Paolo Curtaz commenta il Vangelo di domenica 1 Maggio 2022 – Rito Ambrosiano

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Lettura del Vangelo secondo Giovanni 8, 12-19

In quel tempo. Il Signore Gesù parlò agli scribi e ai farisei e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».

Il vangelo di Giovanni è un crescendo di tensione e di incomprensione nei confronti del Maestro.

Gesù vede che intorno a se l’incomprensione cresce, paradossalmente (ci fermiamo troppo poco spesso a riflettere su questo aspetto) la predicazione di Gesù e il suo modo di parlare di Dio sono inefficaci, inutili, osteggiati.

Si sente l’odio crescente, il desiderio di metterlo in imbarazzo

Eppure, e questo mi emoziona, Gesù non si arrende, non fugge, non evita di mostrarsi.

Ha a cuore l’annuncio della Parola, anche se rischia di diventare un peso da togliere, un problema da eliminare.

Intorno a lui vede persone che lo abbandonano, i devoti del tempo, i farisei, accusano Gesù di destabilizzare il loro insegnamento… chi si crede di essere?

Che fare, ora?

Non sono bastate le parole che hanno svelato il volto misericordioso di Dio, né i segni che hanno accompagnato tali parole, né le sottili argomentazioni bibliche che spiazzano i teologi.

Gesù intravvede una strada che mai avrebbe creduto di dover percorrere: la sconfitta, il dono della sua stessa vita, la morte.

Può una sconfitta cambiare il corso della storia?

Capiranno davanti alla croce che altro è fare bei discorsi, altro morire?

L’uomo, finalmente, spezzerà la crosta di violenza che gli impedisce di vedere? Mosé innalzò un serpente di bronzo per guarire gli ebrei morsicati da serpenti velenosi nel deserto del Sinai, Gesù verrà innalzato (Giovanni non usa la parola “crocifisso”) cioè osteso, mostrato, donato.

Il mistero della croce è questo: la misura colma dell’amore di Dio, la misura del suo dono, la sua capacità di guarirmi, di redimermi, di salvarmi dalle tante cose che avvelenano i miei pensieri e il mio cuore.

Sì, occorre donarsi, occorre correre l’immenso rischio di compiere un gesto che non verrà capito o accolto. Bisogna farlo.

Senti la fine che si avvicina, Signore. Triste profeta, anche tu non sei riuscito a piegare l’ostinazione dei tuoi, pur essendo il Figlio. Davanti a te, ultima possibilità, la follia della croce, la morte di Dio. Servirà a scardinare il cuore indurito dell’uomo, tua ingrata creatura? Abbi pietà della nostra durezza, Signore…

E Gesù ancora oggi evangelizza, proclama, urla la sua fede: è lui la luce del mondo, lui illumina, lui rischiara, e non di luce propria ma di quella luce con cui il Padre l’ha fatto diventare punto di riferimento per l’umanità.

Sì, il Signore è la luce del mondo, l’unico che riesce a illuminare le nostre tenebre, impariamo da lui, anche nei momenti di fatica, a non tacere, a non nascondere la lampada sotto lo sgabello…

Paolo Curtaz