Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 1 Settembre 2024 – don Walter Magni

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PRIMA DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE

Anno B – Rito Ambrosiano

Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza

Giovanni 3,25-36 – In quel tempo. 25Nacque una discussione tra i discepoli di Giovanni e un  Giudeo riguardo alla purificazione rituale. 26Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui  che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta  battezzando e tutti accorrono a lui». 27Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non  gli è stata data dal cielo. 28Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”,  ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. 29Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico  dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è  piena. 30Lui deve crescere; io, invece, diminuire». 31Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi  viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di  tutti. 32Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. 33Chi ne  accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. 34Colui infatti che Dio ha mandato dice le  parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. 35Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni  cosa. 36Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma  l’ira di Dio rimane su di lui.

Fratelli sorelle,  

leggendo i testi di questa liturgia, pensavo al rapporto che intercorre tra parlare e ascoltare che per  molti si sproporziona, al punto che tanto parlano quanto poco ascoltano. Ma se è vero che un  bambino impara a parlare perché ha sentito il suono delle parole, d’incanto, mettendoci in ascolto  della Parola di questa liturgia (Prima domenica dopo il Martirio di s. Giovanni il Precursore, 1  settembre 2024) troveremo le parole giuste per parlare poi a nostra volta nel nome di Gesù.  

L’“imparaticcio dei precetti umani” 

E già le parole proclamate dal Libro di Isaia sono tanto accorate e provocatorie. Così, infatti, “dice  il Signore: ‘questo popolo si avvicina a me solo con la sua bocca e mi onora con le sue labbra,  mentre il suo cuore è lontano da me e la venerazione che ha verso di me è un imparaticcio di  precetti umani”. E impressiona che Isaia parli dell’“imparaticcio dei precetti umani”.

Un  atteggiamento che, mentre purtroppo dilaga anche ai giorni nostri, di fatto insidia e rischia di  annientare “la sapienza dei suoi sapienti”, eclissando “l’intelligenza dei suoi intelligenti”, come ci  ricorda sempre Isaia. Poi la profezia procede anche a riguardo delle malelingue, segnalando che a  un certo punto “il tiranno non sarà più, sparirà l’arrogante, saranno eliminati quanti tramano iniquità, quanti con la parola rendono colpevoli gli altri, quanti alla porta tendono tranelli al  giudice e rovinano il giusto per un nulla”.

E questo sia chiaro per tutti. Finiamola, dunque, anche  noi di pronunciare parole inutili. Soprattutto quando ci prende il bisogno dannoso del  chiacchiericcio, che ammiccando con gli occhi va alla ricerca di inutili consensi. Imparando  piuttosto a sorprenderti proprio là dove quella stessa Parola l’avevi già ascoltata. Come fosse  pronunciata in quel momento per te. Così la Parola ti cade dentro e ti accende il cuore, come  volesse già fare la sua corsa. Che ci venga concesso il dono di passare dall’inutile imparaticcio dei  precetti umani alla profondità insondabile della Parola.  

Le sagge parole del Battista 

Così, guardando al Vangelo, la questione ritorna. I discepoli del Battista, infatti, dopo aver discusso  a riguardo di “purificazione rituale”, decidono di recarsi dal loro maestro con tono di sfida nei  confronti dell’operato di Gesù. E dicono: “Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano  e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui”. Dunque: che sta  mai combinando Gesù? Forse ti sta rubando il posto, ti sta portando via degli adepti, dei fedeli. Tu  cosa rispondi? Già la saggezza umana saprebbe rispondere a questo riguardo dicendo: ma lascia  perdere i sondaggi e soprattutto questa smania di confrontare chi battezza di più o di meno. C’è ben  altro da fare. Ma appunto: Cosa? Cosa ancora ci resta da capire che non capiremo mai abbastanza?  Proprio la risposta del Battista diventa istruttiva, quando ricorda a loro e ancora a tutti noi, con  grande senso di umiltà e decisione: “Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal  cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: ’Non sono io il Cristo’, ma: ‘Sono stato mandato  avanti a lui’”. Il Battista, dunque, resta al suo posto e gli sta bene che Gesù proceda per la Sua  strada. Perché proprio questo a lui sta a cuore, gli interessa. E quando si è appassionati allora le  parole ti si accendono dentro, sino al punto di creare sorpresa e stupore. E così un racconto ch’era  partito con accenti polemici e dialettici, guardando inizialmente a un Giovanni Battista un po’ rude  in certe espressioni, diventa invece una delle testimonianze più appassionate nei confronti di Gesù.  

L’amico dello sposo 

E in lui finiamo per scoprire sentimenti di una tenerezza infinita, di una delicatezza affettuosa.  Parole come amico, sposo, sposa, pronunciate dal Battista che guarda a Gesù diventano preziose. Il  Battista ci racconta di Gesù non usando l’immagine di chi brucia la pula con fuoco inestinguibile,  ma di uno sposo consumato di amore per la sua sposa. E ci fa solo bene sentire il Battista che dice  “’Non sono io il Cristo, ma: ‘Sono stato mandato avanti a lui’. Lo sposo è colui al quale appartiene  la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo.  Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire”.

E se resta vero che l’amico  dello sposo è sempre colui che prepara l’evento delle nozze, poi non invade, non diventa  protagonista. Assiste all’evento, sapendo che in primo piano sta solo Lui e Lui soltanto. Ed è così  che il Battista diventa per noi l’uomo dell’ascolto. Proprio come Maria, davanti all’angelo  dell’Annunciazione. Egli resta per sempre l’amico che ascolta lasciandoLo fare. Trovando in questo  la pienezza della sua gioia: “Ora questa mia gioia è piena”.

E questo ci conferma la vocazione  della Chiesa, lungo la storia di questo mondo che tanto parla senza ascoltare. Evitando di mettersi in  mostra, di togliersi dai riflettori. Sempre meno preoccupata che si parli di lei, ma anzitutto e solo di  Lui. Qualche dizionario scrive che parlare viene da parabolare. A risvegliare le parole giuste sono  dunque le parabole, il racconto che il Battista ci ha fatto di Gesù: amico dello sposo. Il Suo Gesù.  

don Walter Magni