Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 15 Giugno 2025 – don Walter Magni

R

SANTISSIMA TRINITA’

15 Giugno 2025 Anno CRito Ambrosiano

Ti ho cercato, Signore, per contemplare la tua gloria

Giovanni 14,21-26 – In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: 21«Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». 22Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». 23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. 25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto». 

Fratelli, sorelle,

Dopo l’Ascensione di Gesù e il vento e il fuoco dello Spirito di Pentecoste, siamo alla festa della SS. Trinità (15 giugno 2025). Come potessimo bussare alle porte del cuore di Dio, cui abbiamo dato il nome di Trinità, per stare in compagnia con Lui. E se Trinità è un nome un po’ scolorito, tuttavia ci intuire un insieme di relazioni che, intrecciandosi, diventano per noi casa: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.

“Ecco la tenda di Dio con gli uomini”

Sì, questo nostro Dio Trinità, che così com’è vuol prendere dimora tra gli uomini, stare con loro – presso, sta scritto – ma animato dal desiderio intimo di poter raggiungere, dimorare dentro il cuore degli uomini. Un abitare, quello del nostro Dio Trinità, senza alcuna pesantezza, senza pretese di alcuna occupazione. Un prendere dimora con leggerezza, con grazia, con gentilezza, da Signore.

La pesantezza la potremmo invece ritrovare più facilmente nei nostri discorsi a Suo riguardo. Si dice infatti nel Vangelo: “Se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.

E se un’immagine più di altre potesse dire la Trinità di Dio, non è l’immobilità statica di una casa rigida e rocciosa, ma l’ondeggiare al vento dei teli di una tenda. A quel Suo modo di dimorare tra noi che in Gesù si è pienamente realizzato: “e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14).

Dove Colui che viene ad abitare (eskènosen) è Colui che pone la Sua tenda (skene) tra noi. Così da cantare col salmo: “Per me sei diventato un rifugio, una torre fortificata davanti al nemico. / Vorrei abitare nella tua tenda per sempre, vorrei rifugiarmi all’ombra delle tue ali” (61,4-5).

E udire ancora la voce che nell’Apocalisse proclama: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini! / Egli abiterà con loro / ed essi saranno suoi popoli / ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. / E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi / e non vi sarà più la morte / né lutto né lamento né affanno, / perché le cose di prima sono passate” (Ap 21,3-4).

“Mentre egli sedeva all’ingresso della tenda”

E l’immagine della tenda ritorna nella Lettura di questa liturgia: “il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno”.

Come tenda adagiata nel deserto che nel brivido del vento, conosce la sorpresa di un Dio che ti raggiunge. Che poi ti domandi: sono tre gli sconosciuti che si presentano sulla soglia o sono uno? E bello che resti la sorpresa, come una interrogazione senza fine.

E Abramo incontra Dio, un Dio che non si lascia costringere in uno schema, stando sulla soglia, nell’ora più calda del giorno. Quando la vecchiaia non aveva ancora attenuato in lui la curiosità degli occhi, per accorgersi del mistero di Colui che gli stava davanti.

E li ospita, senza chiedere un nome, un’appartenenza: “Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: ‘Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo!’”.

Che siano questi i preliminari per riconoscere Dio che ti viene a visitare? Stare sulla soglia, con la curiosità negli occhi e il cuore pronto e appassionato, senza inutili pregiudizi. Imparando che la Trinità di Dio è anzitutto l’invito a gustare la gioia di stare a tavola, all’ombra delle querce di Mamre.

Un Dio Trinità più convincente di una divinità che dall’alto ti sovrasta e giudica, ma non ti incontra!

“Com’è Dio?”

Davvero una buona notizia quella dell’unità di Dio con noi attorno a una tavola. Notizia da tenerci stretta in giorni sempre più inveleniti da popoli che invadono e occupano altri sino all’annientamento!

Giorni nei quali è invelenita l’aria non solo a livello globale, ma anche nel nostro quotidiano. Come abitati da un “io” dispotico e arrogante, che non ha più freni. Dove ritornano torri che pensavamo abbattute e troni che ritenevamo caduti.

Non è giunto forse il momento di arrenderci a un Dio della tavola e della condivisione? A un Dio della mensa già preparata, dell’Eucaristia pronta, semplicemente da consumare.

Non è giunto il momento di lasciare che solo prevalga la Sua tenerezza su quel giudicare che non dà mai scampo, senza amore? Non è giunto il momento di lasciare che prevalga l’abbraccio su tutti i nostri inutili distanziamenti?

In uno dei capolavori del regista polacco Kieslowski (Decalogo I) si narra che un bambino, mentre stava giocando al computer, improvvisamente si ferma e chiede alla zia: “ma com’è Dio?”.

E lei lo guarda in silenzio, lo abbraccia e accarezzandogli i capelli gli sussurra: “Pavel, come ti senti?”. Stretto in quell’abbraccio Pavel alza gli occhi e dice: “Bene, mi sento molto bene”. E la zia conclude: “Pavel, Dio è così”.

Un Dio, come un abbraccio che ti avvolge. Che puoi ancora immaginare quando per grazia incroci persone aperte, sciolte, libere e liberanti. Donne e uomini che amano sorprendersi, lontane dalla noia e dalla ripetizione.

Come una tenda che non ti cattura, ma solo ti accoglie e ti custodisce, come fa Dio. 

don Walter Magni