“ In quel tempo Gesu’ disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri “.
Nel testo odierno Gesu’, diversamente dal solito, in cui rivolge le sue parabole a “ tutti “, afferma che le sue parole sono solo per “ alcuni “.
La domanda che dobbiamo porci è quindi: rientriamo negli “ alcuni “ a cui parla Cristo o negli “ altri “?
Per capirlo vediamo chi sono questi “ alcuni “: coloro i quali hanno l’intima presunzione di essere giusti e disprezzano gli altri.
Il “ presuntuoso “ è colui il quale si autoattribuisce delle qualità, dei meriti, che, con elevato grado di probabilità, nella realtà non ha affatto.
Chi è “ intimamente presuntuoso “ è cosi’ radicato nelle sue certezze che si ritiene il migliore, l’unico giusto che, in quanto tale, puo’ guardare con disprezzo gli altri.
Scommetto che tutti, leggendo la descrizione che ho appena fatto di “ intimamente presuntuoso “, staranno dicendo: non sono io, non appartengo agli “ alcuni “ ma agli “ altri “.
Spero per tutti che sia vero ma, prima di affermarlo con cosi’ tanta facilità, esaminiamoci, soprattutto noi che amiamo “ frequentare la vigna del Signore “.
Vuoi vedere che a volte anche io, poiché vado a messa tutti i giorni, faccio l’adorazione settimanale, prego la sera, non imbroglio, non rubo, mi ritengo “ giusto “ al punto tale da guardare con disprezzo gli altri?
Non ti è mai capitato, durante la messa, di vedere qualcuno che sai non essere proprio uno “ stinco di santo “ e aver pensato, tra tè e tè: come, viene proprio lui, come si permette?
E non ti è mai accaduto di giudicare uomini che, magari solo perché hai sentito dire qualcosa sul loro conto, bolli come ladri senza avere nessuna certezza in proposito?
Cio’ nasce da quell’ ” intima presunzione “, che ci attraversa un po’ tutti, di sentirci migliori, la quale puo’ essere superata solo assumendo l’atteggiamento del pubblicano della parabola di oggi, che consiste nel riconoscere la propria presunzione e nel rivolgersi al Signore affermando: “ O Dio, abbi pietà di me peccatore “.
Ecco cosa sono: peccatore e NON giusto.
Questo riconoscimento è cio’ che consente di “ svuotarci dalla nostra presunzione “.
Io sono il peccatore, Dio è il giusto.
Io, con i miei limiti, come dice San Paolo nella seconda lettura ( 2 Tm 4,6-8.16-18 ), sono chiamato a combattere “ la buona battaglia della fede “.
Al termine della “ corsa terrena “, se avrò conservato la fede, sarà Dio, unico giudice GIUSTO, a consegnarmi “ la corona di giustizia “, cioè l’Eternità.
Smettiamola quindi di giudicare, perché il giudizio appartiene al solo GIUSTO, che è Dio, e riconosciamoci peccatori bisognosi del perdono del Padre, a cui, ogni giorno, come il pubblicano, siamo chiamati a rivolgerci dicendo: “ abbi pietà di noi “.
Buona Domenica e buona riflessione a tutti.
Fonte: Fabrizio Morello – Vangelo secondo Luca 18, 9-14