Letture patristiche
XXVI del Tempo per l’Anno C
Lc 16,19-31; Am 6,1a.4-7 (leggi 6,1-7); Sal 145; 1 Tm 6,11-16 (leggi 6,11-20)
TENUTO A IPPONA DIARRITONELLA BASILICA DEL SANTO MARTIRE QUADRATO,
LA DOMENICA 25 SETTEMBRE,
DAL VANGELO OVE SI NARRA DEL RICCO E DEL POVERO LAZZARO
di sant’Agostino, vescovo (PL 46, 921-932)
Poiché dunque in Cristo non si vedeva Dio cioè la Stessa divinità, veniva disprezzata la carne che si vedeva. Egli però dimostrava la propria intima divinità con i miracoli; e poiché appariva tale da poter essere disprezzato dagli occhi umani, faceva azioni tanto straordinarie da apparire Figlio di Dio mediante le stesse opere. Compiva dunque opere straordinarie, dava utili precetti, correggeva ed emendava i vizi, insegnava le virtù, compiva guarigioni anche dei corpi per guarire lo spirito degli increduli; ciononostante il popolo, tra il quale era nato e allevato e aveva compiuto tanti miracoli, lo uccise. Ma egli ch’era venuto a nascere, naturalmente era venuto anche a morire. Però la morte del suo corpo, che aveva preso per dare l’esempio e la dimostrazione della risurrezione, non volle che fosse infruttuosa ma la lasciò piuttosto in potere degli empi affinché, rifiutando essi di fare quel ch’egli comandava, patisse lui ciò che voleva.
Così fu: Cristo fu ucciso, fu sepolto e risuscitò, come sappiamo, come viene attestato dal Vangelo, come già viene annunciato in tutto il mondo; e vedete che i giudei rifiutano ancora di credere in Cristo dopo che è già risorto dai morti e glorioso è asceso in cielo sotto lo sguardo degli Apostoli, mentre si adempiono in tutto il mondo le predizioni dei Profeti. Effettivamente tutti i Profeti, che preannunciarono la nascita, la morte, la risurrezione di Cristo e la sua ascensione al cielo preannunciarono anche che la sua Chiesa si sarebbe diffusa tra tutti i popoli. Se dunque i giudei non videro il Cristo risorto e ascendente al cielo, avrebbero dovuto vedere almeno la Chiesa diffusa su tutta la terra poiché, mentre ciò si stava avverando, si stavano certamente avverando le predizioni dei Profeti.
A proposito di essi accade quanto abbiamo udito poco fa dal Vangelo: non ascoltano Cristo risorto dai morti poiché non ascoltarono Cristo mentre viveva sulla terra. Così infatti disse Abramo al ricco ch’era nell’inferno tra i tormenti e desiderava che fosse mandato qualcuno sulla terra affinché riferisse ai fratelli come si vive nell’inferno e li ammonisse a vivere bene prima di giungere in quei luoghi di tormenti, facendo penitenza dei loro peccati per meritare, piuttosto, d’andare nel seno d’Abramo e non già nei tormenti dov’era andato a finire lui ricco. Mentre dunque rivolgeva questa preghiera quel ricco divenuto misericordioso troppo tardi, lui che aveva disprezzato il povero che giaceva davanti alla sua porta e forse, poiché era arrogante verso di lui, sentiva bruciarsi proprio la lingua e desiderava una goccia d’acqua su di essa. Poiché dunque sulla terra non aveva fatto ciò che avrebbe dovuto fare, per non andare a finire laggiù, cominciò troppo tardi a essere compassionevole a favore di altri. Ma che cosa gli rispose Abramo? Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi nemmeno se uno risorgerà dai morti 2. È del tutto vero, fratelli: nemmeno oggi i giudei si lasciano convincere a credere nel Risorto perché non hanno ascoltato Mosè e i Profeti, poiché se avessero voluto ascoltarli, avrebbero trovato negli scritti di quelli che era stato predetto ciò che ora si è adempiuto e che rifiutano ancora di credere.
Quello dunque che abbiamo detto dei giudei, diciamolo di noi per evitare che, mentre badiamo agli altri, cadiamo anche noi nella stessa empietà. Il Vangelo, carissimi, non viene letto dai giudei; da essi vengono letti solo gli scritti di Mosè e dei Profeti, ch’essi però non vogliono ascoltare; se invece volessero ascoltarli, crederebbero nel Cristo, poiché Mosè e i Profeti hanno preannunciato che sarebbe venuto il Cristo. Quando dunque si legge il Vangelo, cerchiamo di non essere come sono essi quando vengono loro letti gli scritti dei Profeti, poiché il Vangelo, come ho detto, non viene letto presso di loro, ma solo presso di noi.
