Commento al Vangelo di oggi, 8 Giugno 2019 – Gv 21, 20-25

C

Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

VII settimana di Pasqua – III settimana del salterio

Il tuo nome è Petto, alleluia!

Concludiamo il tempo pasquale affacciandoci alla solennità di Pentecoste con una sorta di dolce ricordo, annotato con cura dalla penna e, prima ancora, dal cuore dell’evangelista Giovanni:

«Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava,  colui  che  nella  cena  si  era  chinato  sul  suo  petto  e  gli aveva domandato…» (Gv 21,20). Il discepolo amato viene caratterizzato da due note: l’intimità e la libertà. In un momento difficile è capace di poggiare il suo orecchio sul cuore di Cristo per seguirne  i  battiti  e  intuirne  le  emozioni.  Non  solo,  proprio  a  partire  da questa  intimità,  il  discepolo  amato  può  porre  le  domande  anche più  imbarazzanti:  «Signore,  chi  è  che  ti  tradisce?».

Ritrovare  la memoria di questa domanda, posta al cuore della cena pasquale, sul lago in cui i discepoli ritrovano il loro Maestro e Signore nelle vesti  di  una  madre  amorevole  che  prepara  per  loro  il  cibo  sulla brace,  è  toccante.  La  domanda  potrebbe  essere  riformulata  in questi termini: «Signore, chi è che ti segue?». La risposta sibillina di  Gesù  alla  domanda  birichina  di  Simon  Pietro  ci  deve  scuotere e illuminare: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?» (21,23). Ciò che ci deve importare è di essere all’altezza  del  nostro  cuore,  assumendo  fino  in  fondo  il  mistero  unico  e irripetibile  della  nostra  relazione  personale  con  il  Signore  risorto anche quando fosse meno gloriosa dell’esperienza di altri.

La liturgia oggi ci fa contemplare il mistero di Pietro, di Giovanni e  di  Paolo  come  forme  diverse  dell’unica  sequela  che  va  vissuta tenendo fisso lo sguardo su Gesù, senza cadere nell’antica tentazione  di  Caino  e  cedere  così  allo  sterile  confronto  tra  di  noi,  che rischia  di  generare  solo  amarezza.  L’epilogo  liturgico  degli  Atti degli  apostoli  si  conclude  con  una  nota  assai  significativa:  «Con tutta  franchezza  e  senza  impedimento»  (At  28,31).  Forse  ci  saremmo aspettati una conclusione diversa, soprattutto in relazione agli apostoli Pietro e Paolo che compaiono come protagonisti del libro  che  ogni  anno  ci  accompagna  tra  Pasqua  e  Pentecoste;  dal punto di vista di un finale a effetto ci manca qualunque riferimento al martirio degli apostoli e al posto di un finale eroico la Parola ci  tramanda  un  finale  ordinario  e  persino  sereno.

La  «catena» (28,20), che pure lega Paolo, non sembra essere un vero impedimento alla sua predicazione, anzi fa sì che l’apostolo – perennemente in viaggio – ritrovi una certa stabilità e una vera «casa che aveva  preso  in  affitto  e  accoglieva  tutti  quelli  che  venivano  da lui»  (28,30).  La  stessa  città  di  «Roma»  (28,16),  lungi  dall’essere la  nuova  incarnazione  di  «Babilonia  la  grande»  (Ap  18,2),  è  già rivestita  del  grembiule  della  Chiesa  che  serve  all’amore.  e  che  si fa garante dell’unità e della pace tra i credenti e luogo di irradiazione verso l’umanità intera della luce del vangelo.

La  conclusione  della  lettura  del  Vangelo  secondo  Giovanni,  che ci accompagna ormai da settimane, invece di farci porre gli occhi sul  Cristo  glorioso  che  ritorna  presso  il  Padre  e  si  asside  quale Signore della storia alla sua destra (cf. Mc 16,19), riporta lo sguardo  del  nostro  cuore  alle  «molte  altre  cose  compiute  da  Gesù» (Gv  21,25).  Quelle  «cose»  si  stanno  ancora  compiendo  in  mezzo a  noi  e,  soprattutto,  dentro  di  noi.  È  come  se  la  storia  fosse  interamente e sempre una biblioteca che raccoglie quei «libri» mai scritti con l’inchiostro perché scritti con il sangue della vita spesa e donata. Una parola rimane… l’unica: «Tu seguimi» (21,22).

Signore risorto, alla fine di questo tempo di gioia donaci di poter riposare ancora sul tuo petto, per sentire il tuo cuore fino a fare nostri i tuoi sentimenti per essere discepoli poveri e veri… per essere con te e per te. Alleluia!

Leggi il Vangelo di oggi

Questo è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e la sua testimonianza è vera.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 21, 20-25

In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?».
Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

Parola del Signore

Commenti

sei − cinque =

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.