Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 2 Marzo 2025 – don Walter Magni

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ULTIMA DOMENICA
DOPO L’EPIFANIA

2 marzo 2025 Anno CRito Ambrosiano

Domenica detta «del perdono»  

Fratelli, sorelle, 

a una settimana dall’inizio della Quaresima si celebra la domenica del perdono (Ultima dopo  l’Epifania, 2 marzo 2025). Tanto la spiritualità ebraica aveva scoperto che Dio ha un cuore  “misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà” (Es 34,6-7), quanto Gesù, Figlio  di Dio, questo cuore l’ha reso concretamente visibile. L’incontro di Gesù con Zaccheo è la  dimostrazione che il perdono di Dio è a portata di mano di tutti, disponibile senza se e senza ma.  

“La stava attraversando” 

Intanto è scritto che “Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando”. Si può entrare in  una città senza attraversarla. Come turisti svagati, che vedono senza fare particolare attenzione. E  questo può capitare anche a noi che abitiamo in una città come Milano. Ricordo le parole del card.  Martini ai giovani radunati in Sinodo, più di vent’anni fa. Diceva: “Attraversate la città  contemporanea con il desiderio di ascoltarla, di comprenderla, senza schemi riduttivi e senza paure  ingiustificate, sapendo che insieme è possibile conoscerla nella sua varietà diversificata, nella rete di  amicizie e di incontri, nella collaborazione tra i gruppi e le istituzioni (…).

Possiate essere il fermento  e i promotori di nuove agorà, dove si possa dialogare anche tra coloro che la pensano diversamente, in una ricerca appassionata e comune” (23 marzo 2002). E attraversando la città può capitare di  imbattersi con gente che è ‘fuori posto’. Come Zaccheo che risultava ‘fuori posto’ già per la categoria  cui apparteneva: era capo dei pubblicani. Non semplicemente un pubblicano, ma il presidente della  categoria. E ‘fuori posto’ anche il fatto che un uomo del suo rango si arrampicasse su di un albero. E  tutto per vedere un predicatore, un Rabbì? Cosa aveva mai spinto Zaccheo a travalicare così tante  convenzioni e forme? Il Vangelo ci dice soltanto che Zaccheo “cercava di vedere chi fosse Gesù”.  Perché è il desiderio che ti mette in movimento, che ti stimola a cercare facendoti andare ‘fuori posto’.  È il desiderio che induce Zaccheo a inventare un nuovo appostamento. 

“Corse avanti” 

Insomma: se non vogliamo scadere nella formalità sterile, nel “dovere senz’anima”, dobbiamo  custodire il desiderio. Nei confronti di Dio, dell’altro o dell’altra, e di una infinità di cose; anche nei  confronti di questa celebrazione. Perché poi è il desiderio che fa correre e affretta Zaccheo che, come sta scritto, “corse avanti”. E dunque, rinnovando il gusto di desideri nobili e alti che non hanno età,  mi piace tornare all’immagine dell’‘appostamento’, perché resta vero che i desideri possono anche  andare in tante direzioni. E quello di Zaccheo era propriamente il desiderio di scoprire il segreto di  una persona. Si dice, infatti, che “cercava di vedere chi fosse Gesù”.

Forse qualcuno gliene aveva parlato. Ma non gli bastavano le parole della gente, Lui voleva vedere di persona allora chi fosse veramente Gesù. Quel particolare desiderio che a volte ci prende di riuscire a capire cosa veramente  abita nel cuore di qualcuno. Ed è a questo punto che gli sguardi di Zaccheo e di Gesù si incrociano.  E lo sguardo di Zaccheo si incrocia con quello di Gesù, perché anche Gesù è abitato da un desiderio.  Diciamo pure da una passione per l’umano, per ogni uomo. È pur vero che a volte diciamo a qualcuno  o anche a noi stessi: “calmati!”, “datti una calmata”. Ma i desideri che contano per lo più hanno  sempre fretta. Per questo Gesù, mentre lo guarda gli dice: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo  fermarmi a casa tua”. Non gli dice: “che razza di mestiere fai? Ne hai rubati di soldi!”. No, gli dice:  “devo fermarmi a casa tua”. E quello “scese in fretta e lo accolse pieno di gioia”.

“Cercare e salvare ciò che era perduto” 

Del resto anche Gesù a questo punto diventa un ‘fuori posto’, perché si fa invitare a casa di un impuro,  di un pubblico peccatore! Una condizione della quale, secondo i puri, Zaccheo avrebbe quanto prima  dovuto chiedere ammenda. Perché Gesù, entrando nella sua casa di impuro diventava anche Lui un  impuro peccatore. Si rendeva a tutti gli effetti un ‘fuori posto’, un Rabbi di così belle prospettive  ‘fuori posto’! E, stando al Vangelo questo lo pensavano “tutti”, dato che “vedendo ciò, tutti  mormoravano”. E poi la casa, quella casa nominata per tre volte nel racconto. Proprio quella casa diventa il luogo della salvezza che passa, che arriva: “Oggi voglio fermarmi a casa tua… oggi per  questa casa è venuta la salvezza”: la tavolata di una casa che diventa il luogo della salvezza ritrovata. 

E che dire del fatto che proprio lì Gesù si trova bene, si sente pienamente a suo agio! Perché “il Figlio  dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”. E invece noi per lo più siamo  rimasti, non dico solo fisicamente, ma anche mentalmente, ancora nelle sinagoghe, nel tempio. Ad  attendere che siano i peccatori a venire da noi per essere perdonati, per essere salvati. Forse è venuta,  anche come chiesa, l’ora di dire con Gesù: “Devo fermarmi a casa tua”. E poi uscire per le strade,  entrando nelle case dicendo in Suo nome: “oggi per questa casa è venuta la salvezza”. Perché, come  ci ricorda il libro della Sapienza: “Tu hai compassione di tutti e nulla disprezzi di quanto hai creato.  Se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata” (11,24-26). 

don Walter Magni