Commento al Vangelo di domenica 21 gennaio 2018 – Mc 1,14-20 – mons. Roberto Brunelli

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Tutti impegnati per arrivare all’unità

Nel vangelo di oggi (Marco 1,14-20) si torna a parlare della chiamata degli apostoli. Ma anche un altro argomento appare oggi rilevante: siamo in piena Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che impegna ogni anno i cristiani di tutte le confessione (cattolici, ortodossi, protestanti delle varie denominazioni) a pregare perché si realizzi la loro unità.

L’iniziativa, partita oltre cento anni fa tra gli anglicani, ha visto via via aderirvi tutti gli altri, per almeno due basilari ragioni, di cui si trova il fondamento nella volontà del comune Signore. Durante l’Ultima Cena, cioè appena prima di affrontare il suo sacrificio, egli ha lasciato agli apostoli il suo testamento spirituale, e rivolgendosi al Padre tra l’altro ha detto: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola, perché tutti siano una cosa sola; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Giovanni 17,20-21).


 Se ne ricava una prima considerazione: le divisioni tra i suoi fedeli non corrispondono alla sua volontà. Egli ha fondato un’unica Chiesa; se al suo interno si sono prodotte fratture, è stato per la malizia o l’ignoranza degli uomini: cause umane, che con l’aiuto di Dio possono essere rimosse. Con l’aiuto di Dio: di qui la preghiera, per implorare la luce occorrente a comprendere, e il coraggio necessario a cambiare, ciò che non corrisponde al suo volere. La preghiera comune di questa Settimana non mira, da parte delle diverse confessioni, a che gli appartenenti alle altre si “convertano” alla propria; la via per l’unità consiste nell’impegno di tutti a convergere pienamente a Cristo: quando avverrà, automaticamente tutti si ritroveranno uniti.


 Anche l’altra fondamentale ragione si ricava dalla preghiera di Gesù: “Perché il mondo creda”. Il mondo, vale a dire chi è lontano da Dio, crede per la parola e l’esempio degli apostoli di oggi, quali sono i pastori delle comunità e con loro i fedeli che si dichiarano cristiani: quanto più forte sarebbe la loro testimonianza, se si presentassero uniti! Se sinora il vangelo non ha dispiegato nel mondo tutta la sua carica rinnovatrice, è anche a motivo delle divisioni tra quanti se ne dicono seguaci.

Di qui l’importanza di questa Settimana di preghiera, della quale peraltro già si vedono copiosi i frutti; prima che venisse introdotta, i rapporti tra le diverse confessioni cristiane erano improntati a indifferenza, quando non a ostilità; ora la situazione è ben diversa: i capi delle Chiese si rendono visita reciprocamente, gli esperti delle varie parti si incontrano per cercare di chiarire le divergenze, i rispettivi fedeli si rispettano e collaborano nelle opere di carità. Il fatto stesso di celebrare insieme la Settimana è espressione di unità e concorre a creare tra tutti i cristiani un clima nuovo, che favorisce un’unità sempre più salda tra e dentro le varie Chiese.


 Tra e dentro: non basta infatti superare le divergenze tra cattolici, ortodossi e protestanti; sarebbe farisaico, se questo proposito non andasse di pari passo con la tensione ad una sempre più perfetta armonia dei cattolici tra loro, dei luterani tra loro, degli anglicani tra loro, e così via. In proposito, non sarà superfluo ricordare che unità non significa uniformità; l’unità non comporta il dire e il fare tutti le stesse cose. L’unità si realizza intorno alla verità, che poi si esprime in mille varianti, secondo la personalità di ciascuno, le varie situazioni in cui ci si trova, i mezzi di cui si dispone.

L’esempio è dato dai santi: tutti tesi allo spasimo nell’amore per Dio e per il prossimo, ciascuno l’ha manifestato a modo proprio; il vangelo è di una ricchezza sconfinata, e ciascuno l’ha tradotto come ha saputo e potuto fare, e non certo secondo schemi rigidi uguali per tutti, che finirebbero per spegnere l’intelligente creatività di cui Dio ha dotato l’uomo. L’unità è un valore, l’uniformità significherebbe impoverimento.

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