Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 10 Luglio 2022 – don Walter Magni

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V DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Anno C – Rito Ambrosiano – 10 Luglio 2022 

Signore, ascolta la voce della mia supplica

VANGELO –Lettura del Vangelo secondo Luca 13, 23-29: In quel tempo. Un tale chiese al  Signore Gesù: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la  porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il  padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta,  dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a  dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli  vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là  ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel  regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da  mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio».

Fratelli, sorelle, 

nei vangeli spesso alle domande che Si sente rivolgere, Gesù risponde ponendo un’altra domanda.  Potrebbe sembrare un espediente per catturare l’attenzione dei presenti, ma è piuttosto un invito preciso a non restare in superficie, a scavare in certe questioni. Proprio come avviene in occasione  dell’episodio evangelico della liturgia di questa domenica (V dopo Pentecoste, 10 luglio 2022). 

“Sono pochi quelli che si salvano?” 

Intanto Gesù sembra non rispondere con immediatezza a certe domande perché forse sono mal poste  o non corrette da un punto di vista logico o teologico. Quel giorno un tale aveva chiesto: “Signore,  sono pochi quelli che si salvano?”. Una domanda che evidentemente partiva dalla sua sensibilità,  dalla sua formazione di parte nell’affrontare il tema della salvezza: “quanti si salvano?”. Gesù allora reimposta la questione, come dicesse: se vuoi parlare della salvezza la questione è un’altra: ti devi  compromettere, devi metterci la faccia. Come quando affidiamo la risoluzione di certi temi centrali e  urgenti al calcolo statistico o a un algoritmo. E soprattutto ragioniamo degli altri convinti di non  essere anche noi compromessi, in questione.

Come fossimo davanti agli altri in modo asettico, mentre  diventa sempre più urgente rimettere in campo da parte di tutti il principio di responsabilità,  imparando a stare davanti alle questioni più complesse cercando di comprendere qual è il nostro  possibile contributo. Colpiscono le parole di una preghiera scritta da Etty Hillesum, reclusa in un  campo di concentramento: “una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non  puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dovere aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi… Sembra  che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch’esse fanno parte di questa  vita… E quasi ad ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a  noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi” (Diario, 10 luglio 1942) 

La porta stretta 

La richiesta di Gesù è piuttosto questa: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”. Che ti importa  sapere se i salvati saranno 144.000 con un tau segnato sulla fronte? La strada che porta alla salvezza  comporta un passaggio non scontato, che non è frutto di strategie, di chissà quali liturgie di  invocazione di salvezza. Anzi per molti che di vangelo non sanno molto e di Gesù hanno sentito  parlare vagamente la salvezza si nasconde nelle pieghe della vita così com’è, come si presenta: “A  noi resta solo la via stretta, qualche volta quasi introvabile, di accogliere ogni giorno come se fosse  l’ultimo, e di vivere però nella fede e nella responsabilità come se ci fosse ancora un grande futuro  davanti a noi.

Pensare e agire pensando alla prossima generazione, ed essere contemporaneamente  pronti ad andarcene ogni giorno” (D. Bonhoeffer). Piuttosto Gesù propone ai Suoi l’immagine della  “porta stretta” sapendo che non avrebbero ricordato la scena familiare di chi, rientrando in città a  tarda sera o di notte, avrebbe trovato chiuso il portone delle mura della città o del suo palazzo e  avrebbe dovuto chinarsi per attraversare una porticina piccola e stretta ritagliata nel grande portale.  Dunque chinarsi, abbassarsi e fare anche un po’ di fatica per attraversare quella porta che altro non è  che Gesù. Perché “io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e  troverà pascolo” (Gv 10,9). È sempre a Gesù che bisogna tornare: Egli è per noi Via, Verità e Vita.  In Lui troviamo uno sguardo di compassione e di misericordia. In Lui troviamo pace e salvezza.  

“Verranno da oriente e occidente…” 

Potranno essere anche molte e complicate le nostre fatiche, ma se ci accostiamo sinceramente ci  riconoscerà senza fatica. Terribile sarebbe piuttosto sentir dire da Lui quest’altra parola: “voi, non so  di dove siete. Allontanatevi da me”. Forse Gesù, dicendo questo nella Sua risposta a chi L’ha  interpellato a riguardo della salvezza, se la sta prendendo con quei furbetti che vorrebbero sempre  attraversare la “porta stretta” sventolando un lasciapassare, un visto tappezzato di timbri e di firme  che vorrebbero segnalare qualche appartenenza vantaggiosa.

Compresa qualche appartenenza  religiosa: noi, infatti, “abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza, e tu hai insegnato nelle nostre  piazze”! Che se poi si continuasse a sbandierare certi privilegi questo renderebbe Gesù ancora più  duro: “Allontanatevi, voi operatori di ingiustizia”. La sola pratica che a Lui interessa, infatti, è solo  la pratica di quella giustizia che ci rende semplicemente umani. “Verranno – infatti – da oriente e da  occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio”.

La “porta  stretta” che è Gesù la possono varcare solo coloro che, desiderando raggiungere Dio, hanno anche  guardato nella Sua stessa direzione: gli uomini e le donne di questo mondo, con le loro fatiche, miserie  e speranze. Come recita una antica antifona della liturgia ambrosiana: “Non chiudere la tua porta,  Signore, anche se ho fatto tardi. Non chiudere la tua porta: sono venuto a bussare. A chi ti cerca nel  pianto apri, Signore pietoso. Accoglimi al tuo convito, donami il Pane del Regno. Amen”.

don Walter Magni