Commento al Vangelo di oggi, 23 Giugno 2019 – Lc 9, 11b-17

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

Ss. Corpo e Sangue di Cristo (solennità)

XII settimana del tempo ordinario

Noi stessi

La solennità del Corpo e Sangue del Signore manifesta il cuore della nostra fede, con la sua capacità di ricondurre ogni sguardo all’immenso amore di Dio per l’umanità e collocando il quadro della nostra esistenza, spesso confuso e ferito, nella cornice della vita eterna.

A una comunità cristiana giovane, eppure già molto esposta  al  rischio  di  smentire  il  vincolo  della  fraternità  –  poiché durante la cena del Signore «uno ha fame, l’altro è ubriaco» (1Cor 11,21) –, l’apostolo Paolo cerca di offrire le parole necessarie per ritrovare i lineamenti essenziali di un mistero che solo molto più tardi  sarebbe  diventato,  nella  coscienza  della  Chiesa,  il  santissimo  sacramento  del  corpo  e  del  sangue  del  Signore:  «Ogni  volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga» (11,26).

Mentre siamo portati a pensare che annunciare significhi semplicemente  consegnare  un  messaggio  a  qualcuno,  le  parole  dell’apostolo ci costringono a cercare il senso di una possibile testimonianza al Signore non tanto in qualcosa che possiamo dire o fare, ma anzitutto nella modalità in cui ci lasciamo educare dalla liturgia a celebrare e accogliere il dono del suo corpo. Sempre, quando ci nutriamo del cibo eucaristico, noi rinnoviamo l’annuncio del vangelo,  perché  manifestiamo  al  mondo  l’incontro  tra  la  nostra povertà  e  la  ricchezza  del  dono  di  Dio.

Per  questo,  il  misterioso re di Salem (Melchisedek) è stato da sempre assunto come figura della grazia di Cristo che, attraverso l’offerta del suo corpo e del suo sangue in sacrificio, mostra come Dio e l’uomo non possano che  essere  benedetti  dalla  stessa  parola  e  dal  medesimo  gesto di  comunione:  «Sia  benedetto  Abram  dal  Dio  altissimo,  creatore del  cielo  e  della  terra,  e  benedetto  sia  il  Dio  altissimo,  che  ti  ha messo in mano i tuoi nemici» (Gen 14,19-20). Quando questo reciproco  incontro  di  offerta  e  accoglienza  si  compie,  non  può  che sprigionarsi  la  più  limpida  conseguenza  dell’amore  di  Dio,  che  è la capacità di restituire ogni cosa nella libertà e nella gratuità: «E [Abramo] diede a lui la decima di tutto» (14,20).

Del resto, sappiamo bene che il corpo del Signore ci è offerto per favorire la trasformazione della nostra umanità secondo l’immagine  dell’amore  trinitario,  superando  la  misura  di  ogni  desiderio  e di ogni umana speranza. Se nella vita naturale siamo noi a trasformare i cibi, prendendo da essi ciò che serve al nostro organismo per  il  suo  funzionamento  e  la  sua  crescita,  nella  vita  spirituale accade  esattamente  il  contrario:  mangiando  del  pane  eucaristico e bevendo il calice della salvezza è il Signore Gesù che nutre e fa maturare  la  nostra  realtà  di  uomini  e  donne  creati  a  immagine  e somiglianza  della  divina  bellezza.

Il  miracolo  della  divisione  dei pani, narrato nel vangelo di oggi, diventa l’occasione per riscoprire la direzione e il senso di questa sublime trasformazione. Al pari dei  discepoli,  anche  noi  abbiamo  tante  volte  l’impressione  che manchi il necessario per vivere insieme e per essere felici, quando ci  fermiamo  alla  consapevolezza  che  «qui  siamo  in  una  zona  deserta» (Lc 9,12). Il Signore Gesù non si sofferma sulle circostanze esteriori, ma sulla ricchezza delle motivazioni che possono trasformare ogni deserto in spazio di vita, ogni volta che si è disposti a non trattenere, ma a offrire il poco che si è (ricevuto): «Voi stessi date  loro  da  mangiare»  (9,13).

Accogliendo  il  Signore  come  cibo, scopriamo che pure noi stessi siamo chiamati a diventare un vero nutrimento per la vita degli altri. Perché la vita resta abbondante non  quando  la  preserviamo  e  la  difendiamo,  ma  quando  siamo disposti a offrirla nella libertà. Arrendendoci all’idea che dare non è  conveniente,  ma  è  l’unica  scelta  capace  di  placare  tutto  il  desiderio  del  nostro  cuore:  «Tutti  mangiarono  a  sazietà  e  furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste» (9,17).

Signore Gesù, nel tuo corpo e nel tuo sangue offerti possiamo imparare a riconoscere noi stessi, destinatari di questa tua benedizione e chiamati a donarci in tutto, nei beni e nell’umanità. Con il tuo aiuto, noi stessi possiamo diventare quel pane diviso e consegnato ai fratelli, quella mancanza trasformata in sazietà, quel desiderio di avere, esaudito nel dare noi stessi.

Leggi il Vangelo di oggi

Tutti mangiarono a sazietà.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 9, 11b-17

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».

Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Parola del Signore

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