Commento al Vangelo di oggi, 7 Luglio 2019 – Lc 10, 1-12.17-20

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

XIV domenica del tempo ordinario

XIII settimana del tempo ordinario
II Settimana del Salterio

(Già) Scritti

La nostra vita può essere annuncio del Regno, assicura il vangelo di questa domenica. Per diffondersi in tutto e in tutti, il Verbo di Dio  ha  scelto  la  nostra  povera  umanità  come  luogo  dove  portare  a  compimento  il  disegno  di  salvezza  universale  del  Padre.  Il mandato missionario non consiste nel dire o fare cose impressionanti, ma nel testimoniare con umile amore una vicinanza di Dio sempre possibile e sempre più intensa di quanto si possa immaginare o desiderare.

Naturalmente, per essere testimoni di questa inaudita  intimità  tra  noi  e  Dio,  occorre  prima  imparare  a  portare il  mistero  di  Cristo  nel  nostro  corpo  e  nelle  pieghe  più  sofferte della nostra storia, fino a essere una «nuova creatura» (Gal 6,15).

Il racconto evangelico prende avvio con un’improvvisa e clamorosa espansione del numero degli apostoli, chiamati a camminare «a due a due davanti» al Signore Gesù «in ogni città e luogo dove stava  per  recarsi»  (Lc  10,1).  Contro  ogni  tendenza  esclusivista  o settaria, il vangelo rivela il volto di un Dio che ama coinvolgere il più  possibile  le  differenze  iscritte  nella  nostra  umanità,  perché  il «fiume» (Is 66,12) delle sue «consolazioni» (66,11) possa scorrere con  forza  e  allietare  ogni  circostanza  con  l’annuncio  di  una  viva speranza:  «Pace  a  questa  casa!»  (Lc  10,5).

Del  resto,  per  ogni uomo  e  ogni  donna  la  «vocazione  battesimale»  non  si  esprime in  altro  modo  se  non  in  questo  essere  «pienamente  disponibili all’annunzio del tuo regno» (cf. Colletta) con libertà e creatività. Tuttavia, per quanto le nostre spalle siano ben coperte dal volto di  Dio  e  dal  «petto  della  sua  gloria»  (Is  66,11),  Gesù  preferisce mettere  i  suoi  apostoli  ben  in  guardia  rispetto  alle  inevitabili conseguenze cui l’annuncio (si) espone: «Andate: ecco, vi mando come  agnelli  in  mezzo  a  lupi»  (Lc  10,3).  Un  agnello  in  mezzo  a un  branco  di  lupi  è  un  elemento  estraneo,  una  mosca  bianca, uno che si espone al rischio di essere scartato e ferito, proprio a causa  della  mitezza  e  della  forza  rivoluzionaria  del  messaggio  di cui è interprete.

Infatti, la logica delle beatitudini costringe chiunque ha avuto accesso alla vita nuova in Cristo a una condotta di vita in cui    la pienezza dei tempi si manifesta nella concretezza di gesti e atteggiamenti quotidiani: essere solidali in un mondo egoista, condividere i beni in una società profondamente individualista, concepire l’amore non solo come un sentimento ma anche come una scelta, praticare l’onestà in mezzo alla furbizia e la giustizia dentro a una diffusa illegalità, rinunciare al male anche quando è a fin di bene, rispettare la vita umana in ogni suo tempo e in ogni sua forma, credere che la fedeltà (non la novità) sia l’unico valore a cui non si può proprio rinunciare, iniziare e finire ogni giorno levando il cuore al cielo.

Naturalmente,  si  tratta  di  fare  tutto  questo  senza  alcuna  presunzione,  senza  trasformare  il  nostro  discepolato  in  una  cattedra dove  sentirci  migliori  degli  altri  o,  peggio  ancora,  in  un’arma  da usare  contro  gli  altri.  Chiunque  voglia  annunciare  il  volto  di  un Dio  capace  di  accarezzare  la  nostra  umanità  «come  una  madre consola  un  figlio»  (Is  66,13),  deve  prima  imparare  a  rinunciare  a qualsiasi  privilegio  che  non  sia  quello  di  permettere  al  mistero di  Cristo  di  incidere  solchi  profondi  e  credibili  sul  suo  proprio «corpo» (Gal 6,17). Tanto da poter esclamare, senza alcuna forma di vanità: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore  nostro  Gesù  Cristo,  per  mezzo  della  quale  il  mondo  per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (6,14).

Il mondo che per un apostolo del Regno è ormai da considerarsi come  qualcosa  di  morto  –  o  almeno  prossimo  a  morire  –  non è  semplicemente  quella  realtà  in  cui  opera  ancora  «la  potenza del  nemico»  (Lc  10,19).  È  soprattutto  quella  mentalità  capace  di illuderci  che  ci  sia  ancora  qualche  tipo  di  gioia  nel  fatto  che  gli altri  «si  sottomettono  a  noi»  (10,17),  anziché  nella  possibilità  di lasciarci ospitare dagli altri, con i quali ci sentiamo ormai in cammino  verso  una  dimora  eterna:  «Rallegratevi  piuttosto  perché  i vostri nomi sono scritti nei cieli» (10,20).

Signore Gesù, che scegli le diversità già scritte in noi come annuncio di pace, non di discordia, strumento di consolazione, non di disprezzo, guidaci nel luogo dove si è felici di portare il peso e i segni dell’amore, di svuotarsi dei privilegi perché l’altro sia felice. Donaci un’esperienza condivisa della tua salvezza già scritta per noi finché, insieme, in essa riusciamo a riposare.

Leggi il Vangelo di oggi

La vostra pace scenderà su di lui.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 10,1-12.17-20

In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.

Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada.

In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra.

Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».

I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Parola del Signore

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