II DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Anno A – Rito Ambrosiano – 11 Giugno 2023
Benedici il Signore, anima mia
Matteo 5,2.43-48 – In quel tempo. Il Signore Gesù 2si mise a parlare e insegnava loro dicendo: 43«Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».
Fratelli, sorelle,
il brano evangelico odierno è ripreso dal V capitolo di Matteo (II domenica dopo Pentecoste, 11 giugno 2023) per sei volte Gesù si serve di uno schema retorico letterario, dicendo: nella Legge di Mosè “sta scritto” questo e quello: “ma io vi dico”. Che cosa ci sta dicendo di nuovo Gesù usando alcuni verbi all’imperativo: amate, pregate, siate perfetti?
“Amate i vostri nemici”
Il primo confronto evangelico recita così: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici”. Se stando alla Legge antica si potevano ancora distinguere tra un prossimo da amare e un nemico da odiare, con Gesù, se accetti di seguirLo, non ci sono più distinzioni: l’amore va dato a tutti, anche ai nemici. E la ragione è una sola: la Sua croce. La stoltezza della Sua croce, come la ridice s. Paolo (1Cor 1,17). Infatti: “se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24). Riconoscere la croce di Gesù l’invincibile amore di Dio verso tutti, verso ciascuno dei Suoi come anche verso i loro nemici.
D. Bonhoeffer – ucciso in campo di concentramento nazista nel 1944 -scriveva: “è di capitale importanza che dinanzi a ogni nemico che incontriamo, subito pensiamo: Dio lo ama, per lui Dio ha dato tutto. Anche tu, ora, dagli ciò che hai: pane, se ha fame; acqua, se ha sete; aiuto, se è debole; benedizione, misericordia, amore. Ma lo merita? Sì. Chi infatti merita di essere amato, chi è bisognoso del nostro amore più di colui che odia? Chi è più povero di lui? Chi più bisognoso di aiuto, chi più bisognoso di amore del tuo nemico? Hai mai provato a considerare il tuo nemico come qualcuno che ti sta dinanzi nella sua estrema povertà, e ti prega, senza poter dar voce alla sua preghiera: ‘Aiutami, donami quell’unica cosa che mi può ancora essere di aiuto a liberarmi dal mio odio, donami l’amore, l’amore di Dio’” (Memoria e fedeltà, Quiqajon, 1979).
“Pregate per quelli che vi perseguitano”
Si tratta, dunque, di riuscire a esprimere un amore a tutto campo, senza confini: oltre ogni barriera, ogni forma di difesa, anche la legittima difesa di sé; oltre ogni ostacolo dovuto alla cattiveria che troppo spesso si annida nel cuore degli uomini. Un amore capace di resistere a ogni provocazione, a ogni cattiveria; al timore di essere coinvolto nel gioco perverso della lotta e della guerra che sempre annientano e uccidono. Perdonando fino a sette volte, come chiedeva Pietro? E “Gesù gli rispose: ‘Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette’” (Mt 18,21). E per questo non resta che pregare, pregare con insistenza. Una insistenza che è una vera e propria obbedienza a una precisa richiesta di Gesù: “Pregate per quelli che vi perseguitano”. Insomma ha senso, seguendo Gesù,
abituarsi a pensare che tutte le minacce e i soprusi, i delitti più efferati, pur nella loro brutalità insopportabile – e lo si sperimenta ormai ogni giorno – sono in definitiva un inconsapevole mendicare amore da Dio. Come un urlo sgraziato che invoca pace, bisogno, sete ardente di una fraternità che manca da morire. In fondo non facciamo altro che respingere il più povero dei poveri quando respingiamo un nemico mettendo in atto la sua stessa strategia di chiusura e di respingimento.
avanti all’umanamente impossibile – sembra dire ancora Gesù – può scattare l’ora della preghiera incessante al Padre perché non desista dal toccargli il cuore. Perché non desiderare, non sperare con tutto il cuore stando davanti a Dio che anche per lui o per lei scatti l’ora del pentimento e della conversione?
“Siate perfetti come il Padre” E si giunge così al terzo imperativo col quale Gesù sembra metterci davanti all’impossibile: “siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Come si raggiunge questa perfezione, sapendo che il confronto diretto è proprio con Dio? Una lettura attenta dell’antica ascesi di perfezione spirituale richiesta ai loro discepoli dai padri del deserto ci assicura che ciò che conta agli occhi di Dio non è tanto il raggiungimento di chissà quale perfezione personale nella pratica dell’ascesi, ma che la perfezione in senso evangelico un monaco la raggiunge passando attraverso un amore smisurato per il prossimo. Questo ci rende perfetti agli occhi di Dio, perché così ha fatto Gesù.
Il salutismo individuale che si preoccupa anzitutto della salvezza di sé è una pericolosa deformazione. Ci si salva insieme. Si salva chi salva gli altri. In questo senso i padri usavano l’immagine di un cerchio dove al centro sta Dio, mentre gli uomini si collocano tutti sulla circonferenza. E dirigendosi verso Dio ciascuno segue un raggio del cerchio e più si è avvicina al centro più i raggi si avvicinano tra loro. È in questo senso che la distanza più breve tra Dio e l’uomo passa per il prossimo. Una vita riuscita, perfetta, è in fondo una vita di dedizione. Che terrà sempre conto di quest’ultima provocazione di Gesù per i Suoi amici: “se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.
don Walter Magni