QUINTA DOMENICA DI AVVENTO
Anno C – Rito Ambrosiano – 12 dicembre 2021
Il Precursore
VANGELO: Giovanni 3,23-32. Chi possiede la sposa è lo Sposo; ma l’amico dello Sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello Sposo – In quel tempo. 23Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché là c’era molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare. 24Giovanni, infatti, non era ancora stato gettato in prigione. 25Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo alla purificazione rituale. 26Andarono da Giovanni e gli dissero: «Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui». 27Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. 28Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. 29Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena. 30Lui deve crescere; io, invece, diminuire». 31Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. 32Egli attesta ciò che ha visto e udito».
Fratelli e sorelle,
l’episodio del Vangelo di Giovanni di questa domenica (V di Avvento, 12 dicembre 2021) riferisce di una discussione che i discepoli di Giovanni avevano avuto con i discepoli di Gesù a partire dal diverso Battesimo che i loro maestri amministravano. Tuttavia questa discussione dice una profonda gelosia tra i due gruppi religiosi sulla quale è bene fissare un po’ l’attenzione.
L’invidia che acceca e distorce la realtà.
Giovanni Battista aveva imparato in prima persona a dimenticarsi, fissando lo sguardo anzitutto su Gesù che Si stava presentando sulla soglia del popolo di Israele e del mondo intero, indicando Lui come il Messia che doveva venire. Nell’imminenza della morte, trovandosi in carcere, qualche domanda nei confronti dell’operato evangelico di Gesù se l’era ancora posta: “sei tu colui che deve venire o ne dobbiamo aspettare un altro?” (Mt 11,3), ma tutta la sua predicazione potrebbe essere sintetizzata come continuamente convergente su Gesù inteso come la Parola della quale lui è semplicemente la voce, la via, l’amico dello sposo, il piedistallo, il Suo precursore. Proprio questo messaggio pare che anche i suoi discepoli avessero completamente dimenticato.
Come acciecati dalla paura e dalla gelosia di non essere riconosciuti come avrebbero forse desiderato. Forse persino antichi risentimenti, scaturiti dal confronto dei successi che Gesù stava riscuotendo mentre battezzava dall’altra parte del Giordano. Infatti diranno a Giovanni, tradendo una certa invidia: “Rabbì, colui che era con te dall’altra parte del Giordano e al quale hai dato testimonianza, ecco, sta battezzando e tutti accorrono a lui”. Erano preoccupati di sé, non della verità profonda che il loro maestro aveva insegnato anche a loro, riducendo tutto a una questione di audience, di indice di gradimento. Come quando, a fronte del nostro diminuire, del venire meno dei numeri di una volta, ci prende la voglia di tornare a contarci, senza capire cosa sta avvenendo davvero!
“Lui deve crescere, io diminuire”
Giovanni, tuttavia, non si lascia distrarre. Sta semplicemente al suo posto, senza tradire le sue convinzioni più profonde. Senza scomporsi va all’essenziale, al nocciolo della questione: “nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: ‘Non sono io il Cristo’, ma: ‘Sono stato mandato avanti a lui’”. Cioè: io non vi ho mai detto d’essere il messia e non ho mai inteso fare la minima ombra a Gesù: sono stato mandato davanti a Lui come Suo messaggero. Adesso tocca a Lui venire avanti”. Anzi, conclude la sua risposta con un’espressione che, mentre sintetizza il senso della sua esistenza, dice in modo compiuto chi è e chi deve essere un vero discepolo del Signore: “Lui deve crescere; io, invece, diminuire”.
Ha tutto il sapore di un detto, di un’espressione che può ancora ben risuonare alle nostre orecchie, ma non è certo facile da praticare, a distanza di secoli. Eppure, in questo sta la verità ultima della nostra esistenza di discepoli del Signore; in questo consiste il senso ultimo dell’essere stesso della realtà della Chiesa e delle chiese cristiane di tutti i tempi. Non quello di affermare se stessi, di accrescersi nel tempo, ma piuttosto quello di diminuire, di essere piccola cosa pur che Lui e anzitutto Lui si veda e Lo Si ascolti, facendo risuonare nel mondo la Sua Parola e la Sua Parola soltanto. Non ci aveva, infatti, proprio Lui invitato a non avere paura delle nostre piccolezze e piccinerie? “Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno” (Lc 12,32).
L’amico dello sposo
E tra le espressioni usate da Giovanni per incoraggiare i suoi a ritrovare la strada giusta c’è un’immagine suggestiva: “Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena”. Con questa immagine, desunta da alcuni grandi profeti biblici, Giovanni sembra alludere a quanto sta ormai avvenendo: la relazione sponsale definitiva di Dio con l’umanità. Traspare una bellezza e si percepisce una gioia che scaturisce dalla convinzione profonda che permette a Giovanni di identificare definitivamente lo sposo con Gesù. È, infatti, la profondità di questa relazione amicale con Gesù la strada maestra che permetterà alle chiese, talvolta stanche e affaticate nel loro percorsi lungo i sentieri della storia, di ritrovare quella linfa che sa incoraggiare a trovare la via.
Signore, nel tuo Natale che celebreremo tra pochi giorni, sapremo trovare le parole più vere per dire a tutti la nostra gioia nell’accogliere la tua presenza che tanto abbiamo atteso e invocato dentro le nostre mendicanti povertà? Abbiamo bisogno di parole semplici, umili, che però ci vengano dal cuore. Abbiamo bisogno, come Giovanni, di non vantare alcun merito, ma di sentirci, semplicemente, voce della Tua parola, piccolo riflesso della Tua grande luce, lampada che arde e risplende, sia pure in misura molto modesta, per le persone che abbiamo accanto, per i nostri familiari, per i nostri amici e per tanti fratelli e sorelle che sono in cerca di una luce per il loro cammino e il loro futuro.
don Walter Magni