Giornata internazionale della solidarietà umana
Il mistero manifestato
Una volta sconfitti i nemici e giunto al potere, il re Davide decide di collocare «sotto i teli di una tenda» (2Sam 7,2) quel Dio pellegrino che ha custodito il suo cammino e quello del popolo contro i nemici. L’idea di costruire una casa per il Signore, dove riporre l’arca dell’alleanza, sembra opportuna persino al profeta di corte: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te» (7,3). È però sufficiente il riposo di una notte perché emergano anche le ombre nascoste in un simile progetto. Il profeta Natan ci ripensa e torna a fare meglio il suo mestiere, invitando Davide a riflettere sulle sue intenzioni: «Così dice il Signore: Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra» (7,5.8-9).
È sempre dietro l’angolo la tentazione di addomesticare il «mistero» (Rm 16,25) di Dio, confinando la sua presenza in luoghi e tempi ben precisi, recintando la sua splendida libertà dentro qualche schema rassicurante. Il Signore, dopo aver ridestato la memoria di Davide – perché ogni futuro non può che radicarsi nel passato –, gli propone un progetto diverso: «Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Il Signore ti annuncia che farà a te una casa» (2Sam 7,11). In questo cambio di prospettiva, possiamo riconoscere quale processo di conversione il tempo di Avvento stia cercando di ridonare al nostro cuore. Convertirsi al vangelo implica sempre abbandonare l’idea di dover essere noi a fare qualcosa per Dio, anziché accettare che sia lui a voler compiere qualcosa di grande in noi e attraverso di noi.
Iniziano, infatti, con la proclamazione di un’assoluta gratuità da parte di Dio le parole che l’angelo del Signore porta a Maria:
«Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Per quanto singolare, unica e irripetibile, l’annunciazione alla Vergine non è altro che il paradigma di ogni altra incursione della voce di Dio dentro la storia umana. Siamo invitati a gioire e rallegrarci per un motivo molto semplice, di cui però il nostro cuore non riesce a conservare sufficiente memoria: Dio non è assente o lontano; Dio è con noi.
Da quando la pienezza dei tempi si è compiuta nella storia, gli occhi di Dio non si stancano mai di posarsi sulla nostra umanità finché diventiamo tutti capaci di considerarci come una realtà molto amata, come oggetto di un’infinita ammirazione da parte di qualcuno legato a noi per sempre: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio» (2Sam 7,14). Un simile sguardo, così gratuito e fedele, può davvero togliere il fiato. Del resto, nemmeno alla futura madre del Signore è risparmiata una certa esperienza di timore, di fronte all’immensità di un Dio pronto a farsi piccolo nel suo grembo: «A queste parole ella fu molto turbata…»; Maria però non si lascia dominare dai sentimenti, ma cerca di riflettere e di avviare un confronto aperto e intelligente: «… e si domandava che senso avesse un tale saluto» (Lc 1,29). Interrogandosi, la Vergine diventa capace di riconoscere nel suo cuore i pensieri e i sentimenti più autentici, concedendo spazio e fiducia all’irruzione di Dio nel suo cuore. Allora l’angelo può proseguire e portare a compimento il suo annuncio:
«Non temere» (1,30), illustrandole fino in fondo il progetto di Dio. Maria accoglie, ascolta, comprende. Si affida alla Parola e si dissocia dalla paura. In questo modo finisce l’attesa e il Signore può finalmente venire: «Ecco» (1,38). La giovane donna di Nazaret non si lascia sfuggire l’occasione di lasciarsi definire da un sogno immenso e audace, ponendo la fiducia in un Dio a cui «nulla è impossibile» (1,37). Per aderire con tutto il cuore alla Parola di Dio, Maria non può che ricomprendere se stessa davanti alla novità che invoca e attende la sua complicità, accordandosi il diritto e il privilegio di un nome nuovo – «la serva del Signore» (1,38) – e svelando, finalmente, il grande «mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato» (Rm 16,25-26).
O Dio, Padre nostro, tu attendi di poter fare per noi ciò che la nostra storia grida e desidera: essere la nostra casa, il nostro riposo, essere con noi qui dove siamo e come siamo. Trasforma i nostri turbamenti in domande, i sentimenti in scelte, piene di fiducia, vuote di paura. Perché anche noi possiamo manifestare il tuo e nostro mistero. Maranathà!