Commento al Vangelo di oggi, 26 Giugno 2019 – Mt 7, 15-20

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

XII settimana del tempo ordinario
IV settimana del salterio

Frutti buoni o cattivi?

Nel primo libro di Samuele ci viene offerto un criterio importante per  operare  un  discernimento  secondo  Dio  sia  sugli  avvenimenti che  sulle  persone.  Si  tratta  delle  parole  che  il  Signore  rivolge  a Samuele  nel  momento  della  scelta  del  re  chiamato  a  succedere a  Saul:  «Non  conta  quel  che  vede  l’uomo:  infatti  l’uomo  vede l’apparenza,  ma  il  Signore  vede  il  cuore»  (1Sam  16,7).

Di  fronte alla  realtà  il  nostro  sguardo  non  può  fermarsi  semplicemente  a ciò  che  vede.  L’apparenza  è  sempre  connotata  da  una  sorta  di ambiguità.  Non  si  tratta  di  essere  sospettosi  su  tutto,  ma  piuttosto  di  non  accontentarsi  di  una  bellezza  o  di  una  bontà  che possono  apparire  in  superficie.  È  necessario  un  discernimento che  parta  da  questa  domanda:  quella  bellezza  e  quella  bontà che  si  mostrano  ai  miei  occhi  sono  autentiche,  hanno  una  reale consistenza,  sono  affidabili  oppure  sono  fragili,  sono  maschere che nascondono un qualcosa di non vero, non autentico?

L’uomo, come  ci  ricorda  il  testo  citato,  rischia  sempre  di  accontentarsi  di ciò  che  l’occhio  riesce  a  catturare.  Il  discernimento  a  cui  invita il  Signore  orienta  all’interiorità,  a  ciò  che  è  nascosto  nel  cuore, perché è questo il luogo della verità.

Anche Gesù, nella pericope di Matteo proposta oggi dalla liturgia, ci mette in guardia da questo rischio, da questo occhio superficiale che rimane catturato dall’apparenza, dal fascino e non va oltre, non  opera  un  reale  discernimento.  Gesù  ha  appena  ricordato  al suo  discepolo  che  «la  lampada  del  corpo  è  l’occhio»  (Mt  6,22), cioè che l’occhio esercita una capacità di giudizio e, se lo sguardo non  è  illuminato  da  un  retto  discernimento,  il  giudizio  è  errato, diventa tenebra.

D’altra parte, un discernimento illuminato e guidato  dallo  Spirito  di  Dio  non  si  ferma  a  ciò  che  vede.  Infatti,  subito dopo aver usato questa immagine dell’occhio, Gesù mette in guardia  da  alcune  modalità  errate  di  esercitare  un  discernimento che  partono  da  criteri  superficiali,  legati  all’apparenza:  si  giudica  con  durezza  il  comportamento  dell’altro  oppure  si  percorrono cammini  nella  vita  affascinati  dalle  promesse  apparenti  che  essi offrono.

Non  si  va  oltre,  non  si  giunge  al  «cuore».  Nel  brano  di oggi  viene  presentato  un  altro  discernimento  da  operare.  Come distinguere  un  vero  profeta  da  uno  falso?  Probabilmente  nella comunità  di  Matteo  erano  presenti  dei  cristiani  che  si  camuffavano  dietro  una  facciata  rispettabile;  in  realtà  erano  portatori  di deviazioni nella comunità. Approfittando del loro ascendente, del loro fascino, orientavano a scelte non conformi alla Parola di Dio, all’evangelo.

Gesù offre un criterio di discernimento molto concreto per smascherare la falsità di questi sedicenti «profeti». «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete» (7,15-16). Ciò  che  smaschera  la  falsità  e  l’ambiguità  della  loro  parola  è  la loro vita concreta. E qui Gesù usa un’immagine che rende certo e indubitabile questo criterio di discernimento: «Ogni albero buono produce  frutti  buoni  e  ogni  albero  cattivo  produce  frutti  cattivi» (7,17).  Come  la  bontà  o  meno  dell’albero  risulta  dalla  natura  dei frutti  che  si  possono  vedere  e  raccogliere,  così  discriminante  per il profeta è la fedeltà alla Parola di Dio.

Solo così diventa affidabile ciò che dice e ciò che insegna. È sempre necessario valutare una  corrispondenza  tra  l’essere  profondo  della  persona  e  le  sue azioni esterne e visibili. La bontà e la verità non possono essere solo un rivestimento esteriore fatto di parole e di belle idee: devono nascere da un cuore buono e vero, devono avere radici nelle bontà e nella verità di Dio. Solo così si è credibili e affidabili. È un invito anche per noi a discernere quale tipo di albero siamo e quali frutti portiamo.

O, fuori metafora, è un invito a discernere qual  è  la  qualità  della  nostra  testimonianza.  Abbiamo  sempre  il rischio di trasformare la nostra testimonianza in parole vuote, che non  coinvolgono  la  vita  e  non  comunicano  la  bellezza  dell’evangelo. Forse non daremo frutti cattivi, ma probabilmente la nostra testimonianza  sarà  simile  a  quel  fico  carico  di  foglie,  ma  senza frutto da raccogliere e gustare.

Signore Gesù, solo se rimaniamo in te possiamo portare molto frutto. Rendi buono il terreno del nostro cuore con l’acqua del tuo Spirito; liberalo da ogni impurità; semina in esso la tua Parola di vita perché in esso possa maturare il frutto che tu gradisci.

Leggi il Vangelo di oggi

Dai loro frutti li riconoscerete.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 7, 15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete.
Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».

Parola del Signore.

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