V DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
Anno A – Rito Ambrosiano – 1 ottobre 2023
Amo il Signore e ascolto la sua parola
Matteo 22,34-40 – In quel tempo. 34I farisei, avendo udito che il Signore Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Fratelli, sorelle,
il Vangelo (V domenica dopo il Martirio di s. Giovanni, 1ottobre 2023) si distende tra la domanda di un dottore della Legge: “qual è il (più) grande comandamento?” e la risposta di Gesù che afferma il primato dell’amore descrivendo Sé stesso, come piena e totale adesione alla volontà del Padre di donarSi agli uomini, al prossimo, senza alcuna riserva: con tutto Sé stesso, “sino alla fine” (Gv 13,1).
Riconoscere l’amore
Nella Sua risposta Gesù fa anzitutto riferimento ai cosiddetti dieci comandamenti, alle dieci Parole del cap. VI del Deuteronomio che inizia con una forte esortazione all’ascolto: “Ascolta, Israele (…). Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente” (Dt 6,4-5). Se ci si addentra nelle profondità dell’amore di Dio, dell’amore che è Dio (“Dio è amore”, 1 Gv 4,8), non c’è anzitutto qualcosa da fare, ma da riconoscere, accogliere e ascoltare: ascolta, Israele! Cosa significano le parole che canta il profeta Isaia: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria” (6,4)? Che l’amore di Dio, l’amore che è Dio già riempie la terra degli uomini e che prima d’essere replicato chiede d’essere anzitutto riconosciuto.
E che per questo va affinato il fiuto per scorgerlo. Con l’urgenza propria dell’innamorato che presentendo la presenza dell’amata, la intravede in mezzo alla folla. Neppure, del resto, ci rendiamo conto di quanto amore ci attraversi, di quanto amore siamo fatti e impastati. Capita a volte di incontrare coppie di giovani innamorati che chiedono di accedere al matrimonio cristiano. E mi ritrovo a guardarli stupito mentre mi stanno innanzi. E subito t’accorgi che l’amore già li attraversa, mentre si tengono per mano e si guardano da innamorati. In loro l’amore non va fatto e neppure ricostruito o aggiustato, in due innamorati l’amore va semplicemente riconosciuto. Semmai importa rendere quell’amore più consapevole di un principio e di una direzione.
L’amore è amare
E Gesù non ci spiega cos’è l’amore. Più semplicemente ci ha detto l’amore declinandolo nelle infinite sfumature dell’amare: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente (…). Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Perché l’amore, una volta riconosciuto, non resta immobile in una definizione, irrigidito in una forma. Appena lo riconosci, subito ti avvolge e si diffonde. Come i raggi del sole, appena compare all’orizzonte; come uno scroscio d’acqua che si riversa, mal sopportando gli argini. Papa Francesco, con una di quelle sue espressioni ad effetto, direbbe ad esempio che l’amore è artigianale: di sua natura comporta un’arte, una immediata capacità di espressione: “Il matrimonio è frutto di un lavoro quotidiano. Un lavoro artigianale, da oreficeria. Il marito ha il compito di fare più donna la moglie e la moglie quello di fare più uomo il marito” (14.02.2014).
Così, infatti, ha cominciato Dio a fare per primo, creandoci a Sua immagine e somiglianza. E come un vero amante, desidera che gli rispondiamo amando. E mi capita di pensare che il nostro Dio neppure cerchi d’essere riconosciuto, accorgendomi di quanti uomini e donne lungo i tempi e ancora oggi non lo riconoscono e forse non lo riconosceranno mai. Forse gli basta che semplicemente ci amiamo, muovendo almeno qualche passo della sua danza: “Per essere un buon danzatore, con te come con tutti, non occorre sapere dove la danza conduce. Basta seguire, essere gioioso, essere leggero, e soprattutto non essere rigido” (Madeleine Delbrêl).
Lo sguardo fisso su di Lui
E così ogni uomo e ogni donna è reso capace, se raggiunto da un amante come il nostro Dio, di amare proprio come Gesù ha amato. Partecipe della stessa vita di Dio e della Sua gloria nelle sue stesse vene, nella sua stessa vita. Perché in ogni luogo della terra, in ogni tempo della storia, oggi, dappertutto, in qualsiasi desolazione, in qualsiasi evento tragico, in qualsiasi tribolazione Dio continua ad amare e a rendere ogni uomo e ogni donna capace di amare in pienezza. Ricordo le parole poetiche scritte in occasione del matrimonio di amici: “E forse più che una casa, / spenta immagine della mia fissità, / ho sognato per il tuo amore una tenda, / caldo rifugio per una notte. / Ma subito è il miracolo dell’alba / e tu, instancabile, / la vai arrotolando alla ricerca di nuovi orizzonti. Sempre oltre / per ininterrotti sentieri / che solo amore inventerà…” (A. Casati). E come continuare a danzare attenendoci ai passi dell’amore che Gesù ci ha insegnato? Attenendoci anzitutto a quella gratuità piena che anzitutto scaturisce da un cuore libero e sincero: Amerai il Signore tuo Dio “con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente…”. Perché si ama attraversati da una linfa che scaturisce da un orizzonte che ci precede, ma tenendo lo sguardo fisso su Gesù, nostro Maestro e Salvatore. Imparando da Lui ad amare sino alla fine, sino alla consumazione di sé per amore: “avendo amato i suoi li amò sino alla fine” (Gv 13,1). Tu lasciati prendere per mano da Lui, fidandoti di Lui molto semplicemente e in te la gioia sarà piena.
don Walter Magni