Commento al Vangelo di oggi, 9 Luglio 2019 – Mt 9, 32-38

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Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.

Ss. Agostino Zhao Rong, sac., e compagni, martiri (mem. fac.)

XIV settimana del tempo ordinario
II Settimana del Salterio

Affrontare

Abbiamo  letto  ieri  del  sogno  di  Giacobbe  mentre  fugge  da  suo fratello.  Oggi,  la  liturgia  ci  fa  meditare  un  altro  incontro  notturno.  Quando  Giacobbe  fugge  ancora  una  volta  da  Labano  mentre suo  fratello  Esaù  gli  viene  incontro,  «rimase  solo  e  un  uomo lottò  con  lui  fino  allo  spuntare  dell’aurora»  (Gen  32,25).  Sembra che,  attraverso  il  suo  angelo,  l’Altissimo  permetta  a  Giacobbe  di misurarsi  fino  in  fondo  con  la  paura  dell’altro  che  lo  tormenta fin  da  quando  con  suo  fratello  già  «si  urtavano»  nel  seno  della madre  (cf.  25,22).  Finalmente,  al  torrente  Iabbok,  Giacobbe  può rivoltarsi  fino  in  fondo  contro  qualcuno  corpo  a  corpo,  e  non semplicemente  in  modo  astuto  e  nascosto  come  ha  fatto  finora.

Il  nome  di  Giacobbe  viene  cambiato  in  «Israele»  (32,29)  perché l’esperienza di questa lotta vittoriosa cambia radicalmente il suo modo  di  essere  e  di  porsi.  D’ora  in  poi  Giacobbe  non  avrà  più bisogno di nascondersi, ma dopo aver visto Dio «faccia a faccia» (32,31)  sarà  in  grado  di  affrontare  le  persone  e  le  situazioni  in modo coraggioso e aperto. La preghiera è il luogo in cui ciascuno di  noi,  lasciandosi  incontrare  da  Dio  e  accettando  di  lottare  davanti  a  lui  e  persino  contro  di  lui,  può  imparare  ad  affrontare  se stesso e gli altri con virile coraggio.

Nel  vangelo,  concludendo  il  ciclo  dei  dieci  segni  di  guarigione, il  Signore  Gesù  ridona  la  parola  a  un  «muto»  (Mt  9,32)  permettendo a quest’uomo di riprendere la parola e, in tal modo, di diventare  soggetto  della  propria  vita.  Questa  dilatazione  di  libertà e  di  possibilità  fa  nascere  un  grande  «stupore»  nella  folla  e  una profonda  indignazione  nei  «farisei»  (9,33-34).

 La  reazione  dei farisei  è  terribile  e  temibile:  la  libertà  di  quest’uomo  li  spaventa più della sua schiavitù di un silenzio disumano. Il fatto che ci sia una  persona  in  più  che  possa  prendere  la  parola  ed  esprimere  il proprio  punto  di  vista,  fino  a  difenderlo  con  tutte  le  sue  forze  e la sua intelligenza, desta quasi sgomento. Il silenzio cui quest’uomo  è  costretto  dal  demonio  sembra  quasi  gradito  ai  notabili del  popolo,  mentre  la  sua  parola  sembra  spaventarli.  Cacciato il  demonio,  «quel  muto  cominciò  a  parlare»  (9,33).  Il  fatto  che un  muto  prenda  la  parola  diventa  la  porta  perché  tutti  possano sperare di poter prendere la parola nella vita, senza accontentarsi che si parli a loro o che si parli su di loro.

Alla fine di questa scala di guarigione ritroviamo «la molta folla» (8,1)  che  segue  il  Signore  una  volta  «sceso  dal  monte».  Questa folla sembra aver fatto un percorso accanto a Gesù fino a essere ormai capace – dopo averne ascoltato l’insegnamento e interpretato i segni di guarigione – di poter finalmente fare la sua professione di fede. La fede fa tutt’uno con un ristabilimento radicale     di fiducia nella vita e nelle relazioni reciproche: «Non si è mai  vista una cosa simile in Israele!» (9,33).

Il Signore sembra non avere né tempo, né voglia di discutere con i farisei e impedisce «ai suoi discepoli» (9,37) di cadere nella trappola delle sterili discussioni, per farsi carico dell’urgenza di annunciare «il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità» (9,35). Il termine vangelo compare qui per la prima volta nel Vangelo di Matteo, su tre volte in tutto! Davanti alle folle che lo attorniano e lo seguono, «ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (9,36), e dinanzi   alla constatazione del grande bisogno della gente aggiunge: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!» (9,37). Due immagini si accavallano: quella pastorale e quella agricola.

Noi tutti siamo come un gregge che ha bisogno di qualcuno che lo raduni, lo custodisca e lo guidi; siamo pure come un campo che – quando ha portato a maturità il suo frutto – ha bisogno di qualcuno   che lo mieta. Abbiamo bisogno degli altri e siamo necessari agli altri. Questa relazione, talora pericolosa come lo fu per Giacobbe, esige la disponibilità a lottare per conoscere e conquistare il proprio vero nome… la propria identità profonda.

Ridonaci, Signore Gesù, non solo la capacità ma pure la volontà di osare la parola, per uscire da quella paura reciproca che ci paralizza fino a creare un volto del fratello che, in realtà, è solo la proiezione del nostro terrore e della nostra cattiva coscienza. Donaci di parlare di nuovo, per poterci offrire reciprocamente un futuro pieno all’ascolto!

Leggi il Vangelo di oggi

La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai!

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 9, 32-38

In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni».

Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».

Parola del Signore

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