DOMENICA DOPO L’OTTAVA DEL NATALE DEL SIGNORE
2 gennaio 2022 – Rito Ambrosiano
Il Verbo si fece carne e pose la sua dimora in mezzo a noi
Luca 4,14-22: In quel tempo. Il Signore 14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. 16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: 18Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, 19a proclamare l’anno di grazia del Signore. 20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». 22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca.
Fratelli, sorelle,
il Natale di Gesù ha anche una intensa valenza storica: Gesù, Figlio di Dio, nasce in un momento preciso, in un luogo geografico circoscritto, nel contesto del popolo ebraico, caratterizzato da una propria cultura e religione. E tutto questo risponde al disegno, alla strategia sapiente e provvidente di Dio, come evidenzia la liturgia di questa domenica (dopo l’Ottava del Natale, 2 gennaio 2022).
In principio la Sapienza
La Sapienza, stando al libro del Siracide, si esprime in prima persona, come una voce che scaturisce dal profondo del cuore stesso di Dio: “Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e come nube ho ricoperto la terra”. Un’affermazione che, presa nel suo significato più esplicito cambia il senso delle cose, il loro corso. Accogliere, cioè, il fatto che all’inizio della storia degli uomini ci sia un senso, una prospettiva che ci precede e ci accompagna non è lo stesso che ritenere che in principio si dà qualcosa, certo, ma non qualcuno. Un essere vivente che con la sua intelligenza precede i nostri ragionamenti e tutte le nostre domande e anche l’insieme dei nostri tentativi di avviare qualche risposta, senza predeterminarci, lasciandoci liberi e sapendo aspettare pazientemente.
“In principio” – come afferma l’incipit del Vangelo di Giovanni – “sta il Verbo”: un logos, una logica, un’intenzione, una volontà puntuale di Dio nei confronti degli uomini. Una sapienza che regalando luce intorno a sé, si fa strada anche dentro le nostre tenebre. E questo è consolante. Soprattutto quando si ha l’impressione che il mondo sia come una grande barca senza timoniere, un aereo senza pilota, lanciato verso un bersaglio senza una ragione. La gioia, invece, di poter dire a noi stessi e a chi osa lanciare domande verso il cielo è possibile. Forse il senso di quello che stai facendo oggi sfugge, ma il caos non è il principe di questo mondo. Anche i muri più sordi e tutte quelle questioni che spesso assomigliano a dei buchi neri hanno un limite, uno sbocco.
“fissa la tenda in Giacobbe”
E la sapienza dice: “il creatore dell’universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele”. E il Prologo di Giovanni precisa: “il Verbo si fece carne e mise la sua tenda in mezzo a noi”, aiutandoci a rileggere il Natale di Gesù, come azione diretta e voluta di Dio che, avendo anzitutto deciso di abitare tra gli uomini, si fa spazio immaginando di avere pure Lui una tenda tra le tende del popolo d’Israele che sta vagando nel deserto in cerca di libertà. Non si tratta soltanto di una presenza che come una nube avvolge l’Arca dell’Alleanza di un popolo incamminato verso la Terra promessa.
È il desiderio di Dio di prendere corpo tra gli uomini, innestandSi nella carne di una discendenza precisa e concreta: “fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele”. E così un uomo, un cucciolo d’uomo viene concepito. E poi nasce e poi cresce, e vive e muore come uno di noi. Una teologia della salvezza che intende descrivere l’intenzione del nostro Dio di raggiungerci per salvarci non potrà mai prescindere dalle dinamiche culturali, etnico-religiose, che hanno fatto di Gesù di Nazaret un uomo preciso e definito. Guidato da una precisa sapienza divina, inserita e in continuo confronto con la vita di un popolo connotato da una propria personalità e da un insieme di caratterizzazioni che hanno generato dal loro interno Gesù, Figlio di Dio e figlio dell’uomo. Come se proprio in Gesù di Nazaret il cuore di Dio si fosse incontrato con il cuore di ogni uomo.
Gli occhi “fissi su di lui”
Noi abbiamo tutto il diritto di domandarci: perché Dio s’è fatto uomo? (Cur Deus homo? s. Anselmo d’Aosta), ma il Vangelo odierno ci aiuta a dare una risposta. Si dice che “Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito”: ecco la sapienza che Lo guida. Poi “venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: 1Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore”.
Perché Dio S’è fatto uomo in Gesù? Per portare un annuncio di libertà, un senso possibile nella vita di ogni uomo, nessuno escluso. E “riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: ‘Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato’. Credere che questo compimento si dà anche nella vita più povera e più provata, anche la più dimenticata, è la sapienza che ci è chiesto di accogliere, tenendo fisso lo sguardo su Lui, senza mai stancarci, senza scoraggiarci mai. Signore noi vogliamo restare caparbiamente davanti a Te, correndo “con perseveranza nella corsa che ci sta davanti fissando lo sguardo su Gesù, che dà origine alla fede e la porta a compimento…” (12,1-2).
don Walter Magni