“Diciamo innanzitutto che il prologo del Vangelo di Giovanno è un inno all’ottimismo di Dio sull’umanità, un inno dell’amore che Dio ha per noi. Il più antico commento che abbiamo a questo passo è della stessa scuola di Giovanni; la prima lettera incomincia con le stesse espressioni del teologo e prosegue dicendo: «Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta» (1 Gv 1,4).
Troviamo già qui un particolare: la trasmissione di questo prologo, la trasmissione del Vangelo, la trasmissione dell’esperienza di fede della comunità, non viene effettuata come ci saremmo aspettati. Giovanni non dice: «perché la vostra gioia sia perfetta», ma dice: «Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta»; la gioia della comunità dei credenti consiste nel trasmettere questo messaggio, un messaggio che, a sua volta, per chi lo accoglie e chi lo vive, provocherà gioia” (A. Maggi)
“Il prologo del vangelo secondo Giovanni è un canto di lode dell’operare di Dio nell’universo: dalla creazione nell’in-principio (cf. Gen 1,1) alla venuta di Dio stesso nel mondo attraverso il farsi carne umana (sárx) della sua Parola (Lógos)…
All’inizio, prima dunque della creazione dell’universo, la Parola era, esisteva fuori del tempo, da tutta l’eternità. Era Parola di Dio, era rivolta verso Dio, era Dio stesso. Ma questa vita divina, questa circolarità di vita in un movimento estatico ha voluto donarsi, ha voluto uscire da se stessa, ed è così che ha creato l’universo…, mostrandosi vita e luce capaci di vincere le tenebre: le tenebre, infatti, facevano e fanno resistenza, ma non sono mai riuscite né mai riusciranno a fermare e a sopraffare questa luce.
Ma questa uscita, questo esilio della Parola di Dio da Dio stesso non è cessato con la creazione, che in realtà non è mai terminata… Così è entrata nel tempo e ha piantato la sua tenda (skené) tra di noi in un uomo nato da una donna e dal Soffio divino: Gesù di Nazaret. La Parola che era fuori del tempo si è fatta fragile e mortale, un uomo che si poteva vedere, ascoltare, palpare (cfr 1 Gv 1,1)…
Ma in Gesù questa Parola di Dio è divenuta «Parola fatta carne» in lui (cfr Eb 1,2-3). Così Dio si è donato a noi, si è dato all’umanità, si è unito alla creazione, perché l’aveva creata per amore, un amore mai venuto meno, ma sempre rinnovato in tutta la storia. E la vita di Gesù sarà l’esplicitazione di ciò che è annunciato qui nel prologo: Gesù è la vita del mondo (cfr. Gv 11,25), è «la luce del mondo» (Gv 8,12), è il racconto, la rivelazione del Dio che nessuno ha mai visto, come il prologo si conclude…
Potremmo parafrasare le parole dell’Apostolo Paolo (cfr 1 Cor 1,22-24): “Mentre i giudei cercano manifestazioni di un Dio onnipotente e le genti manifestazioni di Dio nei ragionamenti intellettuali, noi predichiamo che Dio è umano, umanissimo, è un Dio che si è fatto vedere in Gesù, uomo mortale, ma capace di dare la vita per gli altri (cfr Gv 10,10; 15,13), uomo fragile e limitato ma capace di vincere le forze del male.
Un uomo che è nato dall’utero di una madre, che si è fatto peccato assimilandosi ai peccatori (cfr 2Cor 5,21), morto come uno schiavo e un malfattore, sepolto nella terra, disceso agli inferi tra i morti, come ogni figlio di adam: dunque un Dio che si è sprofondato nella creazione, come avviene per ogni umano che viene al mondo, vive e muore” (E. Bianchi).
“Natale ci proietta con forza nella vita stessa di Dio, nel Santo dei Santi dell’Eternità, nell’identità stessa di quell’uomo che ora e solo ora si manifesta a noi come il Figlio Unigenito e viene a raccontarci il volto del Padre. Questo volto e questa identità possiamo non solo cogliere e riconoscere, ma partecipare nel Lògos-Parola e nel Lògos-Carne che a noi viene dato nella celebrazione pasquale che è l’Eucaristia, la vera Tenda della Dimora, il Santo dei Santi dell’Umanità di Cristo, l’Arca della Nuova Alleanza nella quale diventiamo figli nel Figlio” (P. Farinella).
Carlo Miglietta