Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 19 Novembre 2023 – don Walter Magni

R

SECONDA DOMENICA DI AVVENTO

Anno B – Rito Ambrosiano

I figli del Regno

Matteo 3,1-12 – 1In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della  Giudea 2dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». 3Egli infatti è colui del quale  aveva parlato il profeta Isaia quando disse: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del  Signore, raddrizzare i suoi sentieri! 4E lui, Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una  cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico. 5Allora  Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui 6e si facevano  battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 7Vedendo molti farisei e sadducei  venire al suo battesimo, disse loro: «Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira  imminente? 8Fate dunque un frutto degno della conversione, 9e non crediate di poter dire dentro di  voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare i figli  ad Abramo. 10Già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto  viene tagliato e gettato nel fuoco. 11Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene  dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito  Santo e fuoco. 12Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio,  ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

Fratelli, sorelle, 

la seconda domenica di Avvento (19 novembre 2023) ci invita a guardare alla figura austera ed  esigente di Giovanni il Battista. Una sorta di grande faro che illumina la strada per la quale il Signore  Gesù ci viene incontro. Come dicesse: non voltatevi indietro, guardate avanti: Non fissatevi sulle cose  che si vedono, ma affinate lo sguardo su quelle che non si vedono ancora, predisponendo i cuori in  attesa, più che al rimpianto. Avanti, coraggio: sappiate che il Signore c’è, il Signore viene! 

Essenzialità  

Un primo elemento che incuriosisce guardando a Giovanni il Battista è il luogo dal quale ci parla,  come da un pulpito: “predicava – infatti – nel deserto della Giudea”. Un luogo impervio, arido,  spoglio; ben lontano dal frastuono della città e il vociare interessato dei mercanti. Anche il Dio di  Israele per strapparlo dalla schiavitù aveva dirottato il Suo popolo nel deserto del Sinai, facendogli  sperimentare una essenzialità, un affinamento delle intenzioni che finiva per essere il contrario di  ogni superficialità e banalità della vita. Chiedendo alla Sua gente di andare al cuore delle cose,  stabilendo con il Suo popolo un rapporto d’amore, dove lo sguardo non ha più bisogno di tante parole. 

Così anche Giovanni il Battista, trascorso un lungo periodo di silenzio e di solitudine nel deserto di  Giuda, comincia a gridare a tutti che proprio lì Dio sta per arrivare, regalando con la Sua voce tonante,  parole forti e incisive, capaci di scuotere e di convertire i cuori. Come volesse comunicare parole essenziali, da affidare in libertà al vento dello Spirito, che danzando sulle dune, le trasportava là dove  solo lui le sapeva giustamente collocare. In un mondo dove la logica dell’accumulo imperversa e la  dissipazione dilaga, merita accorgersi che vi sia qualcuno che ancora “rinfreschi la visione delle cose,  che faccia sentire lo straordinario nelle cose ordinarie, il mistero nella banalità, la bellezza nella  spazzatura” (G. Papini). Il torpore, la sazietà, l’indifferenza che si depositano ovunque come una  coltre nebbiosa e grigia, devono e possono essere spazzati via da una voce che ancora inquieti le  coscienze, suscitando domande di senso, alla scoperta della verità che abita anche i nostri giorni.  

Coerenza 

C’è un altro dirottamento che il Battista sa provocare alla grande, se mai lo vogliamo vedere. Si dice,  infatti, che “Giovanni, portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano cavallette e miele selvatico”. Come dovessimo capire che anche lo stile di vita,  l’essenzialità nel quotidiano, possono contare in ordine alla veridicità di Colui che sta per venire.  Facendo trapelare dalla propria esistenza un’aura, un senso che ci rimanda ad altro e ci porta altrove.  Come quando ci capita di dire pieni di stupore davanti a qualcuno: ma questo è davvero un uomo di  Dio!

Perché in lui tutto ha una coerenza, una dirittura, come una sorta di trasparenza che ti permette  di intuire, di intravedere, provando nel cuore una gioia che non ti sai spiegare. Si tratta di qualcosa  che anche Gesù un giorno Si sentirà in dovere di riconoscere, pure Lui ammirato e attratto da  Giovanni il Battista: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono  abiti di lusso stanno nei palazzi dei re!Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi  dico, anzi, più che un profeta” (Mt 11,7-9). Non basta avere sulle labbra il nome di Dio e dire  continuamente: “Signore, Signore” (Mt 7,21) per essere convincenti e convertire i cuori al Signore  che viene. C’è uno stile, una coerenza della propria vita che viene prima delle nostre parole e  introducono l’altro a darci credito, dando credito a Dio e alla bellezza del Suo volto. 

Schiettezza 

E un ultimo dirottamento Giovanni il Battista ce lo regala con la schiettezza del suo parlare. Proprio  quella parresìa che pagherà con la sua stessa vita. Giovanni, infatti, veniva raggiunto da gente che  aveva le provenienze più diverse. Si dice, infatti, che “Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona  lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando  i loro peccati”. Oltre ai molti farisei e sadducei che, pur provenendo dal Tempio della Città santa,  pure loro desideravano ascoltarlo, sottomettendosi al suo battesimo di conversione. Proprio nei loro confronti Giovanni mette in campo parole dure come macigni.

Parole che ti lasciano il segno dentro e che ascolti senza batter ciglio: “razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira  imminente? Fate dunque un frutto degno della conversione, e non crediate di poter dire dentro di  voi: ‘Abbiamo Abramo per padre!’. Giovanni se la prende soprattutto con chi si irrigidisce di avere  la verità in tasca e ostenta nei confronti di Dio una supponenza insopportabile, incapace di accoglierne  il mistero. Mal sopportando che della fede di Abramo se ne faccia un vessillo sotto il quale sostare  sicuri, giudicando il mondo senza misericordia. Giovanni non intendeva certo decretare la fine della  religiosità ebraica alla quale apparteneva. Aveva piuttosto intuito che con l’avvento di Gesù Salvatore  era giunto il momento per fare tutti un salto di qualità, aprendo il cuore più decisamente nei confronti  di Colui che viene, che viene sempre nella novità del Suo mistero senza fine.

don Walter Magni