Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 13 Febbraio 2022 – don Walter Magni

R

SESTA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

13 febbraio 2022 – Rito Ambrosiano – Anno C

Esultate giusti nel Signore

Luca 17,11-19: La potenza taumaturgia di Cristo e la sua filantropia: i dieci lebbrosi – In quel tempo. Lungo il cammino verso Gerusalemme, il Signore Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Cari fratelli e care sorelle,

la lebbra: un morbo della pelle che la medicina oggi ha ormai debellato, ma che, nell’immaginario delle culture antiche, diventava l’immagine plastica della corruzione del male, di una colpa che doveva essere pagata con l’isolamento da ogni forma di relazione, senza speranza. E il Vangelo di questa domenica (VI dopo l’Epifania, 13 febbraio 2022) narra di dieci lebbrosi che osano andare incontro a Gesù, sfidando ogni prescrizione sociale e religiosa.

“Lungo il cammino”

Ma c’è un dato del quale dobbiamo prendere atto: Gesù è in cammino. Si dice, infatti, che proprio “lungo il cammino verso Gerusalemme, il Signore Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Ed entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi”. Questa articolata descrizione del percorso di Gesù dice di certo la méta verso la quale Gesù è diretto, ma al tempo stesso segnala lo stile del Suo annuncio evangelico. Uno stile itinerante e continuo. Come ci segnalasse che l’incontro con Lui si dà camminando, mettendosi in moto verso Colui che ci sta venendo incontro: “La strada si fa camminando” cantava A. Machado e “Camminando s’apre cammino” scriveva A. Paoli.

Come se due cammini giungessero alla mèta. Gesù, che è entrato nel mondo per fare la volontà del Padre e dieci uomini sfigurati che osano uscire allo scoperto, sfidando le normative legali, le formule precauzionali della medicina, l’ideologia di una religione senza amore e incapace di pietà e misericordia. Ed è così che “entrando in un villaggio”, là dove la gente si raccoglie e abita, l’incontro dei loro volti avviene. Il volto luminoso e bello del Figlio di Dio e quello sfigurato di dieci uomini senza più alcuna prospettiva. Infatti: “non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (Mt 9,12). Gesù ci incontra là dove il male e la morte ci sfigura. Dove la nostra fede vacilla perché la religione più non la sostiene; là dove la speranza non ha più alcun appiglio o spiraglio di futuro; là dove l’amore non ha più spazio perché s’è inaridita qualsiasi relazione.

“Gesù Maestro, abbi pietà di noi”

E stando al Levitico, chi era affetto da questa penosa malattia doveva vivere fuori dal villaggio, indossare vestiti strappati tenendo il capo scoperto, gridando lungo la strada questo terribile riconoscimento: “sono immondo, sono immondo”. Ma questi, dopo che si sono accorti che sta passando Gesù di Nazareth, osano gridare l’impensabile nei Suoi confronti: “Gesù Maestro, abbi pietà di noi”. Perché di fronte a Dio “tutti gli uomini hanno peccato” (Rm 3,23) e la condizione di questi lebbrosi non è altro che l’espressione della condizione dell’intera umanità, sofferente e peccatrice. È qui, dunque, che bisogna tornare a osare. Avere il coraggio di gridare ancora a Dio la propria condizione.

Quel bisogno struggente d’essere riconosciuti ancora, d’essere sfiorati, ritrovando il calore di un abbraccio. In loro si esprime il grido di un’umanità che, stando anche solo al cospetto di Dio non si vergogna d’essere mortale. E questa è la fede nel suo cominciamento che Gesù rileva, accogliendo il loro grido. E “appena li vide, Gesù disse loro: ‘Andate a presentarvi ai sacerdoti’. E mentre essi andavano, furono purificati”. Certo Gesù S’attiene alla legge e alle sue prescrizioni, ma ribadendo il Suo diritto di priorità di poterSi rapportare a ogni uomo, anche al più debole e peccatore, con lo sguardo e il cuore di Dio. Come il Creatore degli inizi, come il loro Salvatore: “mentre essi andavano, furono purificati”. Se mai noi ci siamo arrogati il diritto di distinguere a chi concedere il perdono, Dio ci insegna ad amare superando ogni legge e qualsiasi forma di condizionamento.

“Uno di loro (…) tornò indietro”

Nessuno è escluso dalla salvezza. È per tutti la Sua misericordia. Ma il racconto evangelico ci testimonia altro. Come l’acquisizione di una consapevolezza inattesa: “uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano”. Come se proprio da chi non avremmo mai immaginato, un lontano disprezzato – “era un Samaritano”! – ci venisse fatto il dono della bellezza, il gusto del riconoscimento. Della preghiera più alta che mai un uomo possa esprimere nei confronti di Dio. Solo lui ritorna sui suoi passi e, gettandosi “ai suoi piedi”, Lo riconosce e Lo adora. Lungo la strada ci è dato il dono della fede, la possibilità di una guarigione che ci sana.

Ed è ancora lungo la strada, ripercorrendola, che ci raggiunge la grazia di stupirci della bellezza e della profondità di quanto ci è stato dato, la gioia inestimabile di stare ancora alla Sua presenza. Entrando in pienezza nel rendimento di grazie di Gesù al Padre, nella pienezza della Sua offerta eucaristica. La fede trova il suo compimento nel riconoscimento che è solo Lui che può sanare pienamente i nostri cuori affranti e guarire nel profondo tutte le nostre ferite “Di tutto restano tre cose: la certezza che stiamo sempre iniziando, la certezza che abbiamo bisogno di continuare, la certezza che saremo interrotti prima di finire. Pertanto, dobbiamo fare: dell’interruzione, un nuovo cammino, della caduta, un passo di danza, della paura, una scala, del sogno, un ponte, del bisogno, un incontro” (F. Pessoa).

don Walter Magni