Commento al Vangelo di oggi, 2 Giugno 2019 – Lc 24, 46-53

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

Ascensione del Signore (solennità)

VII settimana di Pasqua – Proprio

Testimoni

La vita della Chiesa, che «da Gerusalemme» (At 1,4) è chiamata a estendere la sua vitalità «fino ai confini della terra» (1,8), prende avvio  proprio  da  quel  gesto  di  allontanamento  che  il  Signore compie di fronte agli sguardi trasognati dei suoi discepoli: «Mentre  lo  guardavano,  fu  elevato  in  alto  e  una  nube  lo  sottrasse  ai loro occhi» (1,9). Il Risorto viene «portato su, in cielo» (Lc 24,51), non  prima  di  aver  dischiuso  all’intelligenza  dei  suoi  amici  una nuova  modalità  di  restare  insieme  per  continuare  la  costruzione del Regno di Dio nella storia e per l’eternità: «Riceverete la forza dallo  Spirito  Santo  che  scenderà  su  di  voi,  e  di  me  sarete  testimoni» (At 1,8).

Ecco la ragione ultima per cui il Testimone fedele del Padre si separa dal suo corpo ecclesiale: consentire la discesa sulla terra, completa e permanente, dello Spirito Santo che rende gli apostoli capaci di essere testimoni del mistero pasquale. Attraverso un linguaggio più teologico, l’autore della Lettera agli Ebrei interpreta questa ascensione del Signore come un gesto tutto orientato    a infonderci la speranza di una vita più grande: Cristo è entrato«nel  cielo  stesso,  per  comparire  ora  al  cospetto  di  Dio  in  nostro favore» (Eb 9,24) e così aprirci una «via nuova e vivente» (10,20) per accostarci al Padre con «piena libertà» (10,19).

Accedere  e  rimanere  in  questa  libertà  è  tutt’altro  che  scontato, perché è sempre molto radicato in noi il desiderio che sia ancora  un  altro  –  Dio  –  a  compiere  quello  che  invece  tocca  ormai  a noi  assumere  come  responsabilità:  «Signore,  è  questo  il  tempo nel  quale  ricostituirai  il  regno  per  Israele?»  (At  1,6).  Noi  tutti volentieri  resteremmo  «a  guardare  il  cielo»  (1,11),  anziché  riconoscere che, dopo l’immersione nelle acque battesimali, i nostri«cuori»  sono  ormai  stati  «purificati  da  ogni  cattiva  coscienza» e  il  nostro  «corpo  lavato  con  acqua  pura»  (Eb  10,22).  Ciò  che qualifica  a  essere  «testimoni»  dell’evento  pasquale  non  è  la forza o la coerenza della vita, ma il desiderio del Signore risorto di  predicare  «a  tutti  i  popoli  la  conversione  e  il  perdono  dei peccati»  (Lc  24,47)  proprio  attraverso  la  voce  di  quanti,  dopo averlo  incontrato  e  accolto,  ormai  «l’aspettano  per  la  loro  salvezza»  (Eb  9,28).

Infatti,  prima  di  avventurarsi  nella  missione  apostolica  di  testimonianza  e  di  annuncio,  gli  apostoli  sono  invitati  dal  Signore  a non  fare  nulla,  se  non  rimanere  precisamente  là  dove  sono,  per essere interiormente e pienamente abitati da quel dono che solo nello spazio della comunione ecclesiale è possibile ricevere: «Voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto» (Lc 24,49).

Accettare le conseguenze dell’ascensione di Cristo vuol dire essere disposti a giocarsi autenticamente in quella porzione di tempo e  di  spazio  in  cui  la  provvidenza  di  Dio  ci  ha  posto,  là  dove  le nostre relazioni fondamentali ci stanno educando a vivere la vita con  lucida  e  disincantata  passione.  Occorre  rimanere  non  dove avremmo potuto o voluto essere, non in una migliore esperienza spirituale  rispetto  a  quella  che  ci  è  capitata,  ma  proprio  là  dove siamo e dove la provvidenza di Dio ci chiama a essere. Il Signore si  è  dunque  allontanato  da  noi  solo  per  poter  moltiplicare  e  intensificare  la  sua  presenza,  facendo  diventare  la  nostra  umanità il  segno  concreto  della  sua  sensibilità  alla  nostra  vita  umana.

Siamo  dunque  noi  i  testimoni  della  Pasqua,  noi  che  sbagliamo ancora,  eppure  rimaniamo  uniti  al  Signore,  attraverso  la  sua  Parola,  i  sacramenti,  la  vita  della  Chiesa  e  l’impegno  nel  mondo. Noi,  che  spesso  ci  sentiamo  deboli,  inadeguati,  nudi  e  poveri, ma  che  possiamo  ormai  vivere  «senza  alcuna  relazione  con  il peccato»  (Eb  9,28),  non  perché  estranei  alle  sue  seduzioni,  ma perché continuamente perdonati da un amore che ci precede e ci segue fino agli inferi della morte. Proprio noi, chiamati oggi ad abbassare lo sguardo dal cielo, per cercare e incontrare negli altri quei fratelli a cui annunciare il vangelo di Dio, siamo e saremo «testimoni» (At 1,8; Lc 24,48) della vita nuova in Cristo.

Signore risorto, che ti sei allontanato da noi per renderci responsabili della nostra dignità, segnata eppure salvata dalla debolezza, rendici testimoni viventi del tuo mistero d’amore, che non vuole toglierci il necessario ma donarci di più. Fa’ di noi i testimoni di una vita che continuiamo a ricevere qui, dove siamo e come siamo, accanto agli altri e rivestiti di te.

Leggi il Vangelo di oggi

Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 24, 46-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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