Con questo brano ci troviamo di fronte al culmine dell’annuncio del Regno di Dio! Gesù ha appena finito di incoraggiare la “gran folla di suoi discepoli”, proclamando la loro condizione di beati, o meglio di amati da Dio come figli, ed ecco che offre loro la narrazione di una vita nuova, di un mondo diverso, di una compagnia perfetta tra uomini “risorti” (Col.2,12; 3,1). I molti discepoli sono chiamati a realizzare questo REGNO in quanto buoni ascoltatori della Sua Parola. Parola carica di fiducia negli uomini che lo seguono e che hanno fatto esperienza del Suo stile di vita, della Sua compassione, dei Suoi molti segni di guarigione e di perdono. E Lui è Uomo come loro, conosce la tentazione, i turbamenti dell’animo, ma coltiva nel segreto quel rapporto unico e forte col Padre che soverchia ogni limite umano e gli fa riconoscere in ogni uomo, anche nel peccatore incallito, un fratello.
La narrazione del Regno, caratterizzato dal diffuso Amore fraterno, è anche la Sua autobiografia di Figlio che contempla, realizza e manifesta la misericordia del Padre. I futuri abitanti del Regno, suoi discepoli, sono chiamati e da Lui educati ad essere come Lui e quindi come il Padre. Fin dall’oggi, non solo in vista del futuro, oggetto della Sua promessa, perché è possibile, anche mentre sono in cammino, che i veri discepoli possano gustare la gioia di vivere per amare, per donare e perdonare senza aspettarsi alcuna restituzione. È possibile! Ma non certo per buona volontà umana e, men che meno, per determinazione d’ordine morale!
Com’è infatti possibile in un mondo dominato dalla competitività, dalle contrapposizioni, dalla difesa di interessi egoistici anche soltanto pensare di realizzare una società perfetta, fondata sul rispetto reciproco, sulla custodia dell’altro, sull’amore gratuito e senza limiti verso chi fa il male e ti ferisce?
Eppure, questo è stato il sogno perseguito e in piccola parte realizzato da uomini e donne di pace che, applicando alle proprie azioni lo spirito della non violenza, hanno dato esempi luminosi di quel dono dello Spirito che soffia dove vuole e ribalta le logiche perverse della mondanità. Da cristiani sappiamo infatti che, senza la Grazia di Dio che ci viene dal Suo Santo Spirito, non possiamo fare nulla in grado di costruire un mondo più bello, più giusto, più amorevole e pacifico.
Nel brano che leggiamo sentiamo circolare quest’atmosfera di Grazia, a partire dall’invito ad amare i nemici, a fare del bene a coloro che ci odiano, a benedire e pregare per coloro che ci maledicono e ci trattano male, fino a sperimentare la divina ricompensa, che non è merito nostro, ma unicamente dono di Dio. Infatti, se non è dai nostri simili che dobbiamo aspettarci il contraccambio, da Dio che tutto vede e tutto sa abbiamo certezza di ricevere, in abbondanza, doni di bellezza, di gioia, di pienezza. Non abbiamo solo la certezza del suo Amore Misericordioso, di cui siamo già ricolmi, poiché in forza della promessa di Gesù potremo anche sperimentare, da vicino, il dono immenso della luce che emana dal Volto divino.
Certo l’invito ad essere misericordiosi come Dio è spiazzante! Dalle parole di Gesù sale una chiamata che ci fa cogliere tutta la nostra pochezza e la nostra impotenza. Eppure, gli esempi che Gesù ci pone come guida propedeutica al ben fare sono di un’evidenza e di una concretezza che non ci dovrebbe impaurire: porgere l’altra guancia a chi ti ha percosso, offrire anche la tunica a chi ti ha strappato il mantello, dare a chiunque chiede il tuo denaro o il tuo tempo, non pretendere la restituzione di quanto hai dato sono tutte azioni praticabili, a patto di liberarsi dall’istinto di reagire ad ogni azione contraria. È la paura dell’altro che ingenera il sospetto e l’aggressività, spesso anche prima che l’altro prenda iniziative ostili. È anche l’orgoglio di vincere sull’altro che spinge a precedere l’avversario nelle mosse intimidatorie che presuppongono liti e guerre implacabili, non solo a livello politico e sociale, ma anche in seno alle famiglie, nella più comune quotidianità.
A tutti questi vizi umani, che ben conosciamo e che sono ostacoli alla nostra vera umanità, fa riscontro la “regola d’oro” che risuona al versetto 31 del brano: “Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”. Alcuni esegeti ricordano, a questo punto, che Gesù volge in positivo la legge ebraica:” Ciò che non vuoi sia fatto a te, non farlo al tuo prossimo” che sarebbe già un superamento della legge del taglione: “occhio per occhio, dente per dente”. Ma se Gesù va oltre una legge e delle regole adatte ad un popolo fortemente condizionato dalla sua storia e, per così dire, “in crescita”, è anche opportuno ricordare che nel Levitico (19,2) si legge “Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono Santo” e ancora (Lv.19,18) : “…amerai il tuo prossimo come te stesso”. Anche nell’A.T. risuona quindi il comando ad imitare Dio, sulla base certamente dell’atto creativo, quando Dio disse:” Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza” (Gn 1,26).
Sulla fede nella Parola di Dio non possiamo negare che nel cuore di ogni uomo sia iscritta la Misericordia divina che può essere liberata, per Grazia, dai numerosi ostacoli della mondanità. Torniamo quindi al brano che si conclude con l’esortazione ad essere misericordiosi come è misericordioso il Padre. Da veri uomini, infine, perché risorti in Cristo, e come veri figli siamo chiamati a riscoprire la somiglianza al Padre che non giudica, se non per perdonare e non condanna, anzi è sempre in attesa di “versare nel grembo” del figlio salvato e rinato in Cristo “una buona misura, pigiata scossa e traboccante”, perché la Sua generosità paterna è assolutamente superiore a qualsiasi umano desiderio.
Vanna
Fonte: Comunità Kairos