Padre Benedict Vadakkekara – Commento al Vangelo del 6 Dicembre 2020

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Il brano del vangelo odierno, come l’intero vangelo, si apre con un titolo: Inizio del vangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio. Questo non è una banale osservazione, quasi che Marco volesse dire che qui inizia un libro chiamato vangelo. La parola vangelo nel primo secolo non indicava opere letterarie, ma la predicazione della Chiesa, il lieto annunzio che essa fa su Gesù come figlio di Dio.

Marco cerca dunque di risalire ai fondamenti della predicazione della comunità nella quale viveva e alla quale aveva dato la sua adesione di fede. Tale predicazione ha per oggetto Gesù come il Messia e come Figlio di Dio. Così possiamo tradurre il primo versetto Inizio del vangelo di Gesù Cristo, figlio di Dio – non come un’opera di fredda cronaca, una ricerca storiografica, ma una testimonianza di fede di chi ha creduto in Gesù come il Messia e Figlio di Dio.

Marco inizia con una serie di citazioni bibliche fuse tra loro per ricordare al lettore che l’inizio della lieta notizia su Gesù non è da cercarsi in un’altra persona, ma nel piano di Dio stesso. Tutto è dunque iniziato con la promessa di Dio; la comparsa di Giovanni Battista entra appunto in questo piano salvifico di Dio. Giovanni annuncia colui che vi battezzerà in Spirito santo. Lo Spirito santo è proprio la potenza del mondo che viene. Attraverso la conversione che ci riveste dell’assoluzione e ci prepara a ricevere lo Spirito, siamo come trasferiti già ora nel mondo di Dio, diventiamo persone che possono proclamare, con s. Paolo: Non sono più io che vivo, ma il Cristo vive in me.

Non che siamo esenti dal peccato, ma il peccato non è più la nostra ultima verità. Siamo diventati strumenti nelle mani di Dio, il Signore della vita. Questa è la nostra grande consolazione in questo tempo. Il frutto della conversione è la tranquilla attesa della venuta del giorno di Dio dopo che i cieli saranno passati e che gli elementi consumati da fuoco si saranno dissolti, l’attesa serena del Signore che viene, come pastore buono, per pascolare il suo gregge in pascoli erbosi. Pietro dichiara che la conversione in realtà affretta la venuta del giorno di Dio.

Quel che fa venire il giorno del Signore non è tanto il passare dei giorni e degli anni – per Dio mille anni non sono forse come un solo giorno – bensì la conversione stessa. Infatti, il tempo intermedio che stiamo vivendo non è vuoto: è tempo della pazienza di Dio che vuole che tutti gli uomini possano convertirsi, tornare a lui e trovare la salvezza. Rispondere all’appello del Battista, convertirsi è dunque far precipitare il giorno di Dio in cui ogni uomo vedrà la salvezza di Dio.

Questi sono i frutti che fanno della conversione un cammino che, nonostante le sue difficoltà, rimane un cammino di gioia.

Amen.