Commento al Vangelo di oggi, 7 Giugno 2019 – Gv 21, 15-19

C

Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

VII settimana di Pasqua – III settimana del salterio

Il tuo nome è Vivo, alleluia!

Non  è  raro  che  a  comprendere  meglio  il  cuore  e  la  sfida  fondamentale  della  nostra  fede  in  Cristo  risorto  siano  proprio  coloro che  non  condividono  i  nostri  cammini  e  non  fanno  parte  delle nostre  cerchie.  Così,  davanti  alle  «controversie»  (At  25,20)  che contrappongono  Paolo  al  sinedrio,  Festo  riassume  la  questione per  il  re  Agrippa  in  termini  tanto  essenziali  quanto  precisi,  come si addice alla mentalità romana: «Avevano con lui alcune questioni relative alla loro religione e a un certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva  essere  vivo»  (25,19).  Per  Festo  la  cosa  è  irrilevante perché non rientra nei «crimini» (20,18) che era abituato a gestire.

Per noi, invece, sta proprio qui il cuore di tutta la nostra vita discepolare: incontrare Gesù risorto per renderlo «vivo» attraverso la nostra vita e attraverso la nostra testimonianza amorosa del suo vangelo. Ciò che avviene sulle rive del lago di Tiberiade per Simon Pietro è ciò che siamo chiamati a vivere personalmente nel nostro incontro vitale con il Cristo risorto.

Molti  di  noi  forse  hanno  sperimentato  il  dramma  acerbo  di  uno slancio  che  viene  mozzato  sul  suo  nascere.  Infatti,  è  come  dire a  una  persona  a  lungo  cercata  e  desiderata:  «Ti  amo»  e  sentirsi rispondere,  dopo  un  breve  ma  interminabile  silenzio  colmo  di imbarazzo: «… anch’io ti voglio bene!». Questo è ciò che avviene sul  lago  qualche  giorno  dopo  la  Pasqua,  ed  è  da  questa  sottile delusione che riprende il cammino della Chiesa sotto la guida di Simon  Pietro  nel  suo pellegrinaggio  testimoniale  lungo  la  storia di  cui  noi  siamo  parte.

 La  domanda  è  diretta:  «Simone,  figlio  di Giovanni, mi ami più di costoro?» (Gv 21,15). Sulle labbra del Risorto  possiamo  ben  sostituire  il  nostro  al  nome  di  Pietro.  Forse, dopo  tutto  quello  che  è  successo  nel  cuore  di  Pietro  nella  notte del  rinnegamento  e  del  rifiuto,  il  Signore  vuole  solo  aiutarlo  a diventare più riflessivo e meno impulsivo. Verso la fine di questo tempo  pasquale  anche  ciascuno  di  noi  è  chiamato  a  sostare  con calma  per  dire  a  se  stesso  quanto,  come  e  fino  a  che  punto  il Cristo è «vivo» nel nostro cuore.

Le parole che il Signore Gesù rivolge a Simon Pietro dopo la risurrezione, sulle rive un po’ stanche del lago di Tiberiade: «Pasci i miei agnelli. […] Pascola le mie pecore. […] Pasci le mie pecore» (21,15-17)  sono  legate indissolubilmente  a  quell’interrogazione sull’amore,  che  tocca  talmente il  cuore  di  Simon  Pietro  da  scuoterlo fino a renderlo «addolorato» (21,17). Questo ruolo di pascere  non  è  da  intendere  subito  ed esclusivamente  come  esercizio del  ministero  dell’autorità,  anche  se  non è escluso.

Il  contesto dell’interrogazione  sulla  capacità  e  modalità  di  amare  il Signore porta  le  cose  a  un  livello  di  più  intima  profondità,  e  che,  per questo, ci riguarda personalmente tutti. La triplice domanda, che ravviva dolorosamente la memoria della triplice risposta di Pietro nella notte delle tenebre, ci induce a guardare e cercare di radunare il gregge disperso dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, dei nostri desideri, dei nostri sogni e illusioni che – come pecore disperse e capre talora ribelli – hanno bisogno di raccoglimento e di guida per diventare un gregge mansueto e ordinato che cresce fino  a  dare  lana  e  latte.  Così  il  tempo  pasquale  porterà  il frutto desiderato e sperato.

Signore risorto, il nostro cuore si altera al pensiero che qualcuno sia più amato di noi, come bambini dubitiamo e vacilliamo, se la tua forte mano non ci sostiene e non ci afferra. Ma, come bambini, possiamo rialzarci a ogni caduta e, ritrovato il sorriso del cuore, rispondere con la mano tesa al tuo richiamo, che manifesta il tuo progetto per noi: «Seguimi!». Alleluia!

Leggi il Vangelo di oggi

Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 21, 15-19

In quel tempo, [quando si fu manifestato ai discepoli ed] essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli».
Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore».
Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse “Mi vuoi bene?”, e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi».
Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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