Più piccoli
Presumibilmente stanco di vedere il suo popolo disperso e smarrito, desolato nel vedere i suoi pastori più preoccupati di se stessi che degli altri, il Signore, già nei tempi antichi, non ha resistito a formulare un’impegnativa promessa: «Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna […].
Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio» (Ez 34,11.15). La ripetizione con enfasi di quel pronome personale può essere una grande consolazione per ciascuno di noi, che così spesso ci sentiamo un po’ in balìa della nostra debolezza e delle circostanze, come pecore che non sanno bene in che direzione marciare. Del resto, il compito di una guida non è nemmeno quello di fare la strada al posto degli altri, ma soltanto di indicarla, infondendo la necessaria fiducia per poterla affrontare con speranza.
Questo tipo di regalità non è una funzione svolta solo da chi, nella vita, accetta di assumere una forma di paternità – nella carne o nello spirito – ma da chiunque diventa sensibile nei confronti della piccolezza degli altri a partire da una serena accettazione della propria: «Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte» (34,16).
La riflessione che l’apostolo Paolo sviluppa nel capitolo 15 della Prima lettera ai Corinzi offre una singolare occasione di approfondimento di questo tema. In un contesto ecclesiale già segnato dalla tentazione di non avere fiducia nella cosa più importante e decisiva della fede cristiana – il mistero della risurrezione – Paolo ribadisce il punto capitale dell’annuncio evangelico. Condurre gli altri verso la verità non significa porsi di fronte a loro con supponenza o arroganza, ma professare umilmente quanto di più prezioso ha raggiunto e, magari, ferito le profondità del nostro cuore.
Tra le forme di attenzione agli altri meno praticate e stimate, anche nel nostro tempo, ci sono alcuni atteggiamenti che la nostra tradizione spirituale ha definito opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori. Paolo non sembra affatto preoccupato di ferire o urtare la sensibilità dei suoi fratelli, quando cerca di consigliare il loro cuore, insegnare alla loro mente quel vangelo di cui non può mai essere sazio chi è disposto a riconoscersi peccatore: «Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti. Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita» (1Cor 15,20-22).
Naturalmente, l’amore per il prossimo resta un movimento con cui ci avviciniamo al mistero della sua vita senza alcuna bramosia di conquista e, soprattutto, senza alcun protagonismo. Ci ricorda tutto questo la grande parabola di Matteo, dove «finisce» ogni facile giudizio con cui siamo sempre tentati di regolare i conti con la realtà. Il fatto che tanto i giusti quanti gli empi, alla fine dei tempi, si troveranno a chiedere al «re» della storia «quando» (cf. Mt 25,37.44) hanno ricevuto l’occasione di servirlo, ci fa capire che la regalità di Cristo diventa la sostanza della nostra umanità quando nemmeno ci rendiamo conto di essere ormai diventati simili a Dio nell’amore.
Finché facciamo atti di bontà caricandoli di intenzioni, rischiamo di «usare» l’altro a nostro vantaggio e il bene che possiamo fargli lo facciamo, in realtà, ancora per noi stessi. L’amore capace di toccare ed esprimere il cuore stesso di Dio, invece, sembra essere quello che possiamo compiere con estrema naturalezza, come espressione di una connaturalità raggiunta senza alcun vanto e senza alcuno sforzo. Ciò significa che non saremo giudicati su quanto saremo diventati bravi, ma su quanto saremo diventati noi stessi, sensibili ai «più piccoli» momenti e alle più piccole occasioni di incontrare nei «fratelli» (25,40) il volto del Figlio dell’uomo.
Signore Gesù, donaci di rappacificarci con il nostro essere più piccoli di come credevamo. Trasforma il nostro sguardo perché da questa riscoperta statura di piccoli possiamo guardare con benevolenza anche i fratelli più piccoli. Connaturali a te lo siamo, ma aiutaci a diventarlo nei più piccoli gesti di accoglienza verso noi stessi e verso gli altri.