Ecco il peccato del ricco, consistente proprio nel fatto che quel povero desiderava, senza riuscirci, di sfamarsi con gli avanzi, mentre si sarebbe dovuto fargli parte del cibo necessario a un uomo. Quel ricco dunque, se avesse avuto compassione di quel povero seduto davanti alla porta del suo palazzo e avesse voluto usargli misericordia con le sue ricchezze, sarebbe andato pure lui ov’era andato anche quel povero. Poiché non è vero che fu la povertà a condurre quel Lazzaro al riposo e non l’umiltà; o al contrario che fu la ricchezza a tener lontano da quel riposo tanto felice quel ricco e non la superbia e l’incredulità. Ora, perché sappiate che quel ricco sulla terra era stato incredulo, lo proviamo con le sue stesse parole da lui pronunciate nell’inferno. Fate attenzione. Voleva che uno dei andasse ad annunciare ai suoi fratelli come si sta nell’inferno; ma ciò non gli fu concesso poiché Abramo gli rispose: Hanno gli scritti di Mosè e dei Profeti, ascoltino quelli; egli allora: No, padre Abramo – disse – ma se andrà uno di qui dall’inferno, si lasceranno convincere 5. In tal modo dimostrò che anch’egli, quand’era sulla terra, non credeva a Mosè e ai Profeti, ma desiderava che uno risorgesse dai morti per lui. Considerate ora individui di tal genere e riflettete ove andranno a finire. L’esempio di questo ricco ci fa capire se avete fede. Quanti sono coloro che adesso dicono: “Trattiamoci bene, finché viviamo: mangiamo e beviamo e godiamo dei piaceri di questa vita. Che cos’è quello che ci si viene a dire che sarà dopo? Chi è tornato qua di lì? Chi di lì è tornato qua risuscitato?”. Questi sono i discorsi che si fanno; così diceva quel ricco, ma ciò che non credeva da vivo lo sperimentò da morto. Sarebbe stato meglio che da vivo si fosse corretto utilmente, anziché da morto fosse tormentato senza profitto.
Ti comanda ciò che devi credere, ti riserba ciò che potrai vedere. Se però non crederai quando ti comanda d’aver fede, non ti serba la sua visione, ma ti è riserbata la sorte per la quale quel ricco soffriva i tormenti nell’inferno. Allorché dunque verrà Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, il quale adesso viene annunciato essere venuto in modo che si spera che verrà ancora una seconda volta, verrà con la rimunerazione per i credenti e per gli increduli: darà il premio ai credenti e manderà gli increduli nel fuoco eterno. Egli inoltre così ha detto nel Vangelo, in qual modo cioè verrà a giudicare alla fine dei tempi: metterà alcuni alla destra, altri alla sinistra e farà la distinzione tra tutte le genti, come un pastore separa le pecore dai capri; i giusti staranno alla destra, gli empi alla sinistra; ai giusti dirà: Venite, benedetti dal Padre mio, prendete possesso del regno, preparato per voi dal principio del mondo6; agli empi invece e agli increduli: Andate nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e i suoi angeli 7. In che cosa maggiormente avrebbe potuto giovarti il giudice, che dicendoti la sua sentenza definitiva, perché tu sia in grado di non incapparvi? Fratelli miei, chi minaccia non vuol colpire, poiché, se ti sorprendesse, ti colpirebbe anche. Chi dice: “Sta’ in guardia” non vuol trovare uno per colpirlo. Sono gli uomini a procurarsi le ferite, a procacciarsi le pene, poiché non vogliono credere a Dio, che da tanto tempo dice loro: “State in guardia”. E per vero quale castigo riceve sulla terra chi commette un fallo? Forse qualche afflizione, qualche grande avversità, che ha lo scopo di punirlo o di metterlo alla prova. Uno infatti viene punito a causa dei suoi peccati perché non cada in castighi più gravi qualora non fosse punito; oppure viene messa alla prova la fede di ciascuno, per vedere come sopporta o con quale pazienza rimane sotto la sferza del Padre, senza recriminare il Padre che lo castiga, e godendo delle sue carezze ma in modo da ringraziarlo anche quando lo castiga, poiché punisce tutti coloro ch’egli riconosce come figli 8. Quanti supplizi patirono i martiri, quanti dolori sopportarono! Quali catene, quali squallori, quali carceri, quali tormenti, quali fiamme, quali fiere, quali specie di morte! Ma riuscirono a superare tutte le prove. Vedevano infatti con lo spirito una visione così splendida, che non si curavano di ciò che vedevano con il corpo: avevano l’occhio della fede che si rivolgeva verso le realtà future, trascuravano quelle presenti. Se invece uno ha l’occhio della fede spento, si spaventa dei mali presenti e non arriva ai beni futuri.
