Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.
VII settimana di Pasqua – III settimana del salterio
Il tuo nome è Petto, alleluia!
Concludiamo il tempo pasquale affacciandoci alla solennità di Pentecoste con una sorta di dolce ricordo, annotato con cura dalla penna e, prima ancora, dal cuore dell’evangelista Giovanni:«Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato…» (Gv 21,20). Il discepolo amato viene caratterizzato da due note: l’intimità e la libertà. In un momento difficile è capace di poggiare il suo orecchio sul cuore di Cristo per seguirne i battiti e intuirne le emozioni. Non solo, proprio a partire da questa intimità, il discepolo amato può porre le domande anche più imbarazzanti: «Signore, chi è che ti tradisce?».
Ritrovare la memoria di questa domanda, posta al cuore della cena pasquale, sul lago in cui i discepoli ritrovano il loro Maestro e Signore nelle vesti di una madre amorevole che prepara per loro il cibo sulla brace, è toccante. La domanda potrebbe essere riformulata in questi termini: «Signore, chi è che ti segue?». La risposta sibillina di Gesù alla domanda birichina di Simon Pietro ci deve scuotere e illuminare: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?» (21,23). Ciò che ci deve importare è di essere all’altezza del nostro cuore, assumendo fino in fondo il mistero unico e irripetibile della nostra relazione personale con il Signore risorto anche quando fosse meno gloriosa dell’esperienza di altri.
La liturgia oggi ci fa contemplare il mistero di Pietro, di Giovanni e di Paolo come forme diverse dell’unica sequela che va vissuta tenendo fisso lo sguardo su Gesù, senza cadere nell’antica tentazione di Caino e cedere così allo sterile confronto tra di noi, che rischia di generare solo amarezza. L’epilogo liturgico degli Atti degli apostoli si conclude con una nota assai significativa: «Con tutta franchezza e senza impedimento» (At 28,31). Forse ci saremmo aspettati una conclusione diversa, soprattutto in relazione agli apostoli Pietro e Paolo che compaiono come protagonisti del libro che ogni anno ci accompagna tra Pasqua e Pentecoste; dal punto di vista di un finale a effetto ci manca qualunque riferimento al martirio degli apostoli e al posto di un finale eroico la Parola ci tramanda un finale ordinario e persino sereno.
La «catena» (28,20), che pure lega Paolo, non sembra essere un vero impedimento alla sua predicazione, anzi fa sì che l’apostolo – perennemente in viaggio – ritrovi una certa stabilità e una vera «casa che aveva preso in affitto e accoglieva tutti quelli che venivano da lui» (28,30). La stessa città di «Roma» (28,16), lungi dall’essere la nuova incarnazione di «Babilonia la grande» (Ap 18,2), è già rivestita del grembiule della Chiesa che serve all’amore. e che si fa garante dell’unità e della pace tra i credenti e luogo di irradiazione verso l’umanità intera della luce del vangelo.
La conclusione della lettura del Vangelo secondo Giovanni, che ci accompagna ormai da settimane, invece di farci porre gli occhi sul Cristo glorioso che ritorna presso il Padre e si asside quale Signore della storia alla sua destra (cf. Mc 16,19), riporta lo sguardo del nostro cuore alle «molte altre cose compiute da Gesù» (Gv 21,25). Quelle «cose» si stanno ancora compiendo in mezzo a noi e, soprattutto, dentro di noi. È come se la storia fosse interamente e sempre una biblioteca che raccoglie quei «libri» mai scritti con l’inchiostro perché scritti con il sangue della vita spesa e donata. Una parola rimane… l’unica: «Tu seguimi» (21,22).
Signore risorto, alla fine di questo tempo di gioia donaci di poter riposare ancora sul tuo petto, per sentire il tuo cuore fino a fare nostri i tuoi sentimenti per essere discepoli poveri e veri… per essere con te e per te. Alleluia!
Leggi il Vangelo di oggi
Questo è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e la sua testimonianza è vera.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 21, 20-25In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?».
Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.Parola del Signore