I versetti del Vangelo di oggi, attraverso il racconto di tre parabole, ci mostrano il nome e il volto di Dio. Il tema centrale della parabola è l’amore del padre misericordioso, la sua “speranza” che tutti si salvino e la gioia che prova nel salvare ciascuno dei suoi figli. Tutto ha inizio dal fatto che “si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo, mentre i farisei e gli scribi mormoravano dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”.
Ecco, il racconto delle tre parabole parte dalla mormorazione di farisei e scribi che si ritenevano migliori di altri. E in fondo questo è spesso il nostro pensiero. Spesso, siamo noi questi scribi e farisei, pensiamo di essere migliori di tanti altri, che i nostri peccati sono di poco conto, che abbiamo bisogno del perdono di Dio, sì, ma mica tanto; che frequentiamo la chiesa, che preghiamo, che facciamo elemosine… e questo ci fa pensare di guadagnare da noi la salvezza, di essere capaci di pagarci la salvezza! Mettiamo in risalto, nella parabola del Padre misericordioso la figura dei due figli. Il primo, il più piccolo, dopo essere andato via dalla casa del Padre in cerca di novità, di felicità, comprendendo di aver trovato solo vuoto, schiavitù e sofferenza, mosso dal ricordo dell’amore del Padre, inizia il suo viaggio di ritorno con il discorso di richiesta di perdono già pronto da dire al padre.
“Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio…”. «Un’espressione, questa, insopportabile per il cuore del padre… Gesù non descrive un padre offeso e risentito che gli dice: me la pagherai No, il padre lo abbraccia, lo aspetta con amore. L’unica cosa che il padre ha a cuore è che questo figlio sia davanti a lui sano e salvo. E questo lo fa felice, e fa festa! Certo, il figlio sa di avere sbagliato e lo riconosce: “Ho peccato … trattami come uno dei tuoi salariati”. Ma queste parole si dissolvono davanti al perdono del padre. L’abbraccio e il bacio del suo papà gli fanno capire che è stato sempre considerato figlio, nonostante tutto… questa parola di Gesù ci incoraggia a non disperare mai» (Papa Francesco).
Ma vi è anche la figura del figlio maggiore che provoca sofferenza al padre, quel figlio maggiore che pensa di essere vicino al Padre senza esserlo mai stato se non fisicamente. E anche questo figlio maggiore ha bisogno di scoprire la tenerezza del padre. infatti, appena viene a sapere del fratello minore e della festa e della gioia del Padre, rimane risentito da tutto ciò: «”Ecco io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando… ma ora che è tornato questo tuo figlio”… “Parla con disprezzo. Non dice mai ‘padre’, ‘fratello’. Si vanta di essere rimasto sempre accanto al padre e di averlo servito. E adesso accusa il padre di non avergli mai dato un capretto per fare festa. Povero padre! Un figlio se n’era andato, e l’altro non gli è mai stato davvero vicino!». Questo figlio rappresenta ognuno di noi quando facciamo le cose per Dio senza gratuità, senza amore, ma solo per ricevere una ricompensa!
«Nei due figli non vi è la logica della misericordia del Padre, ma la logica della ricompensa. Il figlio minore pensava di meritare un castigo a causa dei propri peccati, il figlio maggiore si aspettava una ricompensa per i suoi servizi… Questa logica viene «sovvertita» dalle parole del padre: “Bisognava far festa e rallegrarsi perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Il padre ha recuperato il figlio perduto, e ora può anche restituirlo a suo fratello, Senza il minore, anche il figlio maggiore smette di essere un fratello. La gioia più grande per il padre è vedere che i suoi figli si riconoscano fratelli» (Papa Francesco).
La parabola termina lasciando il finale sospeso: non sappiamo cosa abbia deciso di fare il figlio maggiore, scriviamo allora noi il finale, su come vogliamo essere e su cosa vogliamo fare!
Fonte: Istituto religioso “Missionari della Via“