Talvolta nelle Scritture Dio si riteneva debitore rispetto a loro, ma avrebbe soddisfatto il debito a suo tempo. Ma di che cosa era debitore Dio? Aveva forse ricevuto un prestito da qualcuno, lui che a tutti dà tutto in misura sovrabbondante, lui che creò individui a cui potesse dare? Non vi erano infatti neppure gli stessi uomini ai quali potessero esser dati alcuni benefici. Potrebbe forse uno dire: “Dio ha concesso questi beni ai miei meriti”? Secondo te Dio concesse queste grazie ai tuoi meriti. Ma perché tu esistessi a chi lo concesse? Che cosa ha concesso a te che non esistevi? Che tu esistessi per pura grazia, poiché non avevi acquistato alcun diritto all’esistenza prima di esistere. Credi a lui che s’è degnato di darti per pura grazia anche tutto il resto. Abbiamo dunque la grazia di Dio e tutto il mondo aveva in certo qual modo come debitore Dio, o meglio non lo aveva come debitore poiché ignorava l’impegno scritto ch’era stato preso. Dio s’era fatto debitore a causa della sua promessa, ma non per aver preso un prestito. Poiché in due modi uno è chiamato debitore: se deve restituire ciò che ha preso, oppure mantenere una promessa. Di ciò che Dio promise non può dirsi: “Devi restituirlo” – in quanto non ha preso nulla dall’uomo Colui che all’uomo ha dato tutto – per questo motivo resta ch’è debitore solo perché s’è degnato di promettere.
Gli uomini erano stati condotti a tanta pazzia da adorare un idolo, mentre avrebbero dovuto essere condannati se avessero adorato l’artefice che aveva fatto l’idolo. È evidente, fratelli, che l’artefice è superiore all’idolo fatto da lui; ora gli uomini, pur essendo da detestare se adorassero l’artefice, adorano l’idolo stesso fatto dall’artefice. Dovrebbero essere esecrati per il fatto che adorano un artefice, ma sarebbero migliori di quelli che adorano un idolo. Se dunque sono riprovati i migliori, quanto più dovrò biasimare i peggiori? Ma se ho affermato che deve riprovarsi chi adora l’artefice, quanto più dev’esser biasimato chi abbandona l’artefice e adora l’idolo, proprio perché abbandona colui ch’è superiore, e si volge a uno ch’è inferiore? Ma qual è il superiore ch’egli ha abbandonato dapprima? È Dio, dal quale egli è stato fatto. Va cercando l’immagine di Dio? La possiede in se stesso, poiché un artigiano non può fare l’immagine di Dio, mentre Dio ha potuto fare l’immagine propria. Egli poi non ha fatto un altro oggetto per te, ma ha fatto te stesso a immagine propria. Tu però adorando l’immagine d’un uomo fatta da un artigiano, fai a pezzi l’immagine di Dio che Dio ha impressa in te stesso. Quando perciò t’invita a tornare, ti vuol restituire quell’immagine che tu stesso hai guastato e offuscato stropicciandola in certo qual modo con le passioni terrene.
