Commento al Vangelo di oggi, 29 Agosto 2019 – Mc 6, 17-29

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

Martirio di s. Giovanni Battista (memoria)
I settimana del salterio

La forza del testimone

«Ed ecco, oggi io faccio di te come una città fortificata […] contro i re di Giuda e i suoi capi, contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese. Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno, perché io sono con  te  per  salvarti»  (Ger  1,18-19).  In  queste  parole  che  il  Signore rivolge  a  Geremia  è  tracciato  il  destino  singolare  di  ogni  profeta.  Il  profeta  è  chiamato  a  essere  bocca  di  Dio,  per  pronunciare quelle  parole  che  aiutano  gli  uomini  a  discernere  il  giudizio  di Dio  sulla  loro  storia  e  ad  annunciare  la  salvezza  per  coloro  che si convertono.

Sono parole a volte molto dure, che smascherano quell’idolatria  dietro  la  quale  l’uomo  si  nasconde;  sono  parole esigenti  che  chiamano  a  un  cambiamento  radicale  di  vita;  sono parole  di  consolazione  per  i  poveri  e  i  piccoli.  Il  profeta  vive  di queste parole  e  non può  sottrarsi a  esse. Ma  esse  sono  anche il suo  tormento  e  a  volte  la  sua  delusione  quando  sono  rifiutate, quando  apparentemente  sembrano  troppo  deboli  per  cambiare le  contraddizioni  della  storia.  Ciò  che  Dio  dice  a  Geremia  rivela il  dramma  di  ogni  profeta.  La  forza  che  lo  sostiene  viene  dal  Signore, perché la parola che è chiamato a pronunciare è Parola di Dio  e  Dio  cammina  accanto  a  lui.  Ma  questo  non  lo  esime  dalla sofferenza,  dalla  solitudine,  dall’incomprensione,  dalla  persecuzione, dalla morte.

Tutto questo, anche se in forme diverse, si ripete nella vita di ogni profeta. Anche la vita del precursore del Messia, la vita di Giovanni il Battista, è segnata dal dramma della morte violenta     a causa della Parola di Dio. Al capitolo 6 del suo racconto, l’evangelista Marco ricostruisce la passione del Battista narrandone l’arresto con la motivazione della condanna, l’esecuzione e la sepoltura. Ciò che impressiona in questo racconto è il contrasto tra la fermezza del profeta, che ha il coraggio di denunciare l’incoerenza e l’immoralità di Erode, e la debolezza di questo re aggirato dall’astuzia di Erodiade, la moglie del fratello che convive con lui.

«Giovanni infatti diceva a Erode: “Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello”» (Mc 6,18). In Giovanni brucia tutta quella passione  per  la  verità  e  la  santità  di  Dio  che  ha  sempre  caratterizzato i profeti, nella coscienza che il Dio unico esige una totale e  incondizionata  dedizione.  Per  questo  non  teme  nulla:  tutta  la sua  vita  è  assorbita  da  quella  Parola  di  verità  che  è  chiamato a  testimoniare  e  annunciare  presente  nel  mondo,  quella  Parola fatta  carne  che  dona  salvezza  a  ogni  uomo.

Profeta  dell’attesa  e della rinuncia, Giovanni ha vegliato come una sentinella nel cuore della  notte;  appena  ha  scorto  il  sorgere  del  sole,  lo  ha  annunciato  e  poi  si  è  messo  da  parte,  come  uno  che  ha  terminato  il suo compito: «Lui deve crescere; io, invece, diminuire» (Gv 3,30). Dio gli ha chiesto un nascondimento così radicale da fargli vivere quel mistero di spogliazione e passione che solo la luce della Pasqua avrebbe pienamente illuminato. Infatti, come Cristo ha dato la  vita  per  il  mondo  morendo  sulla  croce,  così  Giovanni,  il  suo precursore, accetta di percorrere lo stesso cammino di donazione radicale, morendo per testimoniare la verità di Dio.

Proprio in questo radicale silenzio, che giunge sino a quella morte violenta che sembra spegnere la forza della Parola, proprio in quella vita senza apparenti conquiste, come chi vede una meta solo da lontano e ne gioisce solo con lo sguardo, sta la testimonianza di Giovanni per noi e per la Chiesa d’oggi: vivere e morire solo per Cristo, aiutare i fratelli e le sorelle a incontrare Cristo, indicare e testimoniare lui, non se stessi.

E poi lasciare che lui cresca nel fratello, accettare di mettersi da parte, nell’umile gioia  di chi ha compiuto la sua missione. E non è facile oggi, quando    si è tentati di apparire continuamente, di imporsi, di dimenticare che solo l’umile servizio dona la qualità di un’autentica testimonianza. Si è testimoni gridando la Parola di verità, ma si è anche testimoni lasciando che questa Parola gridi attraverso l’umiltà della nostra vita.

Tu hai chiamato, o Padre, il tuo profeta Giovanni a camminare innanzi al tuo Figlio nella via della croce come testimone della tua Parola che giudica e salva. Concedi anche a noi la forza di esserti fedeli sino alla fine nell’amore alla tua verità e nel dono della nostra vita.

Leggi il Vangelo di oggi

«Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista».

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 6, 17-29

In quel tempo, Erode aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.

E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.

Parola del Signore

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