Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 12 Giugno 2022 – don Walter Magni

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SANTISSIMA TRINITA’

Anno C – Prima domenica dopo Pentecoste – Rito Ambrosiano – 12 giugno 2022

Ti ho cercato, Signore, per contemplare la tua gloria

LETTURA del Vangelo secondo Giovanni 14,21-26 – In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: 21«Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». 22Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». 23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. 25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Fratelli, sorelle,

dopo i giorni dell’Ascensione di Gesù e il vento impetuoso e le fiamme infuocate dello Spirito di Pentecoste, la festa della SS. Trinità (I domenica dopo Pentecoste, 12 giugno 2022) è come un momento di sosta, di contemplazione. Gesù che sale nel cielo del Padre e lo Spirito che discende sugli apostoli e Maria nel cenacolo ci hanno già regalato l’idea che il nostro è un Dio che agisce amando.

“Rimanete in me ed io in voi”

Un Dio che per amore ha voluto venirci incontro e per amore fa di tutto per portarci con Sé, in Sé, coinvolgendoci in una sorta di indiamento. Lui in noi e noi in Lui come dice ai Suoi nel Vangelo odierno: “se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” o come dirà poco più avanti: “rimanete in me e io in voi” (Gv 15,4). E proprio con la festa della Ss. Trinità l’insieme di tutti questi movimenti trovano compimento. Come un acquietamento, un abbandono reciproco che riposa, inebria e ristora. Come ci fosse fatto dono di una gioia piena alla Sua presenza (sl 15,11), che ripaga di ogni attesa e di tanti desideri che non sembrano avere compimento. Tonino Bello racconta che, mentre stava preparando l’omelia della festa della Trinità, l’aveva raggiunto un amico prete che lavorava con gli zingari. Gli lesse per caso qualche passaggio dell’omelia che stava preparando e quello gli disse: “alla mia gente non direi mai che il nostro Dio è la somma di tre persone – uno, più uno e più uno ancora –, ma il risultato di uno per uno per uno che fa sempre Uno. Non la somma di tre Persone che si aggiungono l’una all’altra, ma l’unione di tre Persone che vivono l’una per l’altra, l’una nell’altra”. Questa è la qualità del nostro Dio. E se “Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio unigenito” (Gv 3,16), come ricorda Gesù a Nicodemo in un colloquio notturno, questo significa che abbiamo a che fare con un Dio che per amore Si sbilancia. Fuoriesce da Sé per essere semplicemente Se stesso.

Raccontare Dio

Un Dio che è come il vento che “sfia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va” (Gv 3,8). Ma sapremo ancora stare al cospetto di un Dio che rompe le nostre convinzioni? A volte assomigliamo a dei pendolari che ogni giorno prendono il loro treno e seduti si fissano sullo smartphone o sonnecchiano, mentre il miracolo della vita sfreccia via veloce dai finestrini. Così ci fissiamo talvolta a parlare di Dio perdendoci in qualche nostra immaginazione, in qualche formula o convinzione alla quale ci siamo come attaccati senza grande entusiasmo. Senza attingere alla Sua viva e misteriosa realtà che già ci avvolge e ci sfiora passandoci accanto. Meglio tornare a lasciarcelo raccontare così come ce ne ha parlato la Scrittura. Ad esempio, oggi il libro della Genesi ci ricorda che “il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui”. Come un Dio che gode nel venirci a trovare. E se solo L’inviti, allora varca la soglia della tua tenda promettendo fecondità là dove la sterilità del tempo che passa sembrava inesorabile. Un Dio che diventa l’amico inseparabile di Mosè e dei profeti, che si innamora di Maria di Nazareth, sognandola madre di Suo Figlio. Un Dio capace di relazioni appassionate, di una tenerezza infinita, di un coraggio capace di morire per amore nostro. Un Dio con noi, un Dio per noi. Sempre per l’altro, mai senza l’altro, per essere semplicemente e infinitamente Sé stesso.

Dio, come in un abbraccio

E il più grande narratore di Dio è stato Gesù: “Dio – infatti – nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato” (Gv 1,18). Lungo tutta la Sua esistenza ce lo ha spiegato. Con una tenerezza indicibile, con una forza che Gli veniva dal cuore. Dimostrando continuamente, nelle pieghe e nelle svolte della Sua esistenza, i tratti indelebili del volto del Padre e la vitalità dirompente dello Spirito che Lo abitava sin dal Suo concepimento. Come se tutta la Sua vita fosse come una cascata d’amore capace di investire il mondo di consolazione e di misericordia. Dio, infatti, “non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,16-18). Non è giunto il momento di arrenderci a un Dio così? Di lasciare che finalmente prevalga la Sua tenerezza sui nostri pregiudizi senza scampo e senza amore? Non è giunto il momento di lasciare che prevalga l’abbraccio sui distanziamenti? In uno dei capolavori di Kieslowski (Decalogo I), un bambino che stava giocando al computer improvvisamente si ferma e chiede alla zia: “Com’è Dio?”. Lei lo guarda in silenzio, lo abbraccia e accarezzandogli i capelli sussurra: “Pavel come ti senti?”. Stretto in quell’abbraccio il bambino alza gli occhi e risponde: “Bene, mi sento molto bene”. E la zia gli dice: “Pavel, Dio è così”: come un abbraccio infinito che ti avvolge. Sì, come ci confondessimo in Lui. Come un indiamento: Lui in me e io in Lui. Senza più un calcolo, un tempo determinato. E questo sì basta al nostro cuore.

don Walter Magni