Ascese al cielo come aveva promesso: ed anche ciò lo adempì. Diffuse il Vangelo per tutto il mondo: volle che i Vangeli fossero quattro, perché mediante il numero quattro fosse indicato il mondo intero, dall’Oriente all’Occidente, dal Settentrione al Meridione. Volle avere dodici Apostoli perché apparissero distribuiti in certo qual modo a tre a tre per [ciascuna delle] quattro [parti del mondo]; poiché il mondo è stato chiamato nella Trinità, nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Adempì questa promessa; inviò il Vangelo, come aveva predetto: Quanto sono belli i piedi di coloro che annunciano il Vangelo e la pace, che annunciano buone notizie14, come aveva predetto: Non vi sono parole né discorsi dei quali non si oda la voce. Il loro suono si è diffuso per tutta la terra e le loro parole sino ai confini della terra 15. Come aveva detto, così lo inviò: il Vangelo viene raccontato per tutto il mondo. Anche la Chiesa soffrì da principio la persecuzione; Dio adempì la predizione che ci sarebbero stati dei martiri. Leggi l’impegno scritto: Preziosa agli occhi del Signore la morte dei suoi servi fedeli 16. Suscitò anche i martiri poiché anch’essi egli aveva predetto. Che cosa di poi doveva adempirsi? Lo adoreranno tutti i re della terra 17. Abbracciarono la fede cristiana anche i re, i quali in principio avevano fatto i martiri con la persecuzione; vediamo dunque anche adesso che i re son diventati credenti. Adempì anche un’altra predizione, che cioè sarebbero stati fatti a pezzi gl’idoli per ordine dei capi di Stato, per ordine dei quali in principio i cristiani venivano uccisi. Ha eliminato anche gl’idoli poiché l’aveva predetto: Anche degl’idoli dei pagani sarà fatta giustizia18.
Poiché dunque, fratelli, Dio ha mantenuto tante promesse, perché non gli crediamo? È forse Dio un debitore incapace? Se non ci avesse ancora mantenuto affatto alcuna promessa, avremmo dovuto crederlo un debitore idoneo dal momento che ha fatto il cielo e la terra; egli infatti non era destinato a diventar povero per cui non avrebbe avuto il mezzo per pagare il debito, né può ingannare essendo la Verità in persona. Oppure è forse Dio una potenza così limitata che gli possa capitare di non avere il tempo di mantenere le promesse?.
Tutte queste sventure, con cui tu ci castighi, erano state predette: siamo sicuri che verranno anche i beni. Quando noi siamo puniti insieme con i cattivi, si compie la tua volontà. Sappiamo che sei un padre” che prometti ma che usi anche la sferza: istruiscici con il castigo e rendici l’eredità che ci hai promessa alla fine. Benediciamo il tuo nome santo poiché tu non sei stato in nessun caso bugiardo: hai mostrato con i fatti tutto ciò che hai promesso”. Con queste lodi, che sgorgano dalla stessa sventura come da una pigiatura, l’olio scorre nelle anfore. Ma se il frantoio è tutto questo mondo, si trova tuttavia nella Scrittura anche un altro paragone: Come l’oro e l’argento sono messi alla prova dal fuoco d’una fornace, così i giusti sono messi alla prova dalla tentazione della tribolazione 21.
Si porta anche un paragone tratto dal crogiolo dell’orefice. Con lo stretto crogiolo si trovano in relazione il fuoco, l’oro e la paglia. In tutto ciò può vedersi un’immagine di tutto il mondo: si trovano in esso la paglia, l’oro e il fuoco: la paglia si brucia, il fuoco arde, l’oro viene saggiato. Così anche in tutto questo nostro mondo ci sono i buoni e i cattivi, c’è la tribolazione; il mondo è come il crogiolo d’un orefice; i buoni sono come l’oro, gli empi come la paglia, la tribolazione è come il fuoco. Si potrebbe forse raffinare l’oro se la paglia non bruciasse? Succede che gli empi sono ridotti in cenere; poiché bestemmiano e lanciano critiche contro Dio, vengono ridotti in cenere. Nel crogiolo l’oro ch’è stato affinato – cioè i giusti che sopportano con pazienza tutte le molestie di questo mondo e lodano Dio nelle loro tribolazioni – l’oro affinato viene riposto negli scrigni di Dio; Dio infatti ha dei forzieri per mettervi l’oro purificato; egli però ha pure degli immondezzai per depositarvi la cenere della paglia. Da questo mondo esce tutto. Tu considera che cosa sei, poiché è inevitabile che venga il fuoco. Se troverà che sei oro, ti porterà via le scorie; se troverà che sei paglia, ti brucerà e ti ridurrà in cenere. Tocca a te scegliere che cosa vorrai essere. Poiché non puoi dire: “Non sarò toccato dal fuoco” in quanto sei già nel crogiolo dell’orefice sotto il quale è inevitabile sia messo il fuoco. A maggior ragione è necessario che ti trovi nel crogiolo, perché non potrai sfuggire affatto al fuoco.
Agl’individui di tal fatta l’Apostolo dice: Ma tu, a causa della tua ostinazione e della tua volontà non disposta a cambiar vita, accumuli su di te la collera di Dio per il giorno del castigo nel quale si manifesterà la giusta sentenza di Dio, il quale pagherà ciascuno per le opere che avrà fatto23.
