Commento al Vangelo di oggi, 6 Giugno 2019 – Gv 17,20-26

C

Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

S. Norberto, vescovo (memoria facoltativa)

VII settimana di Pasqua – III settimana del salterio

Il tuo nome è Fortezza, alleluia!

La preghiera che il Signore Gesù fa salire verso il Padre suo non cerca di mettere al riparo se stesso dalla passione, ma si concentra su ciò di cui i discepoli – e noi con loro – hanno bisogno per perseverare nella loro fede e non soccombere nel tempo della prova.  Se  gli  occhi  del  Signore  Gesù  sono  puntati  verso  il  cielo, nondimeno i suoi piedi sono saldamente piantati sulla terra della concretezza  delle  vicende  quotidiane.

Sono  tante  le  preoccupazioni del Signore Gesù pensando al futuro dei suoi discepoli, ma una  resta  centrale  perché  radicalmente  essenziale:  «Non prego solo  per  questi,  ma  anche  per  quelli  che  crederanno  in  me mediante  la  loro  parola:  perché  tutti  siano  una  sola  cosa;  come  tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,20-21). L’unità dei discepoli non è semplicemente una questione di buon ordine o di serenità nella  vita  della  comunità,  ma  è  una  questione  teologica  irrinunciabile.

La  Chiesa,  se  vuole  essere  autenticamente  il  corpo  di Cristo,  deve essere  capace  di  vivere  del  dinamismo  della  Trinità: una comunione radicale capace di integrare e di esaltare le differenze senza trasformarle in fonte di conflitti e di contrapposizioni. Proprio  questo  avviene  durante  il  confronto  tra  Paolo  e  i  suoi accusatori: «Scoppiò una disputa tra farisei e sadducèi e l’assemblea  si  divise»  (At  23,7).  La  divisione  a  livello  teorico-dottrinale si  basa  sulla  fede  o  meno  nella  «risurrezione»  (23,8).  In realtà, ogni  contrapposizione  è  il  frutto  di  una  mancanza  di  attenzione verso l’altro per un eccesso di attenzione verso se stessi. Quanti accusano Paolo  non  sono  interessati  se  non  alla  conservazione dei propri privilegi, senza avere la disposizione a lasciarsi limitare e amplificare dalla sensibilità e dai bisogni degli altri.

La «disputa  si  accese  a  tal  punto  che  il  comandante,  temendo  che Paolo venisse linciato da quelli, ordinò alla truppa di scendere, portarlo via e ricondurlo nella fortezza» (23,10). La «fortezza» in cui Paolo viene ricondotto  può  diventare  il  simbolo  di  ciò  che  il  Signore Gesù chiede insistentemente al Padre per i suoi discepoli di sempre e di ogni luogo: l’unità! Il dono dell’unità che viene dal Padre non può che essere il frutto di un’umiltà del cuore che sa andare oltre  i  propri  pensieri,  e  persino  oltre i  propri  sacri  principi,  per fare spazio all’altro nella sua realtà e nella sua diversità.

L’antidoto alla sterile «disputa» è la memoria dell’amore ricevuto e della misericordia di cui si è stati ricolmati. Le parole oranti del Signore  Gesù diventano  un  criterio  di  discernimento  e  una  bussola  di  orientamento: «E  io  ho  fatto  conoscere  loro  il  tuo  nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro» (Gv 17,26).

Questa parola del Signore risorto diventa  ancora  più  forte  in  prossimità della  Pentecoste.  Mentre l’invocazione di una rinnovata effusione dello Spirito si fa ardente, chiediamo che il suo fuoco riversi nei nostri cuori una misura abbondante di amore. Che lo Spirito illumini la nostra intelligenza per  essere  consapevoli  del  grande  dono  che  riceviamo.  Questa consapevolezza  ci  obbliga  a  costruire  insieme  la  «fortezza»  di quell’unità che tutti custodisce fino a prendersi cura di ciascuno.

Signore risorto, l’amore con cui ci hai amati fino a dare la tua vita per noi sia la nostra fortezza. Nel tuo amore vogliamo rifugiarci ogni giorno, per imparare a non cadere nel tranello di dispute inutili e coltivare l’unità nel rispetto delle differenze e nell’accoglienza delle ricchezze. Alleluia!

Leggi il Vangelo di oggi

Siano perfetti nell’unità!

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 17, 20-26

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:] «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch’essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che tu mi hai dato; poiché mi hai amato prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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