Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 17 Aprile 2022 – don Walter Magni

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DOMENICA DI PASQUA

Anno C – Rito Ambrosiano – 17 aprile 2022

Questo è il giorno che ha fatto il Signore; rallegriamoci e in esso esultiamo

Giovanni 20,11-18 – In quel tempo. 11Maria di Màgdala stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». 16Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa:
«Maestro!». 17Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». 18Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

Fratelli, sorelle,

morte e resurrezione segnano la Pasqua cristiana. Come non ci sono parole per giustificare la morte, così non ci sono ragionamenti in grado di dare una spiegazione adeguata della risurrezione, come passaggio dalla morte alla vita. Solo la vicenda di Gesù di Nazareth ce l’ha resa accessibile, passando dalla una morte cruenta alla pienezza della vita di Dio (Domenica di Pasqua, 17 aprile 2022).

“Era ancora buio”

“Era ancora buio” (Gv 20,1) quando Maria di Magdala corre al sepolcro. È rimasta sveglia quella notte, rivedendo l’immagine di Gesù crocifisso, avvolto dalle tenebre “fino alle tre del pomeriggio” (Mc 15,33). L’eco di quella Sua voce che implorava un senso le risuonava dentro: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Il poeta Turoldo scrive che “(…) Fede vera è al venerdì santo / quando Tu non c’eri lassù! / Quando non una eco risponde / al suo alto grido”. Persino quella tomba vuota riempi e di tristezza senza più il corpo di Gesù che in essa era stato deposto qualche giorno prima. L’evangelo che rimarca il fatto che era ancora buio, segnala che ormai si sta per avviare un’alba nuova, un cuore che, arrestato un attimo dal dolore, ritrova il ritmo di un amore impensato. Intanto Maria “piangeva”. Non le bastano gli angeli a consolarla e neppure quello sconosciuto, scambiato per il custode del giardino. C’è una tale insistenza sul pianto che il Vangelo della resurrezione non può cancellare. Come fosse un segno stesso della resurrezione. Gesù, infatti, non appare Risorto in un grande santuario o durante i riti solenni di una chiesa. Compare alle spalle di una donna che avendoLo amato tanto ora piange sconsolata, temendo d’averLo inesorabilmente perduto. E il gesto di Gesù che Si accosta con delicatezza estrema al suo dolore si ripeterà anche al termine di quello giornata, quando altri due discepoli Suoi se ne andranno delusi da Gerusalemme o ancora raggiungerà gli Undici, attraversando le porte sbarrate del Cenacolo. E tutti riconoscendoLo proveranno una gioia grande.

Più forte della morte è l’amore

E perché mai Gesù S’avvicina così a Maria? E perché Maria, sentendosi chiamare per nome subito s’accorge di quel Suo timbro di voce singolare? Cosa può significare tutto questo se non che – dentro quel reciproco riconoscimento – altro non c’è che amore, amore soltanto? Nel Cantico sta forse un’espressione che aiuta a capire. Quando l’amato dice all’amata: “forte come la morte è l’amore” (Ct 8,6). Come dicesse che più forte della morte è l’amore. Perché un amore grande come quello di Gesù come poteva restare chiuso in una tomba? L’amore del Padre è tanto intenso e forte che non poteva che risuscitare Suo Figlio, annientando definitivamente quella morte ignominiosa. Felice di vederLo correre là dove Lo porta il cuore: da Maria in pianto e dai Suoi che tristi e impauriti se ne stanno andando via. Come un vento che ti avvolge, come lo Spirito che rinnova la speranza e semplicemente regala la vita. Infatti: “noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte” (I Gv 3,14). Gesù è passato dalla morte alla vita perché attraversato e condotto dall’amore incandescente dello Spirito. E amare così come Lui ci ha amato, è riconoscerLo presente: “perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20). E anche a Maria, che vorrebbe trattenerLo ancora, dice: “non mi trattenere, (…) ma va’ dai miei fratelli”. Come un amore che non può che andare. Più forte della morte, infatti, è l’amore, “e le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo” (Ct 8,7).

“Dimmi che non sarà la morte”

Signore, dimmi che non sarà la morte l’ultima parola su questa mia povera esistenza. E che proprio qui si radica la fede. Quella fede che filtra a poco a poco nella storia degli uomini. Come i raggi del sole in quel mattino di Pasqua: prima sul volto di coloro che Ti avevano conosciuto, sino a raggiungere anche ciascuno di noi, oggi. Circola una gratuità a Pasqua che fa cantare così Turoldo: “Io vorrei donare una cosa al Signore, / ma non so che cosa. / Andrò in giro per le strade / e mi fermerò soprattutto coi bambini / a giocare in periferia, / e poi lascerò un fiore ad ogni finestra dei poveri / e saluterò chiunque incontrerò per via”. Tanto che Donata Doni scrive: “Sarà come incontrarti / per le strade di Galilea / e sentire il battito di luce / delle tue pupille divine riscaldare il mio volto. / Sarà la Tua mano / a prendere la mia / con un gesto d’amore ignoto alla mia carne. / Dimmi che non sarà la morte, ma soltanto un ritrovo / di amici separati / da catene d’esilio. / Dimmi che non saranno paludi d’ombra / a sommergermi / né acque profonde / a travolgermi. / Solo il Tuo volto, / solo il Tuo incontro, Signore”. Coraggio a voi che siete avviliti, stanchi, sottomessi ai potenti che abusano di voi. Coraggio, giovani senza prospettive, amici che la vita ha costretto ad accorciare sogni e speranze. Coraggio, gente solitaria che il peccato ha intristito. Il Signore è Risorto per dire a tutti che con la Sua resurrezione non c’è più morte che tenga, non c’è più una tomba chiusa, né un macigno sepolcrale che non possa rotolare via. Sia buona Pasqua anche per te che stupito osi ancora sperare.

don Walter Magni