Per conseguenza se un malvagio vuole perseverare nel male, non sarà tuo compagno, ma sarà solo uno che ti mette alla prova; se infatti egli è cattivo e tu sei buono, sopportando lui cattivo tu ti farai riconoscere d’essere buono; in tal modo tu riceverai il premio della tua pazienza di cui hai dato prova, quello invece avrà il castigo della sua ostinazione nel male. Per sapere poi come si comporta Dio, aspettiamo con pazienza la sua salutare pazienza, le sue paterne correzioni. Egli e padre, è benigno, è clemente; se ci lascerà vivere da dissoluti, allora sarà più adirato contro di noi.
Considerate che cosa dice la Scrittura: Il peccatore ha irritato il Signore; a causa della sua grande ira non indagherà 24. Che vuol dire: A causa della sua grande ira non indagherà? Perché è molto sdegnato, non indagherà, cioè li lascerà perire. Se dunque è molto sdegnato quando non indaga è anche molto misericordioso quando ci fa soffrire; ci fa poi soffrire quando ci castiga, quando fa aderire il nostro cuore a lui. Atteniamoci dunque alla salvezza che ci viene da lui e non rifuggiamo dai suoi castighi; è questo ch’egli c’insegna, a questo ci esorta, con ciò egli fa crescere la nostra virtù. Lo stesso suo Figlio, che venne per consolarci, qual bene riportò quaggiù? Ditemelo voi. Egli è senza dubbio il Figlio di Dio, il Verbo di Dio, per mezzo del quale Dio ha creato ogni cosa25, eppure qual bene riportò quaggiù? Non è forse proprio lui quello che, mentre scacciava i demoni, riceveva tali ingiurie da sentirsi dire: Tu hai un demonio26?
Al Figlio di Dio, che scacciava i demoni, i giudei dicevano: Tu hai un demonio. Erano dunque migliori di loro i demoni, che lo riconoscevano come Figlio di Dio, mentre i giudei non lo riconoscevano. Ma tanta era la sua potenza, la sua forza, tanta era la sua pazienza, che sopportava tutto. Fu flagellato, sentì gli insulti, fu schiaffeggiato, fu sputacchiato sulla faccia, fu incoronato di spine, fu crocifisso, alla fine fu sospeso sulla croce, fu schernito, deriso, fu ucciso, seppellito. Il Figlio di Dio sopportò quaggiù tanti oltraggi: se li sopportò il Signore, quanto più deve sopportarli il servo? se li sopportò il maestro, quanto più deve sopportarli il discepolo? Se lo fece chi ci ha creati, quanto più dovremo farlo noi, sue creature? Egli, per darci l’esempio, ci lasciò quello della pazienza. Per qual motivo ci perdiamo d’animo proprio quando dovremmo aver pazienza, come se avessimo perduto il nostro capo che ci ha preceduti nel cielo? Il nostro capo ci ha preceduti nel cielo per questo motivo, quasi dicendoci: “Ecco la via da seguire; venite attraverso le molestie e la pazienza; questa è la strada che vi ho insegnata. Ma dove conduce la via per la quale mi vedete salire? In cielo. Chi non vuol camminare per essa, non vuole arrivare lassù; chi vuole arrivare da me, venga per la via che ho mostrato. Non potrete dunque arrivare se non per la via delle molestie, delle afflizioni, delle tribolazioni, delle angustie”. Solo così arriverai al riposo, che non ti sarà mai tolto. Vuoi invece questo riposo di breve durata e abbandonare la via del Cristo? Considera i tormenti di quel ricco gaudente ch’era tormentato nell’inferno; anch’egli infatti desiderava il riposo presente, ma trovò le pene eterne. Fratelli carissimi, preferite le cose piuttosto sgradevoli, che arrecheranno con sé un riposo senza fine in eterno. Rivolti al Signore.
Note
1 – Cf. Gv 1, 3.
2 – Lc 16, 31.
3 – Lc 16, 19.
4 – Lc 16, 21.
5 – Lc 16, 29-30.
6 – Mt 25, 34.
7 – Mt 25, 41.
8 – Eb 12, 6.
9 – Cf. Sal 21, 28.
10 – Cf. Mt 22, 19.
11 – Mt 22, 17.
12 – Mt 12, 37.
13 – Mt 22, 18-21.
14 – Rm 10, 15
15 – Sal 18, 4-5.
16 – Sal 115, 15.
17 – Sal 71, 11.
18 – Sap 14, 11.
