Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.
Giornata per la carità del papa
Indice
XIII settimana del tempo ordinario
I settimana del salterio
A libertà
In questa domenica la liturgia ci mostra il volto di un Cristo talmente convinto della decisione maturata nel suo cuore – rivelare al mondo il volto del Padre – da saper indurire il volto per poter compiere il suo «cammino verso Gerusalemme» (Lc 9,51). La determinazione nei confronti della volontà che Dio ci affida non può mai autorizzare forme di esclusione o di aggressione verso gli altri. Semmai ci impone di congedarci seriamente da quella parte di noi pavida e immatura, che rischia continuamente di perdere la libertà di trasformare la nostra vita in un «generoso servizio dei fratelli» (Colletta).
Eliseo se ne stava tranquillo seduto sull’ultimo di «dodici paia di buoi» quando, all’improvviso, gli passa «vicino» Elia, il profeta ardente come il fuoco, e gli getta «addosso il suo mantello» (1Re 19,19). Un gesto fortissimo, profondamente simbolico, dal momento che il mantello, nella cultura semitica, rappresenta la persona stessa che lo possiede. È il diritto inalienabile dei poveri, l’indispensabile protezione contro le insidie del deserto, che di giorno fiacca il vigore con il caldo mentre di notte sferza i corpi con le basse temperature.
Eliseo, però, cerca di dilazionare la chiamata appena ricevuta, indicando una ragione apparentemente molto condivisibile: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò» (19,20). Egli non si rende conto subito che questo mantello piombato sulle sue spalle è un invito a trasformare immediatamente la vita in una generosa sequela, del tutto simile a quello che il Signore formula con grande libertà a un tale lungo la strada: «Seguimi» (Lc 9,59).
Nelle occasioni in cui siamo chiamati ad assumere l’urgente compito di dare forma alla nostra libertà, spesso dobbiamo fare i conti con una parte infantile di noi stessi, che ha paura di accettare tutte le conseguenze di una vita adulta. Ci rifugiamo volentieri nelle nostre «tane» (9,58) e nei nostri nascondigli, pur di non aprirci all’inevitabile destino che ci sollecita e ci attende:
«Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre» o «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia» (9,59.61).
Seppellire i morti, congedarsi da casa è il nostro tentativo di risolvere il periodo dell’infanzia, chiudendo definitivamente i conti col passato. Ma, nella pienezza dei tempi, il Signore Gesù ci ricorda che possiamo ormai concepirci come figli amati, «chiamati a libertà» (Gal 5,13), perché la nostra vita non è solo determinata dalle premesse biologiche, ma anche animata dalle promesse di Dio. Per questo Gesù si permette di collocare la priorità del Regno di Dio in mezzo a tutte le urgenze che affollano i nostri pensieri: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio» (Lc 9,60). Sono parole che vogliono scuoterci da inutili torpori, simili a quelle con cui Paolo prova a scaldare e a incalzare il cuore dei fratelli della chiesa di Galazia:
«Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù» (Gal 5,1). Ci sono momenti nella vita di tutti in cui l’unica cosa da fare è permettere a ciò che è morto di morire e a ciò che deve nascere di poter venire finalmente alla luce. Non è possibile risolvere fino in fondo la nostra infanzia, con i suoi traumi e i suoi vuoti. Ciò che può invece salvarci è la missione che Dio ci affida e che può innestarsi sul tessuto della nostra umanità, da cui è sempre possibile ricominciare a vivere «mediante l’amore» (5,13).
Pretendere di risolvere la trama confusa della nostra storia prima di offrire a Dio la nostra disponibilità, nasconde il disperato tentativo di costruire un percorso di salvezza fondato ancora sulle nostre forze. Non resta allora che disattendere la voce delle inutili domande, rinunciare al fascino di guardare indietro alla ricerca di cause e responsabilità, smettere di girovagare nei labirinti della memoria, per abbracciare con gioia quella missione che tutti abbiamo da compiere per annunciare la «pienezza» (5,14) di una vita nuova, guidata «dallo Spirito» (5,18), dove tutti siamo «chiamati a libertà» (5,13).
Signore Gesù, anche nell’ordinarietà del tempo tu ci indichi il cammino pasquale, fatto di passione per una vita adulta nell’amore e di liberazione da nostalgia, ricordi, colpe nostre e altrui. Fa’ che impariamo a essere felici di essere chiamati a libertà, autorizzati a lasciarci alle spalle i nodi ancora irrisolti, scelti per ricevere il mantello di una nuova identità.
Leggi il Vangelo di oggi
Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 9, 51-62Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».
Parola del Signore