Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.
VII settimana di Pasqua – III settimana del salterio
Il tuo nome è Vivo, alleluia!
Non è raro che a comprendere meglio il cuore e la sfida fondamentale della nostra fede in Cristo risorto siano proprio coloro che non condividono i nostri cammini e non fanno parte delle nostre cerchie. Così, davanti alle «controversie» (At 25,20) che contrappongono Paolo al sinedrio, Festo riassume la questione per il re Agrippa in termini tanto essenziali quanto precisi, come si addice alla mentalità romana: «Avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere vivo» (25,19). Per Festo la cosa è irrilevante perché non rientra nei «crimini» (20,18) che era abituato a gestire.Per noi, invece, sta proprio qui il cuore di tutta la nostra vita discepolare: incontrare Gesù risorto per renderlo «vivo» attraverso la nostra vita e attraverso la nostra testimonianza amorosa del suo vangelo. Ciò che avviene sulle rive del lago di Tiberiade per Simon Pietro è ciò che siamo chiamati a vivere personalmente nel nostro incontro vitale con il Cristo risorto.
Molti di noi forse hanno sperimentato il dramma acerbo di uno slancio che viene mozzato sul suo nascere. Infatti, è come dire a una persona a lungo cercata e desiderata: «Ti amo» e sentirsi rispondere, dopo un breve ma interminabile silenzio colmo di imbarazzo: «… anch’io ti voglio bene!». Questo è ciò che avviene sul lago qualche giorno dopo la Pasqua, ed è da questa sottile delusione che riprende il cammino della Chiesa sotto la guida di Simon Pietro nel suo pellegrinaggio testimoniale lungo la storia di cui noi siamo parte.
La domanda è diretta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?» (Gv 21,15). Sulle labbra del Risorto possiamo ben sostituire il nostro al nome di Pietro. Forse, dopo tutto quello che è successo nel cuore di Pietro nella notte del rinnegamento e del rifiuto, il Signore vuole solo aiutarlo a diventare più riflessivo e meno impulsivo. Verso la fine di questo tempo pasquale anche ciascuno di noi è chiamato a sostare con calma per dire a se stesso quanto, come e fino a che punto il Cristo è «vivo» nel nostro cuore.
Le parole che il Signore Gesù rivolge a Simon Pietro dopo la risurrezione, sulle rive un po’ stanche del lago di Tiberiade: «Pasci i miei agnelli. […] Pascola le mie pecore. […] Pasci le mie pecore» (21,15-17) sono legate indissolubilmente a quell’interrogazione sull’amore, che tocca talmente il cuore di Simon Pietro da scuoterlo fino a renderlo «addolorato» (21,17). Questo ruolo di pascere non è da intendere subito ed esclusivamente come esercizio del ministero dell’autorità, anche se non è escluso.
Il contesto dell’interrogazione sulla capacità e modalità di amare il Signore porta le cose a un livello di più intima profondità, e che, per questo, ci riguarda personalmente tutti. La triplice domanda, che ravviva dolorosamente la memoria della triplice risposta di Pietro nella notte delle tenebre, ci induce a guardare e cercare di radunare il gregge disperso dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, dei nostri desideri, dei nostri sogni e illusioni che – come pecore disperse e capre talora ribelli – hanno bisogno di raccoglimento e di guida per diventare un gregge mansueto e ordinato che cresce fino a dare lana e latte. Così il tempo pasquale porterà il frutto desiderato e sperato.
Signore risorto, il nostro cuore si altera al pensiero che qualcuno sia più amato di noi, come bambini dubitiamo e vacilliamo, se la tua forte mano non ci sostiene e non ci afferra. Ma, come bambini, possiamo rialzarci a ogni caduta e, ritrovato il sorriso del cuore, rispondere con la mano tesa al tuo richiamo, che manifesta il tuo progetto per noi: «Seguimi!». Alleluia!
Leggi il Vangelo di oggi
Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 21, 15-19In quel tempo, [quando si fu manifestato ai discepoli ed] essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».
Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore».
Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse “Mi vuoi bene?”, e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi».
Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.