo sangue, libera dalla morte. Anche in questo caso è per noi facile la trasposizione simbolica: Gesù, offrendo il suo corpo e il suo sangue per noi, nutre la nostra vita e ci libera dalla morte. Non basta che la vita sia liberata dalla morte: essa deve essere alimentata e nutrita nel suo pellegrinaggio storico verso il Regno di Dio.
D’altra parte, perché nutrire la vita nel tempo, se poi rimane prigioniera della morte? Se spettasse alla morte l’ultima parola sulla vita? Non è della morte l’ultima parola: Gesù nutre una vita che è stata già liberata dalla morte. Quella dalla morte, tuttavia, è la liberazione culminante che include in sé tante liberazioni più parziali e circoscritte, di cui abbiamo bisogno. Gesù ci libera infatti anche dal legalismo di prescrizioni che pretendono di regolare in tutto la vita dell’uomo, in ogni suo dettaglio, definendo che cosa può fare o non fare in giorno di sabato. Ci libera dalla pretesa di condannare persone «senza colpa» (Mt 12,7), e così ci libera anche da quei sensi di colpa nei quali finiamo spesso per rimanere intrappolati.
Ci libera, ancora, da una falsa idea di Dio e della relazione con lui, che pensiamo, sbagliando, di dover fondare su una logica sacrificale. Immaginiamo di dovergli sempre sacrificare qualcosa, privandocene. I pani dell’offerta spettano a Dio e ai suoi sacerdoti, noi non li possiamo toccare. Invece, ricorda Gesù, Davide e i suoi compagni ne mangiarono, violando il precetto (cf. 12,3-4). Eppure sono da considerare privi di colpa, perché il Signore non vuole che gli sacrifichiamo i nostri bisogni. Desidera piuttosto che lo cerchiamo come colui che si prende cura del nostro bisogno, che sazia la nostra fame, disseta la nostra sete. Nel vero Agnello pasquale, Gesù Cristo crocifisso e risorto, è Dio stesso che offre per noi il suo Unigenito, rivelandoci così, in modo chiaro e definitivo, che non vuole che siamo noi a sacrificare i nostri agnelli o altri beni per lui.
La prospettiva si capovolge: se Israele aveva dovuto sacrificare l’agnello per Dio, ora è Dio che sacrifica il proprio Agnello per noi. O meglio, più che sacrificarlo, lo dona nell’amore e per amore, perché in lui tutto venga consumato dall’amore. In lui la nostra vita può alimentarsi e riconoscersi liberata dalla morte e da ogni altra schiavitù. Ciò che Dio davvero vuole non sono i nostri sacrifici, ma che viviamo secondo il respiro della sua misericordia. Quella misericordia con la quale egli offre suo Figlio per la nostra salvezza; quella misericordia nella quale ci chiede di prenderci cura gli uni degli altri.
Se, nella sensibilità farisaica, così scrupolosa nell’osservanza dei precetti, il sabato sembra possedere una signoria inviolabile, Gesù ricorda che è il Figlio dell’uomo a essere «signore del sabato» (12,8). Dobbiamo perciò riconoscere un solo signore: Gesù Cristo. Un signore che nutre la nostra vita liberandola dalla morte.
Signore Gesù, tu ti sei rivelato come il vero Agnello pasquale, che nulla ha trattenuto per sé, ma tutto ha donato nell’amore per noi e per la nostra vita. Tu sei il Signore del sabato, che ci riveli come i precetti di Dio siano per la vita dell’uomo, per la sua gioia, non per la sua condanna. Tu sei l’Unigenito che il Padre offre per noi, per educarci a vivere la relazione con lui non su ciò che offriamo, ma su ciò che riceviamo.
Leggi il Vangelo di oggi
Il Figlio dell’uomo è signore del sabato.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 12, 1-8In quel tempo Gesù passò, in giorno di sabato, fra campi di grano e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere delle spighe e a mangiarle.
Vedendo ciò, i farisei gli dissero: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato».
Ma egli rispose loro: «Non avete letto quello che fece Davide, quando lui e i suoi compagni ebbero fame? Egli entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che né a lui né ai suoi compagni era lecito mangiare, ma ai soli sacerdoti. O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio vìolano il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui vi è uno più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: “Misericordia io voglio e non sacrifici”, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato».Parola del Signore