Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 12 Gennaio 2025 – don Walter Magni

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BATTESIMO DEL SIGNORE

12 Gennaio 2025 Anno CRito Ambrosiano

Gloria e lode al tuo nome, Signore

Luca 3,15-16.21-22 – In quel tempo. 15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». 21Ed ecco,  mentre tutto il popolo veniva battezzato e  Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in  preghiera, il cielo si aprì 22e discese sopra di  lui lo Spirito Santo in forma corporea, come  una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu  sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio  compiacimento».

Fratelli, sorelle,  

celebriamo oggi l’epifania delle acque (Battesimo del Signore, 12 gennaio 2025), di Gesù che Si  manifesta nelle acque del Giordano. Un’epifania che scaturisce dal cielo. Dato che Gesù, “ricevuto i  battesimo, mentre pregava, il cielo si aprì”. Come se tutto Dio ci venisse incontro dal cielo. Infatti si  dice che “il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo” e che “venne una voce dal cielo: ‘Tu  sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento’”. 

“Sarà chiamato Santo, Figlio di Dio” 

E forse proprio questa affermazione che il cielo pronuncia su Gesù – “Tu sei il Figlio mio, l’amato”  – non è stata pronunciato un giorno solo. Come avviene per un padre, per una madre, così ci sono  giorni in cui certe parole d’amore, di affetto profondo, ti ritornano sulle labbra come una necessità,  come un’esclamazione del cuore. E si potrebbero ricordare, stando al Vangelo, alcuni giorni  particolari nei quali Dio ha voluto dire esplicitamente che Gesù è Suo Figlio. Che Gesù fosse Figlio  di Dio stava infatti scritto molti anni prima del Suo Battesimo al Giordano: nella carne del neonato che abbiamo contemplato a Natale. E anche prima: quando ancora stava nel grembo di Sua madre. E  anche qui è sempre lo Spirito santo il protagonista. Così come l’angelo dice a Maria: “Lo Spirito  Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà della sua ombra, perciò anche colui che  nascerà sarà chiamato Santo, Figlio di Dio” (Lc 1,35). Dunque, Gesù viene concepito e poi nasce e 

già Dio Lo chiama Suo Figlio. Come quando mettono un bambino appena nato nelle braccia di sua madre, mentre il padre lo guarda compiaciuto e felice si ripete dentro: ma questo è proprio mio figlio! E così vien da pensare che quando un bambino nasce, uomo o donna che sia, per Dio è già anche suo  figlio. Come se questa verità fosse scritta nella sua stessa carne. Come del resto diciamo sempre con  il Battesimo: tu sei in Cristo una nuova creatura! Prima ancora di dire amen, prima che si possa fare  un passo nel bene o nel male: tu sei già Suo nel Figlio Suo, tu sei figlio amato nel Figlio prediletto! 

“Tu sei mio Figlio, l’amato” 

E veniamo così al secondo giorno, Un secondo giorno in cui a Dio, proprio su quell’uomo ch’era  venuto da Nazaret, vien fatto di esclamare: “Tu sei mio Figlio, l’amato”. Succede infatti a un padre o  a una madre, quando ormai il figlio è cresciuto e sentono che è arrivato là dove doveva arrivare perché  era la sua vocazione, che dicano: “è a posto! Ce l’ha proprio fatta! È arrivato al suo posto!”. E qui  potrebbe cominciare lo sconcerto. Nell’accorgerci cioè che Dio dal cielo dica così: proprio perché tu  sei arrivato lì, mettendoTi in fila con tutti i peccatori per ricevere anche Tu il battesimo al Giordano,  proprio perché Ti sei lasciato immergere in quelle acque così cariche di peccati, si, Figlio mio, Figlio  amato, Tu sei al posto giusto, sei proprio arrivato! Si dice, infatti, che “mentre tutto il popolo veniva  battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì (…) e venne una  voce dal cielo”. Gesù viene dunque riconosciuto da Dio come Suo Figlio non nella distinzione, ma  nell’immersione, nell’indistinzione; non nella potenza, ma nella mitezza e nell’umiltà. Proprio per  questo, per tutto questo “Tu sei mio Figlio, l’amato”. E se il Messia che aspettavamo è questo, allora  i cieli non fanno più paura e si aprono anche su tutti noi, in accondiscendenza, in benevolenza! E  quando anche noi diciamo a qualcuno: Ti sento realizzato? Quando ha fatto carriera? Al termine di  un’arrampicata nei meandri del potere che danno ritorno? O quando lo dovessimo vedere immerso  nella solidarietà, a contatto con la fatica della gente, nella condivisione dei giorni che passano?  

“Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato” 

E si potrebbero ricordare anche altri giorni nei quali Dio pronuncia su Gesù di Nazaret parole di  affettuosa figliolanza, come il giorno della Trasfigurazione, quando ancora una voce dice: “Questi è  il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo” (Mt 17,5). Ma un giorno decisivo per comprendere le conseguenze indicibili del mistero di Gesù, Figlio di Dio, per l’umanità 

2 è proprio quello della Sua risurrezione. E la Parola cui riferirsi è un passo degli Atti, dove si dice di  Paolo che nella sinagoga di Antiochia predicava che Gesù risorto era l’adempimento definitivo della  promessa che Dio aveva fatto ai padri. E come propriamente “per noi, loro figli”? “Risuscitando  Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo: Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato! (At 13,13).  Come ci venisse detto che Dio risuscita Suo Figlio proprio per amore nostro. E proprio per questo  anche noi diventiamo a pieno titolo figli di Dio. Figli di Dio nel Figlio amato e risuscitato. Come  dicesse anche a ciascuno di noi: “Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato!”. E questo ci riempie di  stupore se ci pensiamo bene. E mi commuovo immaginare che pure verrà un giorno in cui sarò davanti  a Dio, al suo cospetto, mentre dentro di me sarà tutto un rimestare di una grande miseria. E torneranno  alla memoria domande, fatiche e debolezze. E lui, Dio nostro Padre, mi fisserà con quei suoi occhi  così carichi di tenerezza, senza parlare. Come già mi volesse abbracciare. E infine dirà commosso su  di me la sua Parola di definitivo compimento: Si, “mio figlio sei tu, oggi ti ho generato”.

don Walter Magni