19 – Gn 12, l.
20 – Gn 22, 18.
21 – Prv 27, 21; Sir 2, 5.
22 – Cf. 2 Cor 5, 10.
23 – Rm 2, 5.
24 – Sal 10, 4.
25 – Cf. Gv 1, 3.
26 – Gv 7, 20
OMELIA SUL POVERO LAZZARO E SUL RICCO
CHE INDOSSAVA ABITI DI PORPORA E DI BISSO
di sant’Agostino, vescovo (MA 1, 288-291)
Nessuno infatti, fratelli, può convertirsi senza timore, senza tribolazione, senza trepidazione. Ci battiamo il petto quando ci tormenta il rimorso dei peccati: per il fatto che ci battiamo il petto, vuol dire che abbiamo nell’interno qualcosa, forse un cattivo pensiero; si manifesti nella confessione e forse non ci sarà più nulla che ci tormenti; si faccia in modo che tutti i peccati si rivelino nella confessione. Così per esempio anche quel ricco, gonfio di superbia per il fatto di vestirsi di bisso, aveva nell’interno qualcosa: avesse voluto il cielo che ciò fosse uscito fuori quando viveva; forse non sarebbe stato punito con le fiamme eterne; siccome però allora era superbo, quell’umore aveva prodotto un bubbone, non un’eruzione.
Il povero Lazzaro invece giaceva davanti alla porta pieno di piaghe4. Nessuno dunque, fratelli, si vergogni di confessare i peccati, poiché il giacere a terra è uno stato che si addice all’umiltà. Tuttavia considerate come cambia la sorte. Quando sarà passata la tribolazione delle confessioni, verrà la consolazione dei meriti, poiché verranno gli angeli, porteranno in alto questo poveretto coperto di piaghe e lo porteranno nel seno d’Abramo, cioè nel riposo eterno, nel recesso del gran padre; il seno infatti significa un recesso misterioso ove potrà riposare chi è spossato.
Giaceva dunque presso la porta questo povero coperto di piaghe, ma il ricco lo disprezzava; quello bramava sfamarsi degli avanzi che cadevano dalla sua tavola; con le sue piaghe nutriva i cani, ma egli non era nutrito dal ricco. Considerate con attenzione, fratelli, che il povero è uno che ha bisogno: Beato – dice il Salmista – chi comprende il misero e il povero5; riflettete bene e non disprezzate il povero come uno coperto di piaghe che giace presso la porta. Da’ al povero, poiché lo riceve Colui che anche sulla terra volle essere povero ma dal cielo vuole arricchirci. Poiché così dice il Signore: Io avevo fame e voi mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete accolto nella vostra casa, Ed essi: Ma quando ti abbiamo visto affamato o assetato o nudo o forestiero? Ed egli: Tutte le volte che lo avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei [fratelli], lo avete fatto a me6.
Il Signore mosso da misericordia volle che nei suoi fratelli più piccoli, sofferenti sulla terra, ci fosse in certo qual modo la propria persona per soccorrere dal cielo tutti i sofferenti. Tu dunque dài a Cristo quando dài al povero; o temi forse che un custode sì qualificato perda qualcosa o un ricco così grande non restituisca? Onnipotente è Dio, onnipotente è Cristo: non potrai perdere nulla. Affida la tua ricchezza a lui e non perderai nulla. Quando gliela affidi? Quando la dài al povero. Siffatta ricchezza non passerà quando sarà passata la carne come l’erba e la gloria dell’uomo appassirà come il fiore dell’erba. Pertanto, fratelli, se siamo rimasti atterriti che ci possa capitare di soffrire, dopo questa vita, tali pene e tormenti tra le fiamme ardenti, quali soffriva il ricco superbo e privo di misericordia, emendiamoci ora quando c’è tempo; poiché allora non sarà possibile soccorrere, perché non ci sarà possibilità di correggersi: infatti si corre in soccorso a ciascuno quando si corregge. È quella attuale la vita della correzione, la vita del soccorso e dell’aiuto. Rivolti al Signore.
[Finisce l’omelia sul ricco e sul povero Lazzaro].Note
1 – 1 Pt 1, 24.
2 – Gv 1, 14.
3 – Lc 16, 24.
4 – Lc 16, 20.
5 – Sal 40, 2.
6 – Mt 25, 35-40.
[1] Le letture patristiche sono tratte dalla dal La Bibbia e i Padri della Chiesa, Ed. Messaggero, Padova, Unitelm, 1995.
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